L’ombra del Congresso di Verona sullo scenario politico italiana non si è affatto diradata. Anzi continua a incombere in maniera più insistente, anche se meno evidente, da due settimane a questa parte.
Al centro, ancora una volta, l’Organizzazione internazionale per la Famiglia (International Organization for the Family – Iof), che, fondata nel 2016 e presieduta da Brian S. Brown, organizza annualmente il Congresso Mondiale delle Famiglie (Wcf).
In una mail, indirizzata il 21 agosto a Joseph L. Grabowski, direttore esecutivo dell’Iof, e da questi inoltrata il 23 agosto a eventuali sostenitori finanziari dell’organizzazione, l’ex quacchero Brown parla di «venti del cambiamento» (nella forma singolare, non a caso, è stato lo slogan del Wcf di Verona) che, in tutto il mondo, «stanno soffiando nella nostra direzione, facendo avanzare il movimento pro-family».
A riprova vengono addotti gli esempi di Alejandro Gianmattei e Viktor Orbán. Il neo-presidente del Guatemala è presentato quale «solido conservatore a favore della famiglia», pro-life e deciso sostenitore del «matrimonio quale unione tra un uomo e una donna». Circa il governo ungherese l’attenzione, oltre all’impegno nelle politiche a difesa dell’unico modello familiare, viene invece incentrata sul tema della cristianofobia (comune anche alla galassia catto-conservatrice come quella del milieu di Jacob Rees-Mogg e del Dignitatis Humanae Institute di Benjamin Harnwell).
Il riferimento esplicito è al discorso di Tristan Azbej, segretario di Stato ungherese per l’Aiuto ai cristiani perseguitati, che nel corso della 2° edizione del Ministerial to Advance Religious Freedom, tenutosi a Washington il 16 luglio, «ha chiesto ai governi del mondo di difendere i cristiani perseguitati, dichiarando che il cristianesimo è la religione più perseguitata sulla terra».
Ma Brown tiene ad apertamente rivendicare il primario contributo che l’Iof, benché non sia «un’organizzazione politica», ha apportato nello «stabilire un clima in cui le politiche a favore della famiglia possano essere avanzate e i leader a favore della famiglia possano essere eletti».
In questo quadro il presidente dell’Organizzazione internazionale per la Famiglia ha particolarmente a cuore l’Italia. «In effetti – prosegue – abbiamo lavorato direttamente alle riunioni del Congresso mondiale delle Famiglie sia con il governo Orbán in Ungheria sia con il partito del vice-premier Salvini in Italia. Sia Orbán sia Salvini hanno tenuto importanti discorsi ai partecipanti all’Iof durante i rispettivi eventi del Congresso mondiale ed entrambi questi Congressi hanno originato una massiccia copertura mediatica internazionale».
Ma non basta. Perché è proprio con Salvini che si apre la mail del 21 agosto. E, per giunta, con affermazioni sorprendenti che aiutano a meglio inquadrare le ultime dichiarazioni del segretario della Lega in Aula al Senato, il 20 agosto, su «un’idea di futuro, di famiglia, di figli, che hanno una mamma e un papà».
«In Italia – scrive Brown – il sostenitore della famiglia Matteo Salvini, vice-premier del Paese, sta radunando i conservatori pro-family. Il suo partito ha ottenuto un’enorme vittoria nelle recenti elezioni europee e, questa settimana, ha costretto il primo ministro liberale del Paese a dimettersi.
Le forze a favore della famiglia sono in procinto di svolgere un ruolo di primo piano nella definizione delle politiche pubbliche in Italia e potrebbero persino ottenere la maggioranza in Parlamento, se si indicessero nuove elezioni».
Parole maggiormente esplicitate nell’accennata mail del 23 agosto a firma di Grabowski, che scrive: «E, per quanto riguarda Salvini, è nel mezzo di un energico impegno che potrebbe portarlo a diventare il capo del governo italiano!».
Ma per Brown c’è chi si oppone a tutto ciò in Italia e in quei Paesi in cui Iof ha esteso il suo influsso. Primo nella lista «il miliardario George Soros» (guarda caso, costantemente menzionati da Matteo Salvini e Giorgia Meloni nonché dai rispettivi componenti di partito), che «ha etichettato Iof come principale oppositore della sua agenda estremista di sinistra». E poi ovviamente i media, accusati di diffondere fake news, secondo uno stilema caro a Iof e a tutti i gruppi che lo sostengono (in Italia, soprattutto, Pro Vita, Generazione Famiglia, Comitato Difendiamo i nostri figli e CitizenGo, che sono stati i co-organizzatori del Congresso di Verona).
«I media – scrive Brown – hanno orchestrato diversi pezzi di successo contro di noi per ridurre la nostra credibilità. Ricchi gruppi di interesse speciale hanno finanziato proteste, in cui migliaia di estremisti (anarchici, socialisti, radicali sessuali, ecc.) hanno tentato di bloccare conferenze ed eventi. Ma non solo non sono riusciti a bloccarci, ma le loro azioni esagerate hanno mobilitato la maggioranza silenziosa a uscire dai margini e iniziare la lotta! I nostri avversari ci prendono di mira per un motivo: siamo efficaci nel promuovere, difendere e proteggere la famiglia naturale».
A questo punto, che cosa fare, si chiede Brown, «per continuare a essere efficaci» o, come meglio esplicita Grabowski, per «continuare ad espandere la nostra portata e influenza in modo da poter avere un impatto su più nazioni e culture»?
Donazioni o «finanziamenti aggiuntivi» ai 200.000 dollari già elargiti «da generosi sostenitori». Somme da capogiro se si considera che, in base allo specifico rapporto pubblicato da Human Rights Campaign nel 2015, il World Congress of Families è sponsorizzato da 29 organizzazioni con un bilancio complessivo annuo di 216 milioni di dollari. Si tratta di gruppi cristiano-conservatori molto influenti negli Usa (il 60% dei 29 sponsor erano nel 2014 statunitensi) e nei Paesi occidentali.
Un intreccio tra Iof-Wcf e scenari governativi dei singoli Paesi sempre più stretto, dunque, col peso primario di finanziamenti tali, come ha scritto Grabowski, da poter condizionare le politiche di sempre «più nazioni».