Il 14 agosto la Coalizione nazionale dei programmi anti-violenza (Ncavp) ha pubblicato il report Pride and Pain: A Snapshot of Anti-LGBTQ Hate and Violence During Pride Season 2019, che documenta come la stagione del Pride – contrassegnata quest’anno dalla celebrazione del 50° anniversario dei moti newyorkesi di Stonewall – sia stata contrassegnata negli Stati Uniti da ripetuti casi di violenza contro le persone Lgbti. In particolare, si sono registrati, tra il 15 maggio e il 15 luglio, ben 14 omicidi, le cui vittime sono state, per metà, donne trans nere.
Un quadro drammatico, che, secondo Beverly Tiller (direttrice esecutiva del Progetto anti-violenza di New York) «mostra come la visibilità della stagione del Pride porti a volte a prendere maggiormente di mira e attaccare» la collettività Lgbti.
Una visibilità che, quest’anno, ha toccato il suo apice negli Usa con la marcia del WorldPride, che ha avuto luogo a New York il 30 giugno e ha visto radunarsi oltre 5.000.000 di persone nel segno di Stonewall.
Di questo evento a caratura mondiale abbiamo voluto trarre un bilancio con Cathy Renna, cofondatrice e presidente di Target Cue (una delle principali società statunitensi di pubbliche relazioni e comunicazione su questioni ed eventi Lgbti), che è stata portavoce del comitato organizzatore del WorldPride/Stonewall 50 e responsabile dei rapporti coi media.
Cathy, oltre 5.000.000 di persone alla parata del 30 giugno, che è stata però preceduta e accompagnata da una serie di eventi. Quali i più significativi?
Come previsto, sono stati un “milione di momenti di orgoglio. La scelta è quasi impossibile. Ma credo che non si possano passare sotto silenzio le cerimonie di apertura e chiusura del WorldPride e, naturalmente, la parata del 30 giugno, la più grande della storia, con oltre 200.000 partecipanti e 5.000.000 di sostenitori lungo il percorso. Per non parlare di un evento come la conferenza sui diritti umani, che ha fornito esperienze straordinarie e speciali per migliaia di persone giunte a New York.
Vorrei però segnalarne quattro che mi stanno particolarmente a cuore.
1) l’omaggio di Sara Ramirez, durante la cerimonia di apertura del 27 giuno, alle componenti bisessuale, trans nonché le altre emarginate e meno visibili della nostra collettività;
2) lo Stonewall 50 Rally con così tanti relatori e relatrici, tra cui veterani/e d Stonewall e il sindaco di New York;
3) i 10.000 partecipanti allo YouthPride.
4) E, poi, l’esibizione di Madonna, per la prima volta in assoluto, al New York Pride
Al WorldPride c’era anche la delegazione italiana. Hai qualche ricordo speciale?
Assolutamente sì! Ho avuto un brivido di emozione nell’incontrare Franco Grillini e nel vedere quanto grande fosse la rappresentanza italiana come anche sventolare le bandiere d’Arcigay nel corso della marcia. Sono stata così orgogliosa, io donnaq lesbica di origine italiana con radici profonde e familiari in Puglia.
Oltre alla parata ufficiale ci sono state anche quelle dei gruppi antagonisti. Cosa ne pensi?
Siamo una comunità diversificata, dove c’è spazio per le numerose modalità con cui esprimere i nostri valori e opinioni. Dove c’è spazio per le diverse espressioni di Pride, come appunto successo a New York: dalla Dyke March alla Drag and Trans March, dalla Queer Liberation March alla marcia del Reclaim Pride. Si tratta di una complessità e ricchezza di vedute in una comunità in crescita e sempre più visibile.
Il sindaco De Blasio ha annunciato che sarà costruito un monumento in memoria di Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson. Non pensi che la comunità gay dovrebbe chiedere scusa per l’opposizione e la marginalizzaziona riservata a lungo in vita a queste due donne trans?
Più delle scuse credo che sia soprattutto importante – e necessario – onorarne l’eredità, l’attivismo, il vissuto guardando a loro come modelli.
IL WORLDPRIDE IN 50 SCATTI (GALLERY)