Agli arresti domiciliari, dal 31 luglio, per abusi sessuali su giovani maggiorenni il sacerdote piacentino (è nato a Piozzano il 16 maggio 1977) don Stefano Segalini che, ordinato presbitero il 10 giugno 2006, è stato fino a maggio scorso parroco di San Giuseppe Operaio, una delle parrocchie più popolose della città emiliana.
Ma Segalini era anche consigliere ecclesiastico provinciale presso la Coldiretti di Piacenza e componente del Collegio diocesano dei Consultori.
Il vescovo di Piacenza-Bobbio Gianni Ambrosio lo aveva sollevato in via cautelare dall’incarico di parroco, dopo alcuni esposti a lui pervenuti, e trasferito presso un centro lombardo per sacerdoti in difficoltà.
A seguito degli esposti la Procura aveva avviato un’indagine, che, condotta dalla Squadra Mobile, ha portato ieri, su richiesta dal pm Emilio Pisante e su assenso del gip del Tribunale di Piacenza, al fermo di don Stefano.
Il sacerdote è indagato per violenza sessuale aggravata e per procurato stato di incapacità. Si sospetta che il presbitero possa aver somministrato droghe o sostanze chimiche alle sue vittime per poi abusarne sessualmente.
Il fermo ha destato grande clamore nella comunità parrocchiale di San Giuseppe Operaio e in quella diocesana di Piacenza-Bobbio, dove Segalini era conosciuto per le sue posizioni conservatrici in materia di famiglia e genitorialità.
Protagonista lo scorso anno dell’evento diocesano la Grande festa della Famiglia, il cui tema era stato L’amore, quello vero, non esiste più?, don Segalini aveva partecipato il 24 aprile 2015, nominato da meno di un anno parroco di San Giuseppe Operaio (9 giugno 2014), all’incontro col vescovo di Piacenza-Bobbio, organizzato dal locale circolo adinolfiano Voglio la mamma.
Incontro nel corso del quale era stato presentato al presule l’appello indirizzato dal Popolo della Famiglia ai vescovi italiani contro «le leggi vergogna che il Parlamento italiano si appresta a votare nei prossimi mesi». Nel relativo articolo, apparso sul quotidiano La Croce, Mirko De Carli così descriveva Segalini: «Fin dalla nascita del Circolo si è mostrato attento e solidale alle tematiche essenziali avanzate e proposte dal nostro quotidiano».
Nel febbraio 2018, in vista delle elezioni politiche del 4 marzo, Segalini aveva poi firmato il cosiddetto appello dei 63 (divenuti alla fine 200), con cui sacerdoti e consacrate dichiaravano di sostenere alle urne il Popolo della Famiglia, la formazione politica guidata da Mario Adinolfi.
Ma non solo. Perché il 20 maggio 2016 la Confederex (Confederazione Italiana Ex Alunni Ex Alunne della Scuola Cattolica) piacentina aveva organizzato nei locali parrocchiali di San Giuseppe Operaio, su iniziativa di Segalini, una serata di formazione orientata alle catechesi di Giovanni Paolo II sulla teologia del corpo.
A guidare la riflessione in chiave apologetica, per contrastare «l’attacco alle realtà naturali e alla dimensione famigliare», la dirigente scolastica Laura Boccenti, che, appartenente alla galassia del tradizionalismo cattolico, è componente del consiglio nazionale di Alleanza Cattolica e collaboratrice de Il Timone.
Sollecitato da più parti di commento, Mario Adinolfi, eludendo la questione della vicinanza di Segalini con l’area del Popolo della Famiglia, si è limitato a scrivere in serata su Facebook: «Gli abusi sessuali di cui è accusato don Segalini riguardano maggiorenni.
Se fossero verificati i fatti gravi di cui è accusato, sarebbe l’ennesimo caso di danno fatto a dei giovani da sacerdoti gay, male della Chiesa che Benedetto e Francesco da lustri provano a fronteggiare».