Il Toscana Pride 2019 si terrà sabato 6 luglio a Pisa. La marcia dell’orgoglio viene così a cadere a 40 anni di distanza dalla 1° manifestazione nazionale “contro la violenza sugli uomini e sulle donne omosessuali”, che si tenne proprio nella città di Galilei il 24 novembre 1979.
Alla vigilia dell’evento abbiamo raggiunto Junio Aglioti Colombini, portavoce del comitato Toscana Pride.
Junio, quali le somiglianze e le differenze con la manifestazione del ’79?
Da un punto di vista organizzativo la manifestazione del 1979 ebbe un respiro nazionale, frutto del movimento dei Collettivi di allora che – attraverso convegni e appuntamenti in tutta Italia (non ultimi i campeggi!) – facevano politica e cultura di movimento. Oggi quello del Pride è per noi un percorso regionale che, accanto al lavoro locale delle varie associazioni, mette in rete esperienze e pratiche di ciascuna realtà con l’obiettivo di creare una rete solidale che sia pronta a mobilitarsi e a essere voce unitaria nel dialogo con la regione e con le altre piattaforme Pride.
Guardando invece al contesto, a 40 anni da quella prima manifestazione ci troviamo senza radicali progressi dal punto di vista dei diritti civili e, ancora peggio, senza nessun avanzamento in tema di diritti sociali. Quella violenza denunciata nel novembre del 1979 è oggi ancora prepotentemente presente nel contesto italiano (indomite continuiamo a preservare un triste primato europeo per numero di omicidi a sfondo transfobico, un dato che ogni 20 novembre vediamo crescere) e a quella fisica una più strutturale violenza istituzionale popola i luoghi di rappresentanza e avvelena i luoghi della cultura.
Tanto c’è di nuovo, troppo di uguale. Ma noi rimaniamo sul fronte.
Il 28 giugno è ricorso il 50° anniversario dei moti di Stonewall. Non a caso slogan del Toscana Pride è Favolose Ribelli. Quale il significato di queste due parole nel 2019?
Oggi ci guardiamo intorno e ci ritroviamo un Paese incattivito, in cui odio e violenza serpeggiano nelle città e in cui nuovi e vecchi fascismi sferrano attacchi organizzati contro chiunque possa rappresentare una minaccia – anche solo esistendo – alle strutture oppressive del potere.
È un torpore fatale quello che non ci ha permesso di rimanere vigli per vedere le ombre nere uscire dai tombini e accomodarsi sulle poltrone delle istituzioni, per riconoscere che nel dibattito pubblico sono riemerse vecchie parole d’ordine che oggi si abbattono violente contro le nostre comunità.
50 anno dopo, Stonewall ci richiama nelle strade da cui veniamo e ci ricorda che le nostre radici affondano nella rivolta, nel contrattacco, nella resistenza. Siamo nate nel momento esatto in cui ci siamo ribellate, quando in quella notte di fiamme e mattoni lanciati abbiamo assecondato il nostro prepotente desiderio di essere libere decidendo di opporci ad un sistema che non hai mai previsto i nostri corpi, i nostri affetti, i nostri desideri.
Lì dove lo spazio non c’era lo abbiamo creato e occupato con un nuovo registro di lotta: la favolosità. La tensione a immaginare nuovi mondi possibili, a sovvertire lo stigma con irriverenza e autoironia, ad affrontare le tempeste ballando determinate sul dolore. Oggi abbiamo bisogno di riscoprirci Favolose Ribelli, non c’è altro modo di essere libere.
Documento politico del Toscana Pride 2109: come è nato e quali gli aspetti principali?
Il documento politico è nato e cresciuto insieme al Comitato durante questi quattro anni di esperienza regionale ed è frutto di un lavoro continuo e plurale di tutte le realtà che ne fanno parte. È innanzitutto un documento per noi: un modo di nominarci e raccogliere i nostri desiderata, definendo un perimetro entro cui orientare il nostro lavoro e un orizzonte comune verso cui tendere. Allo stesso tempo è uno dei più importanti strumenti che abbiamo per parlare fuori da noi: con la cittadinanza, gli altri corpi intermedi e le istituzioni.
Partendo dalle urgenze espresse dalle varie sensibilità del comitato abbiamo quindi cercato un modo di sistematizzare e rendere fruibili i contenuti a chiunque, più o meno militante, cercando però di mantenere alto il livello di elaborazione politica; per questo la scelta di macrosezioni. Forse non sempre ci siamo riuscite ma è un’esperienza in costruzione la nostra che si evolve anche in base alle sollecitazioni che ci arrivano ogni anno da chi decide di sottoscrivere il documento (o di non farlo) e di contribuirne alla crescita. Insieme agli obiettivi e alle azioni prefissate, una sezione – la prima – è tematizzata su un contenuto che riteniamo importante evidenziare. Quest’anno, per noi, non poteva che essere il richiamo alle radici storiche prima di Stonewall e poi di Pisa79.
Il Toscana Pride è ufficialmente presentato come manifestazione dell’orgoglio Lgbtqia+. Perché la scelta di un acronimo così ampio rispetto a quello generalmente invalso nell’uso?
Oggi queste lettere ci permettono di nominarci di ri/conoscerci all’interno di comunità fatte di identità, corpi, desideri e affetti divergenti dalla “norma”. Sono spazi importanti in cui trovare storie simili alle nostre e creare alleanze per (soprav)vivere in un contesto che spesso non ci prevede.
In quest’ottica abbiamo sentito l’esigenza di nominare le comunità lesbiche, gay, bisessuali, trans*, intersessuali, queer e asessuali, accompagnandole con un “+” che si mette in ascolto verso tutte quelle esperienze ancora in formazione ed emersione. In generale per me resta comunque imprescindibile l’idea del linguaggio come strumento utile alla formazione (e provocazione!) del pensiero per questo quando sento commenti sulla praticità o sulla cacofonia, come spesso accade anche per il linguaggio di genere, ho sempre timore che si guardi al dito e non alla luna.
Da poco più di un anno Pisa ha un sindaco della Lega. Avete avuto problemi nell’organizzare il Pride con l’amministrazione Conti?
Dall’inevitabile centro della mia bolla il clima cittadino è secondo me molto positivo. Molte sono le realtà che hanno deciso di portare un proprio contributo alla preparazione del Pride, ciascuna nelle sue forme e con i suoi metodi, e la voglia di essere in piazza questo sabato è palpabile.
Come Comitato Toscana Pride quest’anno abbiamo deciso invece di risignificare il percorso con le istituzioni attraverso una lettera indirizzata alle prime cittadine e cittadini nel quale abbiamo chiesto un impegno politico ben preciso per mettere in campo progettualità e azioni di contrasto alle discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQI+. Anche il comune di Pisa è stato interessato da questa richiesta e per mesi è stato silente.
Qualche giorno fa le parole del sindaco Conti hanno invece ribadito pubblicamente l’ostilità di quest’amministrazione nei confronti della nostra comunità, rivendicando l’uscita dalla rete ready e lanciandosi in pirotecniche retoriche sulla sessualità come scelta e “fatto privato”. Parole gravi quelle di un’istituzione che chiede di rispettare chi discrimina e i doveri li ricorda a chi i diritti ancora non li ha.
Un’ultima nota ci chiede di essere “manifestazione civile e ordinata” questo sabato, per fortuna che sui Pride siamo abbastanza ferrate e sappiamo già cosa sono e cosa sicuramente non possono essere.
Pisa ha una tradizione consolidata quale città solidale e inclusiva. Con l’avvento dell’amministrazione Conti e, più in generale, col diffondersi di un clima xenofobo, favorito anche da certe politiche del Governo, qual è in città la situazione in materia di migrazione e accoglienza?
Purtroppo, in linea con le politiche nazionali, anche a Pisa la nuova giunta comunale ha deciso di non proseguire nel programma Sprar quindi i progetti di accoglienza ordinaria termineranno alla fine di quest’anno mentre quelli di accoglienza sanitaria finiranno a dicembre del prossimo anno.
La chiusura dello Sprar comporterà il trasferimento coatto dei circa 45 utenti ospitati e il licenziamento di tutte le operatrici e operatori Arci che attualmente ci lavorano; è una sconfitta per questa città e per il modello positivo di accoglienza che, anche grazie all’attenzione della Regione Toscana, Pisa ha sempre portato avanti.
È stato doloroso sapere di questa decisione ma ancora peggio è stato leggere e ascoltare la retorica securitaria e razzista con cui è stata argomentata: pura propaganda in cui si millantava la redistribuzione delle risorse a favore di colore che “risiedono da tempo sul nostro territorio” (per citare la vergognosa dichiarazione dell’assessora al Sociale), promessa impossibile visto che i fondi destinati all’accoglienza provengono dal ministero e non posso essere impiegati in altro.
A questa deriva risponde però una città che è da sempre laboratorio di accoglienza, come testimoniano le numerose associazioni e collettivi che da anni portano avanti laboratori, sportelli legali, scuole di italiano, ecc., e che negli ultimi mesi ha messo insieme una rete antirazzista impegnata ad elaborare risposte politiche e culturali perché i principi di solidarietà e accoglienza di Pisa non affondino nell’indifferenza, come barconi nel mediterraneo.
Per concludere, Junio Aglioti Colombini avrà un suo obiettivo per il Toscana Pride 2019?
Come ripete l’immensa Porpora Marcasciano: Amiamo il sole ma ci piacciono le tempeste. E noi siamo pronte a salpare.