È morto, venerdì 6 settembre, in un ospedale di Singapore, dove era ricoverato da oltre cinque mesi, Robert Gabriel Mugabe. L’ultimo re politico africano, com’era stato definito dalla Bbc, aveva 95 anni.
Dopo aver governato lo Zimbabwe per 37 anni, prima quale primo ministro dal 18 aprile 1980 al 31 dicembre 1987, poi quale presidente fino al 21 novembre 2017, Mugabe era stato costretto a dimettersi dalla carica di Capo di Stato a seguito del golpe militare del 15 novembre di due anni fa.
Accusato a livello internazionale di deliberata pianificazione della violazione dei diritti uomini sì da essere designato quale «persona non grata» in molti Paesi, si era distinto negli anni per violenti dichiarazioni e politiche contro le persone Lgbt.
Ricevette, soprattuto, critiche in tutto il mondo per i commenti che fece il 1 ° agosto 1995 dopo essersi imbattuto in una bancarella allestita dall’organizzazione Gays and Lesbians of Zimbabwe (Galz) all’annuale Fiera Internazionale del Libro di Harare. In quell’occasione ebbe a dire: «Trovo estremamente oltraggioso e ripugnante alla mia coscienza umana che organizzazioni così immorali e degradanti, come quelle degli omosessuali, che offendono sia la legge della natura sia le norme culturali promosse dalla nostra società, debbano avere difensori in mezzo a noi e altrove nel mondo».
Due settimane dopo, durante le celebrazioni annuali dell’indipendenza dello Zimbabwe, Mugabe ebba a dire: «L’omosessualità degrada la dignità umana. È innaturale e non bisogna mai permettere a queste persone di comportarsi peggio di cani e maiali. Se cani e maiali non lo fanno, perché gli esseri umani devono?
Abbiamo la nostra cultura e noi dobbiamo dedicarci nuovamente ai nostri valori tradizionali che ci rendono esseri umani. Ciò che ci viene persuaso ad accettare è un comportamento sub-animale e non lo permetteremo mai qui. Se vedi persone sfilare come lesbiche e gay, fermale e consegnale alla polizia».
Da allora Mugabe intensificò la repressione politica delle persone omosessuali ai sensi delle leggi sulla sodomia dello Zimbabwe. La stessa normativa di epoca coloniale fu inasprita nel 2006 con l’aggiunta al Codice penale della sezione relativa alla devianza sessuale, che criminalizza anche il solo tenersi per mano, abbracciarsi o baciarsi da parte di due persone dello stesso sesso. La sodomia vi è infatti definita come qualsiasi «atto di contatto tra due maschi che sarebbe considerato da una persona ragionevole quale atto indecente». La pena comminata è la reclusione fino a 14 anni e, di fatto, viene applicata anche alle donne.
Sebbene in Zimbabwe non sia prevista la pena di morte per omosessualità, Mugabe aveva espresso più volte l’intenzione che le persone Lgbti venissero decapitate.