Quattro le marce dell’orgoglio Lgbti che hanno avuto luogo, a sette giorni dal World Pride di New York, a Pisa, Cagliari, Asti e Monza. Fil rouge delle quattro parate il 50° anniversario dei moti di Stonewall, cui si è aggiunto, nel caso della città di Galilei, anche il 40° della prima manifestazione italiana contro «la violenza sugli uomini e sulle donne omosessuali».
PISA
Motivo per cui a tenere lo striscione del Toscana Pride c’era, insieme con esponenti del comitato organizzatore, a partire dal portavoce Junio Aglioti Colombini, e con l’attivista transfemminista e presidente onoraria del Mit Porpora Marcasciano, anche Andrea Pini, attivista nel 1979 del Collettivo Orfeo, che coordinò la storica manifestazione, e successivamente presidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli.
E a 40 anni di distanza il Pride pisano è stato un enormo successo con oltre 20.000 presenze e 12 carri al grido di Favolose ribelli.
«Sapevamo già – così in una nota del Toscana Pride – che saremmo volati molto oltre i numeri delle precedenti edizioni e molto vicini ai risultati del primo Toscana Pride nel capoluogo della Regione, ma non ci aspettavamo una partecipazione fuori regione così ampia. Abbiamo scritto una pagina di storia di questa città e della nostra Toscana. Grazie a tutte le “Favolose Ribelli” che scendendo in piazza hanno occupato uno spazio pubblico e politico, dando una risposta colorata e pacifica a chi ci descrive come una minaccia all’ordine pubblico e al pubblico decoro, a chi ci vorrebbe silenti e conformi».
Presenti anche i rappresentanti delle 90 istituzioni che hanno dato il patrocinio alla manifestazione, molti dei quali con fascia tricolore e gonfalone. A partire da quello della Regione Toscana, rappresentata dalla vicepresidente Monica Barni. C’era anche il presidente della Provincia di Pisa Massimiliano Angori mentre nessuna rappresentanza ufficiale del Comune di Pisa, amministrata dal leghista Michele Conti, che di fronte a un tale partecipazione ha poi preferito far finta di niente come titolato da Il Tirreno.
Hanno invece sfilato tutti i consiglieri e le consigliere comunali del Pd insieme con la senatrice Monica Cirinnà e l’ex ministra della Pubblica Istruzione Valeria Fedeli.
Raggiunto telefonicamente da Gaynews, Junio Aglioti Colombini ha così commentato il significato e il risultato della Toscana Pride: «In un anno di celebrazioni e ricorrenze abbiamo sentito l’urgenza di riprendere il filo del discorso a partire dalla nostra storia e non potevamo pensare a madrine migliori di Andrea e Porpora per farlo.
La loro voce e la loro presenza rappresenta una storia viva che ci ricorda le radici da cui partiamo per costruire il futuro in cui vogliamo vivere. Da loro e con loro ricostruiamo le nostre favolose lotte».
CAGLIARI
Ben 35.000 persone, invece, al Sardegna Pride, giunto quest’anno all’8° edizione. Il corteo è partito da Piazza Michelangelo dopo le 17:00, quando dal primo carro è stato gridato lo slogan dell’anno: Noi siamo ovunque, ovunque siamo. Non sono mancati cartelli contro il segretario della Lega, come quelli recanti la scritta Più bacini, meno Salvini oppure 49 milioni di bacioni.
Tra le persone partecipanti anche il segretario regionale del Pd Emanuele Cani, il consigliere regionale Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti, e Mario Puddu, ex sindaco di Assemini ed esponente del M5s. Fra l’altro quella di Assemini è stata l’unica amministrazione ad aver patrocinato il Sardegna Pride.
Alla testa del corteo la scrittrice Michele Murgia, madrina del Pride cagliaritano. «Una realtà con un solo colore – ha dichiarato – non è bella da vivere e per questo oggi siamo venuti tutti colorati». Ha quindi ribadito di essere molto onorata, ricordando che sui diritti «bisogna sempre vigilare, perché basta un attimo e ci ritroviamo al punto di partenza».
Presente anche Sebastiano Secci, presidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli, che è di origini sarde.
ASTI
È partito, invece, alle 17.30 da piazza di Campo del Palio il 1° Asti Pride, che, organizzato da Cgil Nuovi Diritti, dall’Associazione Love is Love – Arcigay Asti e dal Comitato Arci, ha visto la partecipazione di 8.000 persone.
Momento di particolare commozione quello vissuto in piazza Roma dove, con un minuto di silenzio e una cascata di palloncini colorati, è stata ricordata Miguel, la giovane 19enne transgender, che si uccise il 3 agosto 2017 dopo essere stata violentata, il 30 aprile, nei Giardini Alganon.
E proprio in piazza Roma si è unito al corteo il sindaco forzista Maurizio Rasero. che ha fortemente voluto e concesso, non senza stupore del centrodestra locale, il patrocinio comunale all’Asti Pride. Nel discorso sul palco in piazza San Giuseppe il primo cittadino ha poi dichiarato: «Una giornata magnifica, favolosa e, se gli organizzatori lo vorranno, sarà assolutamente da ripetere».
Tra i discorsi conclusivi particolarmente toccante quello di don Franco Barbero, che è stato il primo sacerdote italiano (poi dimesso dallo stato clericale il 25 gennaio 2003 per volere di Giovanni Paolo II) a benedire nuzialmente coppie di persone dello stesso sesso.
MONZA
10.000 persone, infine, per il 1° Brianza Pride, che ha visto, fra gli altri, a Monza anche Gianmarco Negri, neo-sindaco di Tromello e attivista transgender, il cui discorso conclusivo ha commosso ed elettrizzato le persone partecipanti.
Ma il Brianza Pride resterà memorabile anche per la contestazione al rosario riparatore, organizzato dal Comitato Teolinda e da Forza Nuova alla vigilia della manifestazione. Già, perché a contestare il momento di preghiera ed allontanare le poche persone presenti è stata madre Maria dell’Unità, superiora delle Adoratrici perpetue del Santissimo Sacramento (popolarmente conosciute come Sacramentine), sul sagrato della cui chiesa moniale era stata indetta la pubblica preghiera.
La claustrale, che ha raccontato di essere stata anche insultata da alcune delle persone presenti, ha così motivato la sua reazione a un giornale locale: «Mi hanno detto che avevano il permesso della questura e che stavano semplicemente pregando, ma io ho ribadito che non era stato chiesto a noi alcun permesso, e che quella era proprietà del monastero.
La maggior parte di loro si è subito allontanata spostandosi al di là delle catene. Solo un piccolo gruppo è rimasto, e con tono polemico ha cominciato a lanciare provocazioni anche contro di me».