Al termine della tradizionale preghiera domenicale dell’Angelus Papa Francesco ha ieri annunciato un concistoro, in data 5 ottobre, per la nomina di 13 nuovi cardinali, che contribuiranno a rendere il Sacro Collegio meno eurocentrico e sempre più universale.
Di essi tre (Michael Louis Fitzgerald, Sigitas Tamkevicius e Eugenio Dal Corso) sono ultraottantenni: non potranno dunque, in base alla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis del 22 febbraio 1996, votare in un futuro conclave. La berretta rossa, nel loro caso, è un riconoscimento al servizio reso alla comunità ecclesiale.
«La loro provenienza – ha dichiarato Bergoglio – esprime la vocazione missionaria della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della Terra».
I nuovi cardinali provengono dal Nord e Centro America, dall’Africa e dall’Asia. Alcuni di essi, nello specifico, da Paesi dove i cristiani sono minoranza o da dove tante persone partono alla ricerca di un futuro migliore. Anche le nomine europee sono state effettuate in considerazione dell’impegno per gli ultimi e i migranti.
Al riguardo l’analista vaticano britannico Christopher Lamb, del settimanale The Tablet, ha rilevato come le nuove designazioni cardinalizie dimostrino che Bergoglio «considera prioritario il ponte tra le religioni (…) e l’aiuto ai migranti».
Non a caso tra i neo-porporati c’è il gesuita Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che, ignaro della nomina, l’avrebbe appresa da un confratello via Whatsapp mentre era in America latina per una riunione pre-sinodale sull’Amazzonia.
Gli altri sono Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; José Tolentino Medonça, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa (il più giovane con i suoi 54 anni); Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, arcivescovo di Jakarta; Juan de la Caridad García Rodríguez, arcivescovo de San Cristóbal de la Habana; Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa; Jean-Claude Höllerich, arcivescovo di Lussemburgo; Alvaro Ramazzini Imeri, vescovo di Huehuetenamgo; Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat.
Il solo italiano tra i nominati è l’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi. Una vita, la sua, spesa al servizio degli ultimi nelle periferie romane con la Comunità di Sant’Egidio e nel ruolo di negoziatore di pace per le aree più difficili del mondo. Ultimo, in ordine di arrivo (ma in realtà portato avanti da decenni), quello di mediatore per l’accordo di riconciliazione in Mozambico.
Il presule, che si trovava ieri in pellegrinaggio a Lourdes con l’Unitalsi (da cui è rientrato alcune ore fa), ha così commentato coi fedeli la nomina: «Dobbiamo cercare di essere sempre ultimi nell’amore e mettersi sempre al servizio degli altri».
Pronipote per parte di madre del card. Carlo Confalonieri (già segretario particolare di Pio XI) e laureato in Lettere e Filosofia, il 64enne Zuppi è stato nominato vescovo ausiliare di Roma da Benedetto XVI il 31 gennaio 2012 e promosso ad arcivescovo di Bologna da Francesco il 27 ottobre 2015.
A Bologna Zuppi ha saputo coniugare le mansioni squisitamente pastorali e magisteriali di vescovo con l’interesse evangelico per le periferie esistenziali così care a Bergoglio.
Particolarmente attento al mondo del lavoro, il presule si è fatto anche notare per le posizioni di accoglienza e dialogo con la collettività Lgbti, che proprio in Bologna ha, a livello associazionistico, una delle sue principali sedi storiche.
Sono ben note le parole che rivolse, il 16 giugno 2016, alla Fiom riunita a Bologna per il 115° anniversario del sindacato.
«Il sindacato – ebbe a dire in quell’occasione – ha sempre avuto attenzione nel difendere quello che è di categoria, ma anche quello che non è immediatamente nella propria categoria, come la dignità dell’uomo, dei diritti della persona. La lotta contro l’omofobia e la lotta contro la violenza alle donne ci troveranno vicini.
La lotta contro qualunque ingiustizia è nel profondo di chi ha a cuore il bene della propria categoria, ma anche il bene comune. Le conseguenze della crisi sono ancora pesanti c’è sofferenza e incertezza. E questo chiede di non rimandare, di saper affrontare cercando quello che è necessario, abbandonando certe modalità e cercandone di nuove per arrivare a uno sforzo di sintesi».
Parola che spinsero l’allora segretario della Fiom Massimo Landini a dire: «Noi abbiamo 115 anni. Ma se viene qui uno che ha una storia di duemila anni e ci spiega una cosa, allora c’è da riflettere». Per poi aggiungere a mo’ di battuta: «Ma che cosa deve dire il segretario della Fiom se l’arcivescovo di Bologna è a più sinistra di lui?».
Il 18 agosto 2018, durante il briefing in Sala Stampa Vaticana dedicato ai lavori sul Sinodo dei Giovani, il presule affrontò invece il tema dei cattolici Lgbti, rimarcando l’evidenza di un «problema pastorale. La pastorale non è mai qualcosa di univoco. Credo che sia un problema importante che riguarda tante persone.
Nella diocesi di Bologna c’è un problema che si sta ponendo, e nemmeno da adesso, visto che il gruppo di omosessuali cattolici ha più di trent’anni e che bisogna vedere nelle diverse situazioni. Ad esempio, una cosa è quando parliamo dell’Occidente e un’altra dell’Africa. Si tratta di una questione pastorale. Ma quando diventa un problema ideologico è molto più complicato». Con l’osservazione finale: «La Chiesa parla con tutti e vuole arrivare a tutti. Una sottolineatura arrivata da molte parti durante i lavori. Nessuno è escluso, come suggerisce il Papa, superando dei confini che poi si ricreano subito. Ma bisogna andare sempre oltre: qual è il problema?».
Zuppi ha inoltre prefato Un ponte da costruire: Una relazione tra Chiesa e persone Lgbti, edizione italiana di Building a bridge. How the Catholic Church and the Lgbt community can enter into a relationship of respect, compassion, and sensitivity, del gesuita James Martin. Non a caso il teologo e consultore del Dicastero vaticano per la Comunicazione ha salutato con plauso la notizia.
Auguri to Cardinal-designate Matteo Zuppi, archbishop of Bologna, a great supporter of LGBT Catholics. Here is his Foreword to my book “Building a Bridge,” published in Italy as “Un ponte da costruire,” in which he encourages a “new pastoral attitude”: https://t.co/g8Kf4J9Nej
— James Martin, SJ (@JamesMartinSJ) September 1, 2019
E, tra ieri e oggi, tanti sono stati i post o i tweet di soddisfazione per tale notizia, tra cui, per citarne alcuni, quelli di Emma Fattorini, Michela Murgia, Monica Cirinnà ed Elly Schlein.
Poche notizie mi hanno messo mai di buonumore quanto quella di Matteo Zuppi che diventa cardinale. La Chiesa col grembiule, come la chiamava Tonino Bello, esiste e persiste, ma quasi mai quel grembiule è stato rosso porpora negli ultimi 30 anni. C’è speranza. pic.twitter.com/ii9oBw25Rg
— Michela Murgia (@KelleddaMurgia) September 2, 2019
“Serve pastorale per cattolici omosessuali (…) riguarda molte persone che bisogna vedere nelle diverse situazioni.”
Questione pastorale non ideologica, se no diventa complessa ed è meglio lasciar stare .
Così Mons Zuppi prossimo
Cardinale, un bel segno di pace di @Pontifex_it pic.twitter.com/2xiidC31vW— Monica Cirinnà (@MonicaCirinna) September 1, 2019
Congratulazioni di cuore all’arcivescovo di Bologna don Matteo Zuppi, che il 5 ottobre per scelta di Papa Francesco diventerà cardinale. Una persona che si è sempre spesa per gli ultimi, cui ha dedicato tanta vita e passione. @Pontifex https://t.co/FZZ1XMnvQI
— elly schlein (@ellyesse) September 1, 2019
Sulla nomina cardinalizia si è anche espresso il bolognese Franco Grillini, direttore di Gaynews, e leader storico del movimento Lgbti italiano, che ha dichiarato: «Non c’è dubbio che la nomina dell’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi a cardinale sia a un fatto largamente positivo. Si tratta infatti di uno dei pochi rappresentanti dei vertici ecclesiastici ad essersi espresso in modo esplicito sulle questioni Lgbti, parlando di necessità della lotta all’omofobia e di nuovo diaologo tra Chiesa e collettività Lgbti, scrivendolo a chiare lettere nella sua prefazione al libro di p. James Martin.
Lo dico da non credente e da storico militante anticlericale. Ma, quando si verificano cambiamenti positivi anche all’interno di una struttura, fieramente schierata negli ultimi decenni contro tutte le battaglie in materia di diritti civili per le persone Lgbti, essi vanno colti positivamente, rappresentando, soprattutto per le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender credenti, un elemento molto importante e distensivo».