Secondo un recente studio condotto dalla Fondazione Foresta Onlus le persone transgender sono il 2,4% della popolazione nazionale.
Ne abbiamo parlato con Luca Flesia, psicologo, psicoterapeuta, responsabile delle attività psicologiche della Fondazione
Dr Flesia, da quale esigenza nasce l’idea della vostra ricerca e quali sono gli obiettivi che vi siete posti?
Il progetto DiGit-Pro – Il disagio giovanile e la sua prevenzione, promosso dalla Fondazione Foresta Onlus in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, nasce con l’obiettivo di fotografare gli stili di vita, le abitudini sessuali e i comportamenti a rischio dei giovani, con particolare riferimento ai temi della salute sessuale e della prevenzione delle patologie del sistema endocrino-riproduttivo. Grazie al coinvolgimento di numerosi istituti superiori delle regioni Veneto, Puglia e Campania, ogni anno più di 5000 studenti maggiorenni frequentanti le classi quinte dei rispettivi istituti compilano un questionario anonimo che esplora questi temi.
Il progetto rappresenta la naturale evoluzione del Progetto Andrologico Permanente, voluto dieci anni fa dal prof. Carlo Foresta, direttore dell’U.O.C. di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Ospedale-Università di Padova e membro del Consiglio Superiore di Sanità, a partire dalla consapevolezza della forte carenza di informazione e prevenzione sui temi della salute sessuale e delle patologie del sistema endocrino-riproduttivo maschile. L’immaginario dominante del maschio come figura invincibile, invulnerabile e sprezzante dei rischi, infatti, fa sì che tra i maschi sia molto carente la cultura della prevenzione, con importanti conseguenze in termini di salute, di mortalità e di riduzione dell’aspettativa di vita. Tale rischio si è ulteriormente accentuato negli ultimi anni dopo la sospensione della visita di leva obbligatoria, che costituiva per i giovani maschi un’importante occasione di screening.
Con DiGit-Pro il progetto si è esteso a tutti i generi. In questo modo la Fondazione Foresta ogni anno è in grado di delineare una panoramica delle abitudini e degli stili di vita della popolazione giovanile e di coglierne e di monitorarne le caratteristiche e i cambiamenti nel tempo. L’obiettivo ultimo è quello di programmare e attivare efficaci e attuali interventi di informazione e di prevenzione.
Dalla ricerca è emerso che il 2.4% di soggetti giovani, fra i 18 e i 21 anni, si percepiscono come persone transgender. Come possiamo leggere questi dati alla luce delle stime passate e della letteratura sull’argomento?
Il dato emerso dalla ricerca è superiore rispetto alle stime nazionali e internazionali: le stime medie presenti nella letteratura internazionale indicano oscillazioni tra lo 0,4 e l’1,3%; per l’Italia il Centro di Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità stima che ad oggi le persone transgender siano circa 400.000. Tali discrepanze possono essere legate alle difficoltà che le persone transgender spesso incontrano nel fare coming out a causa dello stigma sociale ancora presente nei loro confronti e alla mancanza, anche in ambito sanitario e istituzionale, di attività condivise volte a garantire l’equità dell’accesso alle cure: molte persone transgender quindi preferiscono evitare di rivolgersi alle istituzioni a causa dei numerosi ostacoli ad una adeguata presa in carico nei loro confronti (giuridiche, organizzative, relazionali, ecc.). Anche in ambito di ricerca spesso molti dei questionari utilizzati considerano solo il “sesso biologico” maschile o femminile (meglio definibile come “sesso fenotipico” o “genere assegnato alla nascita”), non prevedendo alcuna domanda sull’identità di genere, generando così un bias a monte nella raccolta dei dati.
La metodologia di raccolta dei dati utilizzata nella nostra ricerca – forma anonima e auto-compilata singolarmente – e la specifica fascia d’età considerata (18-21 anni) possono essere una chiave di lettura rispetto ai risultati ottenuti. Va precisato che lo studio non ha trovato differenze sostanziali su scala regionale. Questi risultati suggeriscono che le stime nazionali e internazionali rappresentano probabilmente un dato ampiamente sottostimato.
Il 20 giugno si è svolto, a Padova, il convegno Caleidoscopio Transgender – Dal significato alla comprensione del fenomeno, organizzato dalla Fondazione Foresta. Cos’ è emerso?
Il convegno è stato un importante momento di confronto tra esperti del settore a livello nazionale. La carenza di conoscenze dal punto di vista medico-scientifico rispetto al tema dell’incongruenza di genere e la necessità di creare un’adeguata rete di servizi e di percorsi dedicati alle persone transgender sono stati il punto di partenza della riflessione. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha recentemente derubricato l’incongruenza di genere dalla lista delle “Malattie Mentali”, assegnandola ai “Disturbi della sfera sessuale”, per la consapevolezza delle importanti implicazioni negative chela vecchia classificazione poteva causare.Eppure il tema è ancora poco conosciuto e ancora troppo spesso se ne parla partendo da posizioni ideologiche, politiche o stereotipate. Molte persone transgender non trovano una risposta adeguata da parte di medici e psichiatri riguardo la loro transizione di genere e trovano invece situazioni negative di pregiudizio nell’accesso alle cure sanitarie dovuto alla loro identità trans. La presenza di rappresentanti dell’Onig (Osservatorio nazionale sull’identità di genere) e delle associazioni attive sul territorio veneto, voluta dal prof. Andrea Garolla, endocrinologo-andrologo, e da me, che abbiamo curato la segreteria scientifica del convegno, aveva proprio l’obiettivo di avviare un percorso sinergico di rete tra le principali agenzie presenti nella realtà padovana e veneta.
Un altro tema emerso in più interventi è stato proprio quello del “caleidoscopio” come metafora per rappresentare la ricchezza delle sfaccettature della popolazione transgender e gender variant oggi: una popolazione in progressivo aumento, come evidenziato dall’aumento delle richieste ai Centri per l’adeguamento di genere, e sempre più variegata al suo interno. Soprattutto tra i più giovani trovano frequentemente spazio identità ed espressioni di genere non-binarie (gender-fluid, gender-queer, ecc.), che attraversano in maniera differenziata e personale le dimensioni di maschile e femminile. In questo senso sempre più risulta utile pensare il genere nei termini di un continuum e avviare un percorso che riveda e ripensi le categorie binarie generalmente utilizzate per pensare e definire il genere (maschile vs femminile), sia in ambito clinico che di ricerca.
Anche sul fronte degli interventi emerge di conseguenza la necessità di servizi flessibili rispetto agli specifici e variegati bisogni che le persone transgender e gender variant e le loro famiglie portano ai servizi. Un caleidoscopio di interventi sempre più personalizzati e diversificati che devono essere in grado di articolarsi in una competente presa in carico necessariamente multiprofessionale in tutte le sue fasi, con attenzione ai bisogni sanitari, endocrinologici, chirurgici, psicologici, sociali, familiari, sessuologici e giuridici della persona e alla relazione tra essi. Una sessione del convegno, in particolare, ha riguardato specificamente la delicata presa in carico dell’incongruenza di genere in età evolutiva, una casistica anch’essa in aumento nei servizi, e la discussione delle opzioni terapeutiche attualmente disponibili.
Trasversalmente agli interventi è stata sottolineata anche la necessità, in parallelo, di un lavoro istituzionale a tutti i livelli per l’inclusione e il riconoscimento della cittadinanza delle persone transgender e gender variant nella comunità, come importante fattore di resilienza e di salute. A conclusione del convegno il prof. Foresta, presidente del convegno, ha rinnovato l’importanza di momenti di riflessione e confronto scientifico e non ideologico su temi complessi e per alcuni versi ancora poco noti come quello dell’incongruenza di genere e la necessità continuare nella strada del lavoro istituzionale di rete tra i servizi sanitari e le associazioni del territorio al fine di potenziare l’equità di accesso alle cure e al mantenimento della salute di tutt*.
Luca Flesia: psicoterapeuta e formatore, collabora con diversi enti in ambito clinico e di ricerca. Si occupa di tematiche legate alla salute psico-sessuale, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. È responsabile delle attività psicologiche della Fondazione Foresta Onlus, è responsabile dello sportello di supporto Lgbt di Arcigay Padova e collabora con l’U.O.C. di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Ospedale-Università di Padova.