Al via, in un clima sempre più teso, gli eventi preparatori al Tbilisi Pride, che sarà la prima marcia dell’orgoglio Lgbti nella storia della Georgia.
Ma a fronte delle minacce crescenti da parte di gruppi estremisti e della potente Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana, concretatesi anche in scontri e aggressioni, il Governo ha invitato gli organizzatori a cancellare la parata, adducendo come motivo di non poter garantire l’ordine pubblico. Cosa, questa, che ha suscitato lo sdegno del Dipartimento di Stato Usa ma soprattutto di componenti dell’associazionismo internazionale, a partire da All Out che, in collaborazione con l’European Pride Organisers Association (Epoa), ha lanciato una petizione online. Petizione che, indirizzata al primo ministro Mamuka Bakhtadze e al ministro degli Interni Giorgi Gakharia, è finalizzata a garantire la sicurezza del Tbilisi Pride.
A consegnare le firme sarà Yuri Guaiana, presidente di Certi Diritti e senior campaign manager di All Out, in Georgia da ieri. Paese, questo, dove, nonostante l’approvazione nel 2014 di leggi antidiscriminatorie basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nel tentativo d’avvicinamento all’Unione europea, l’omotransfobia è profondamente radicata.
Le ultime più forti reazioni al Tbilisi Pride si sono verificate venerdì e domenica.
Il 14 giugno il Patriarcato ortodosso georgiano ha dichiarato che il Pride è una provocazione inaccettabile volta a promuovere “il peccato di Sodoma” e ha esortato il Governo a vietarlo. Alcune ore dopo una dozzina di attivisti, mentre si avvicinava alla Cancelleria di Stato per denunciare la mancanza di sostegno e protezione governativa, è stata accerchiata da un gruppo d’estrema destra, che ha iniziato a lanciare uova e a intonare cori omofobi. Contemporaneamente alcuni preti ortodossi, sfilando processionalmente con croci e icone, gridavano: “Se gli omosessuali non si pentiranno, andranno tutti all’inferno”.
L’intervento della polizia ha portato all’arresto di otto contromanifestanti per violazioni minori. A capo d’essi il milionario Levan Vasadze, che, legato commercialmente alla Russia e noto per il suo anti-occidentalismo, è divenuto il volto del movimento georgiano anti-Lgbt+.
Domenica 16 giugno, indossando un costume nazionale bianco e brandendo una croce, Vasadze ha invitato in un parco di Tbilisi a formare un cordone di vigilanza per fermare il Pride. Tenendo poi in mano una cintura, ha urlato che sarebbe stata utilizzata per legare i manifestanti Lgbti. Ha quindi aggiunto: «Fra di noi c’è parecchia gente con esperienza militare, atleti famosi, giocatori di rugby, lottatori. Se la propaganda della perversione tenta in qualche modo di manifestare, sfonderemo qualsiasi cordone di polizia».
Per tutta risposta, lunedì, il primo ministro Mamuka Bakhtadze ha negato che le persone omosessuali siano discriminate in Georgia, dicendo in conferenza stampa che le questioni Lgbti sono unicamente sollevate per alimentare le tensioni.
Nessun passo indietro da parte degli attivisti. Ieri sera Tamaz Sozashvili, componente di Equality Moviment e co-organizzatore del Tbilisi Pride, ha dichiarato: «Il Governo ha ancora il tempo di prendere misure per evitare lo scontro».