«Noi Trans la parola ce la siamo ripresa senza però discostarla o slegarla da un terreno comune di lotta. La nostra lotta la intrecciamo con altre istanze quali la povertà, la violenza, le migrazioni, la malattia sforzandoci di declinarle con le categorie di classe, razza, cultura rendendole trasversali alla nostra felicità imprescindibile da quella di tutta l’umanità».
Queste parole, pronunciate l’8 giugno davanti a 700.000 persone, sono da ravvisarsi quale fulcro del discorso della scrittrice e attivista transfemminista Porpora Marcasciano al termine del Roma Pride nonché spiegazione del suo ruolo di madrina per un evento a celebrazione del 50° anniversario dei moti di Stonewall.
A meno d’una settimana dal Bari Pride, che la vedrà nuovamente nelle vesti di madrina, l’abbiamo raggiunta per raccoglierne valutazioni e impressioni.
Porpora, che cos’è stata per te la giornata dell’8 giugno?
Emozionante è dire poco perché il Pride romano è stato grande in tutti i sensi, direi importante nei toni e nel significato. Non è solo una questione di numeri ma soprattutto di contenuti e a Roma si sono uniti entrambi gli aspetti. Il Pride deve rispecchiare i tempi e quelli che viviamo richiedono tensione e attenzione. Come diceva Che Guevara bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza. Inutile dire che io vedo nel Pride romano un percorso unitario che in Italia purtroppo non esiste e questo mio sogno/desiderio ne è avvalorato ancora di più. Continuo a chiedermi come mai l’Italia resta l’unico paese al mondo a non avere il Pride unitario nella capitale. Qualcuno un giorno ce lo spiegherà?
Le tematiche trans hanno avuto, secondo te, un significato importante nel Roma Pride?
Nell’anniversario di Stonewall le questioni trans erano fondamentali e imprescindibili, era una nostra aspettativa che è stata ampiamente corrisposta. Aver eletto me come madrina ha un doppio significato, il riconoscimento di un percorso politico e culturale non solo personale ma collettivo e soprattutto riportare l’orgoglio più vicino a noi, senza avvalersi di persone dello spettacolo che sicuramente sono a noi vicine, ma valorizzare la nostra comunità, il nostro attivismo, la nostra lotta.
Ricorrono quest’anno il 25° anniversario del 1° Roma Pride e il 50° dei moti di Stonewall. Secondo te c’è una relazione tra questi due eventi?
Entrambi si inseriscono in un favoloso percorso che noi e non solo definiamo “lo Spirito di Stonewall” che, da quando è scoppiata la rivolta, non è mai cessato perché la nostra è Resistenza al patriarcato, all’oppressione, al fascismo. Ora più che mai quello Spirito è fondamentale
Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson negli Usa, Marcella di Folco in Italia: possono queste storiche figure essere ancora un esempio per le giovanissime persone trans e quelle Lgbi?
Sì, perché sono persone che hanno votato la propria vita alla lotta di liberazione, alle battaglie per l’emancipazione dei cui frutti godono tutti. Come ho ribadito nel mio discorso dal palco dobbiamo conoscere la nostra storia e metterla a valore perché ci arricchisce tutte/i.
Le persone trans continuano a subire violenza e a essere uccise. Alcune settimane fa, ad esempio, la 27enne Layleen Polanco è stata trovata morta in una cella della prigione di Rikers Island a New York. Quale è oggi la situazione, invece, nelle carceri Italiane?
Dietro la morte di Layleen come di quella di Sylvia, Marsha, Marielle Franco e tante altre c’è sempre la stessa mano: il fondamentalismo patriarcale, in tutte le sue forme. Il carcere che resta un’istituzione totale rappresenta la vera faccia del potere violento del sistema ed è li che coloro che sono già vittime lo diventano ancora di più. Il Mit ha avuto sempre a cuore la questione carcere e per questo ha nel suo calendario visite periodiche in alcuni istituti.
C’è una crescita della politica oscurantista, antidemocratica e della legge del più forte sul più debole in Italia. Secondo te dobbiamo preoccuparci per il futuro dei diritti?
Isegnali ci sono tutti e la preoccupazione oramai è condivisa. Il problema grosso è che la vena oscurantista non è solo italiana ma mondiale e vede una sincronia di criminali che tengono in scacco il mondo. Bisogna ribellarsi.
Il Mit, di cui sei presidente onoraria, ha una storia importante. Quali sono oggi le iniziative più significative?
Il Mit è nato con e dalle istanze delle persone più deboli e tale è rimasta la sua linea. Oggi ci sono persone trans garantite e altre non garantite. I servizi Mit sono rivolti fondamentalmente a queste ultime. Non dimentichiamo però che le persone trans in generale restano non garantite di fondo perché non conformi al sistema. Quando il Mit è nato non esistevano servizi socio sanitari pubblici dedicati e non si era riconosciuti in alcun servizio. Il Mit è riuscito a portare la sanità pubblica alle persone trans, dove prima esisteva solo il privato non alla portata di tutti. Nonostante ne siano coscienti in pochi, questa resta per noi una grande vittoria.