La polizia russa ha oggi fornito alcuni elementi identificativi dell’uomo fermato, il 23 luglio, nell’ambito delle indagini sull’omicidio della 41enne Yelena Grigoryeva, uccisa a San Pietroburgo, tra il 20 e il 21 luglio, con otto coltellate al viso e alla schiena, quindi strangolata.
Si tratta di un 38enne originario del Kirghizistan, che, secondo gli investigatoti, era un conoscente della nota attivista.
Il Comitato Investigativo ha fatto riferimento, in una nota, allo stato d’ubriachezza dell’uomo. “L’omicidio – così nel comunicato – è stato commesso per motivi privati durante un conflitto sorto tra due persone che si erano conosciute in precedenza”.
Tesi, in realtà, che convince ben poco.
Yelena Grigoryeva non solo promuoveva campagne per i diritti delle persone Lgbti ma era anche protagonista di campagne contro la guerra e contro l’annessione della Crimea da parte della Russia. Un portavoce del Consiglio d’Europa ha esortato ieri la Russia a condurre un’indagine completa e trasparente sull’omicidio.
A seguito del delitto l’attivista Dinar Idrisov aveva dichiarato che Yelena aveva regolarmente ricevuto minacce di morte in passato e le aveva denunciate alla polizia, senza però alcuna considerazione da parte della stessa.
Ma non solo. Secondo la notizia data dall’artista Vlad Yashin su Instagram, il gruppo omofobo пила aveva pubblicato tre settimane fa la lista di attiviste e attivisti Lgbti russi da uccidere. Fra questi figurava anche Yelena Grigoryeva.