A tre giorni dal Pride di Reggio Calabria l’arcidiocesi locale, guidata dal minimo Giuseppe Fiorini Morosini, va all’attacco del sindaco dem Giuseppe Falcomatà per aver preso parte alla marcia dell’orgoglio Lgbti. E lo fa attraverso una nota di don Davide Imeneo, direttore dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali, direttore de L’Avvenire di Calabria e consigliere nazionale della Federazione italiana dei Settimanali caattolici.
«Ha ragione Falcomatà – afferma il sacerdote 33enne – quando dice: Nessuno escluso, mai, riferendosi ai diritti. Ciò che interroga, però, è l’uso a intermittenza della coscienza politica in tema di famiglia; una doppia morale che, in questi lunghi 5 anni di governo a Reggio Calabria, ha avuto diverse manifestazioni».
Presentandolo sotto l’erroneo nome di Bus delle Famiglie (quando si tratta specificamente del Bus delle Libertà, anche noto come Bus No Gender. L’iniziativa, come noto, promossa da CitizenGo e Generazione Famiglia, è stata oggetto di condanne non solo da parte di associazioni ma anche da esponenti della classe politica. Alessandro Zan ha parlato, senza mezzi termini, di “campagna di odio omotransfobico itinerante per tutte le maggiori città italiane, travestita da campagna contro la violenza di genere”), il componente della Curia reggina ha parlato di opposizione all’iniziativa da parte della Commissione comunale Pari opportunità, presieduta da Michela Calabrò.
«Ma come? Una Commissione comunale – si legge nella nota – vocata all’inclusione sociale che ‘esclude’ a mezzo stampa chi la pensa differentemente dalla Comunità Lgbt?».
Poi secondo uno stilema, caro a una stantia retorica ecclesiastica, l’arcidiocesi di Reggio-Bova, attraverso Imeneo, rivolge una serie di domande a Falcomatà: «Sindaco Falcomatà, la sua presenza in prima fila al Gay Pride, quindi che significato assume? Può dirci pubblicamente se sostiene anche le posizioni più progressive dei soggetti promotori che sfilavano accanto a lei, quali l’adozione e l’affido dei figli alle coppie omosessuali?». Un inequivocabile riferimento a Marilena Grassadonia, ex presidente di Famiglie Arcobaleno, che del Pride reggino è stata madrina.
Dopo aver spiegato poi che lo slogan urlato da Falcomatà (Nessuno escluso, mai) è una «frase ‘simbolo’ per la Chiesa reggina: si tratta infatti della conclusione del testamento spirituale di don Italo Calabrò, già vicario generale della comunità diocesana in riva allo stretto. Il motto di don Italo era una difesa dei più deboli. I ‘pazzi’ degli anni ’80 che il sacerdote reggino liberò dalla struttura-lager di Modena (ex manicomio)», ecco riprendere la serie martellante di domande: «Le chiediamo, allora, perché il suo Nessuno escluso, mai non è indirizzato verso tutti i poveri di oggi. Pensiamo, ad esempio, alla fuga generazionale: chi tutela i diritti dei giovani? Come mai non si è mai preoccupato della solitudine sociale dei papà divorziati? O ancora dei genitori costretti a emigrare da Reggio per poter sostenere i propri figli? O verso quanti vivono la triste condizione del disagio abitativo e a cui non si danno risposte da decenni? Perché dall’agenda politica comunale sono ‘escluse’ le famiglie numerose?
Chiediamo a lei, sindaco, e agli assessori e consiglieri comunali che pubblicamente, a più riprese, si sono dichiarati cattolici perché i diritti non hanno lo stesso peso?».