La direzione del comitato investigativo di San Pietroburgo ha oggi riferito di aver arrestato il 31 luglio un 29enne per l’omicidio di Yelena Grigoryeva.
A essere fondamentale nel’identificare l’uomo il kirghizo Davron Mukhamedov che, legato da vincoli di conoscenza con la vittima e precedentemente sospettatto dell’assassinio dell’attivista per i diritti Lbti, era stato sottoposto dalla misura cautelare di detenzione per due mesi dal tribunale del distretto Moskovskij di San Pietroburgo.
«Durante le indagini sul precedente sospettato – è stato dichiarato in un comunicato del Comitato investigativo – questi ha confessato di aver commesso una rapina contro un residente locale e ha anche testimoniato, rivelando la persona che ha effettivamente commesso l’omicidio della suddetta donna».
Il comitato ha quindi aggiunto: «I dati raccolti dagli investigatori mostrano che il 20-21 luglio, la vittima stava bevendo bevande alcoliche con l’ex sospettato e in seguito ha continuato a bere bevande alcoliche […] con un altro uomo, che […] in seguito ha picchiato la vittima e pugnalato lei otto volte».
Come noto, la 41enne attivista per i diritti umani e delle persone Lgbti era stata uccisa nella notte tra il 20 e il 21 luglio con otto coltellate al viso e alla schiena nei pressi dell’abitazione.
La nuova versione della polizia convince ancora di meno rispetto alla prima, anche perché, come ribadito da Dinar Idrisov, Yelena aveva regolarmente ricevuto minacce di morte in passato. Minacce, che, nonostante le denunce sporte dall’attivista, non erano state minimamente prese in considerazione dalle forze dell’ordine.
Ma non solo, perché secondo la notizia diffusa dall’artista Vlad Yashin su Instagram la scorsa settimana, il gruppo omofobo пила aveva pubblicato tre settimane fa la lista di attiviste e attivisti Lgbti russi da uccidere. Fra questi figurava anche Yelena Grigoryeva e il noto attivista Zhenya Svetski.