In molte regioni italiane è stata approvata una normativa di contrasto alle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.
All’inizio della legislatura 2010-2014 della Regione Emilia-Romagna, in qualità di consigliere regionale, presentai una proposta, la cui ossatura ha costituito la base di discussione per diverse consiliature. Ma non fu approvata in Emilia-Romagna a causa dell’opinabile fine anticipata della legislatura. Nonostante le non dovute dimissioni dell’allora presidente regionale, si sarebbe potuto andare al voto normalmente assieme alle altre regioni. Ma la scelta, rivelatasi poi disastrosa, fu quella del voto anticipato che, nei fatti, impedì l’approvazione della normativa antidiscriminatoria.
Quel testo costituisce a tutt’oggi l’ossatura della proposta attualmente in discussione, che dovrebbe essere discussa e speriamo approvata il 9 luglio prossimo.
Come si sa, in una con vari emendamenti migliorativi è stato anche presentato quello “peggiorativo” in materia di gpa (gestazione per altri), quando è noto a tutti che a ricorrervi, nella maggior parte, sono coppie eterosessuali. Sul banco degli imputati ci sono le coppie di uomini gay che hanno avuto figli con questa tecnica fieramente avversata dai cattodem, da una frangia del femminismo separatista e da qualche maschio omosessuale di orientamento cattolico.
A mio parere l’inserimento di un simile emendamento nella proposta di legge contro le discriminazioni verso la collettività Lgbt ha la funzione di manomettere la proposta di legge regionale, limitandone di fatto la portata con la minaccia di negare i finanziamenti a tutti coloro che discutono di gpa. Non ho idea di come finirà questa partita. Ma non c’è dubbio che, se diamo per scontata la legittimità di un dibattito sulla gpa tra favorevoli e contrari, non si può poi certo limitare la libertà di discussione su questo e su altri argomenti, perché siamo in democrazia e non sono accettabili veti di sorta.
Ovviamente la destra ha subito cercato di strumentalizzare questa discussione, prima sottoscrivendo l’emendamento anti-gpa (cosa che dovrebbe far riflettere i proponenti: se destra e sinistra dicono le stesse cose, poi non ci si può meravigliare se gli elettori scelgono l’originale e non la brutta copia), per poi sparare a zero su tutta le legge con le stesse argomentazioni dei bigotti di Verona, di cui come Gaynews abbiamo dato ampia informazione. Il tentativo, cioè, è quello di sollevare un polverone sulla presunta volontà di “omosessualizzare” la società, scambiando per propaganda ciò che invece è una sacrosanta azione antidiscriminatoria sul modello di ciò che avviene in buona parte del mondo occidentale.
L’imminenza delle elezioni regionali e l’odore del sangue sulla possibilità di una sconfitta della sinistra nella sua regione storica di insediamento ha fatto sì che alcuni esponenti della destra estremista cercassero persino di utilizzare un recente fatto di cronaca sull’affido di minori in difficoltà collegandolo, del tutto arbitrariamente, alla nuova normativa regionale.
L’ipocrisia di costoro non ha limiti, perché si sa benissimo che le violenze sui minori avvengono per lo più in ambito familiare o in ambienti ecclesiastici. Ma non abbiamo mai sentito una parola di condanna dei soloni di turno, mentre ora si cerca in modo squallido e miserabile di fare del giustizialismo d’accatto prima ancora che le indagini siano concluse.
Per i bigotti e i bacchettoni di Verona non importa ovviamente l’ora di religione, la presenza a spese dello Stato di 3300 insegnanti di religione cattolica scelti dalle Curie e pagati dallo stato con i soldi di tutti, per non parlare della selva di finanziamenti alle organizzazioni clericali che si sommano alla grande truffa dell’8 per mille.
Fare la lotta alle discriminazioni per costoro è fare propaganda all’omosessualità: dire che non bisogna discriminare e compiere atti di bullismo, risolvere le problematiche sulla transizione, personalizzare la sanità nella lotta alle malattie a trasmissione sessuale, battersi per l’accettazione dell’omosessualità nei luoghi di lavoro è propagandare il “pensiero unico” del politicamente corretto e via delirando.
Proprio in questi giorni abbiamo marciato per le vie di New York in ricordo di quella ribellione di 50 anni fa contro i soprusi della polizia di allora (che peraltro si è scusata proprio in questi giorni) e contro la mafia, che gestiva i locali per gay in regime di proibizionismo perché era vietato vendere alcolici alle persone Lgbt, considerata all’epoca malate.
Il governo statale di New York negli ultimi sei mesi ha varato ben due norme antidiscriminatorie: contro le terapie di conversione applicate a persone minorenni e sui diritti delle persone transessuali. Il governatore Andrew Cuomo ha marciato con noi nella più grande celebrazione del Pride che la storia ricordi: oltre 5.000.000 di persone.
Spero che la sinistra dell’Emilia-Romagna prenda esempio dai grandi Pride italiani e dall’imponente Pride di New York e si comporti almeno come il Partito Democratico americano che sui diritti delle persone Lgbti non tentenna.