Classe 1974 e componente di +Europa, Yuri Guaiana è presidente dell’Associazione Radicale Certi Diritti, co-segretario di Ilga Europe e senior campaign menager di All Out.
In questa veste aveva consegnato al procuratore generale russo, l’11 maggio 2017, le olltre 2.000.000 di firme raccolte sulla piattaforma internazionale per chiedere giustizia e verità sulle persone omosessuali cecene. Ma quello stesso giorno era stato fermato a Mosca – insieme agli attivisti russi Alexandra Aleksieva, Marina Dedales,Nikita Safronov e Valentina Dekhtiarenk – e detenuto una giornata presso una caserma della capitale.
Proprio sulla questione russo-cecena Guaiana ha scritto i contributi Il pogrom anti-LGBT in Cecenia e La nuova Santa Alleanza contro i diritti umani, contenuti nel volume collettaneo Il lungo inverno democratico nella Russia di Putin (Diderotiana, Torino 2019), di cui lui stesso è concuratore.
Profondo conoscitore della situazione dei diritti nei Paesi Ue, l’abbiamo contattato a meno d’un mese dalle elezioni europee per fare il punto della situazione.
Yuri cosa è per te l’Unione Europea? Ha senso oggi continuare a considerarla come la casa di tutti?
Per me l’Unione Europea rappresenta l’unica speranza di rafforzare – non solo per noi europei, ma per tutte e tutti nel mondo – i valori laici: metodo scientifico, empatia, libertà, eguaglianza e responsabilità. Questo vale soprattutto oggi che i cambiamenti climatici e le rivoluzioni informatica e bio-tecnologica ci presentano sfide globali che solo a livello continentale potremo affrontare integrando queste sfide nei valori laici al contrario di quanto sta avvenendo in Cina, Russia e in parte anche negli Stati Uniti.
Certo che dobbiamo continuare a pensare l’Unione europea come la casa di tutte e tutti: se 500 milioni di europei affluenti non riescono ad accogliere qualche milione di rifugiati impoveriti, che speranza avremo di superare i conflitti molto più profondi che ci troviamo di fronte a livello globale?
Dalla metà degli anni ’90 le persone Lgbti devono molto alle normative europee in tema di diritti civili. Eppure le stesse associazioni Italiane appaiono poco interessate ai temi europei. Qual è la tua valutazione?
Non solo le persone Lgbti della metà degli anni ’90 devono molto all’Europa, anche quelle della metà degli anni ’10. Se abbiamo le unioni civili in Italia è anche perché la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per non riconoscere diritti e doveri delle coppie dello stesso sesso, creando anche un precedente che viene utilizzato da altri Paesi europei che non hanno ancora riconosciuto le coppie dello stesso sesso. Tutto ciò è avvenuto per iniziativa di associazioni come Certi Diritti, che ha sempre avuto una particolare attenzione non solo per l’Europa, ma per le questioni transnazionali in genere.
Sono d’accordo che le associazioni Lgbti dovrebbero impegnarsi molto di più a livello europeo. Solo quest’anno il Parlamento Ue ha approvato una risoluzione sui diritti umani delle persone intersex che offre tantissime possibilità di azioni anche a livello italiano.
Sembra che alcune associazioni Lgbti italiane abbiano lo stesso pregiudizio nei confronti di Bruxelles di tanti politici italiani per cui quello che conta è Roma, mentre a Bruxelles si va solo a godersi una pensione dorata. Ma sono fiducioso, perché vedo segnali di cambiamento che sono incoraggianti. Se si guarda ad altri movimenti europei, invece, la dimensione internazionale è fondamentale per la loro crescita e i loro successi.
Ma non è solo responsabilità delle associazioni italiane. In Europa si tende a considerare l’Italia come un Paese dell’Europa occidentale che non ha troppo bisogno di aiuto. Io lavoro incessantemente per far capire che l’Italia è invece un’eccezione in Europa occidentale e occorre occuparsene. Le ultime vicende elettorali e il patrocinio del governo al Congresso mondiale delle famiglie a Verona hanno reso questa realtà evidente a tutti. Ora tocca a tutte e tutti noi del movimento Lgbti italiano rimboccarsi le maniche. Certo lavorare con l’Europa dà meno visibilità e richiede molta professionalità, ma i risultati che si possono ottenere sono tangibili.
Dai risultati delle elezioni del 26 maggio, anche se non hanno ottenuto il risultato sperato, le destre sovraniste, xenofobe e, il più delle volte, omotransfobiche sono avanzate. C’è da temere un Parlamento ruropeo debole in tema di diritti?
Le elezioni europee ci danno tanti motivi di ottimismo se guardiamo all’Europa. I partiti che sono andati meglio sono stati i verdi e i liberali che sono anche quelli che hanno sostenuto più di tutti i diritti delle persone Lgbti al Parlamento europeo. Quello che emerge chiaramente è che, nonostante la crescita dei partiti populisti e sovranità, i partiti europeisti e per una società aperta tengono. L’eccezione drammatica è l’Italia insieme a Polonia e Ungheria.
+Europa si è presentata alle europee con una sua lista di candidati. Quanti di questi si sono concretamente impegnati per i diritti Lgbti?
Guardando alla piattaforma di Arcigay sulle elezioni europee emerge che solo 19 candidati di +Europa hanno firmato la pledge «Come Out» di Ilga-Europe. Inoltre, se si guarda alla classifica degli utenti, solo 10 candidati di +Europa si classificano e non tra le posizioni più elevate. Quest’ultimo dato può essere interpretato in vari modi. Ma è certo che la scelta di non candidare alcun attivista proveniente dal movimento Lgbti è stata notata e non ha fatto certo bene all’immagine di +Europa.
È nota la tua intensa attività per All Out di cui sei senior campaigns manager svolgi un’attività intensa. Quali sono i temi più cogenti di cui ti stai occupando?
In questo mese di Pride, mi sto occupando molto di sostenere i pride nei Paesi più ostili, come in Georgia dove il governo si rifiuta di proteggere il primo Pride nella storia del Paese dagli attacchi degli oppositori, venendo mendo all’obbligo, preso sottoscrivendo la Convenzione Europea dei diritti umani, di garantire il diritto umano fondamentale alla libertà di espressione e riunione pacifica dei suoi cittadini Lgbti. A proposito, firmate la petizione che esorta il governo georgiano a mettere in atto tutte le misure necessarie per garantire un Tbilisi Pride sicuro e pacifico. Io stesso mi recherò martedì a Tbilisi per sostenere gli attiviste e le attiviste locali.