Non soltanto a New York, che ha ospitato il WorldPride, ma in più parti del mondo i Pride del 2019 sono stati vissuti nel ricordo del 50° anniversario dei moti di Stonewall.
Ma il conseguente aumento di visibilità delle singole comunità Lgbti è andato di pari passo, durante la stagione del Pride, con quello delle violenze omo-transfobiche.
Una tale escalation ha assunto proporzioni gravissime negli Stati Uniti, come documentato dal report speciale Pride and Pain: A Snapshot of Anti-Lgbtq Hate and Violence, curato dalla Coalizione nazionale dei Programmi anti-violenza (Ncavp) e pubblicato il 14 agosto.
Da esso si apprende che tra il 15 maggio e il 15 luglio si sono verificati:
- a) 14 omicidi, le cui vittime sono state, per metà, donne trans nere. Si è avuta perciò una media media di quasi 2 (1,75) omicidi a settimana: numero tre volte maggiore rispetto a quello riguardante il periodo tra il 1 ° gennaio e il 14 maggio;
- b) 2 donne trans nere, Johana Medina e Layleen Polanco, sono morte improvvisamente in carcere;
- c) 22 manifestazioni di protesta anti-Lgbtq e intimidazione durante Pride, spettacoli di drag queen e in strutture Lgbtq.
Beverly Tillery, direttrice esecutiva del Progetto anti-violenza di New York (Avp), ha ha così commentato i dati: «È importante ricordare come le violenze contro le comunità Lgbtq continuino e, in alcuni casi, si stiano intensificando. Per molti di noi il Pride è un momento di festa, un momento per onorare le nostre origini nei moti di Stonewall, un momento per ricordare le importanti vittorie legislative e culturali che vale la pena celebrare.
Ma nella stagione del nostro orgoglio abbiamo dovuto più volte ricordare la violenza, che affligge la nostra comunità, soprattutto la componente transgender di essa.
Questo report apre un’ulteriore finestra sulle varie forme di violenza che la nostra comunità affronta e mostra come la visibilità della stagione del Pride porti, a volte, a essere presi maggiormente di mira e attaccati».