Si è tenuto il 15 settembre a Perugia il IX° Congresso di Omphalos Lgbti. Con 46 voti a favore, 12 contrari e 12 astenuti è stata decisa l’uscita dell’associazione da Arcigay.
Abbiamo raggiunto il presidente Stefano Bucaioni per conoscere le motivazioni sottese a una tale scelta e, al contempo, gli obiettivi futuri.
IX° Congresso di Omphalos e 27 anni di storia alle spalle. Quali sono le novità più rilevanti di questo Congresso?
Direi che la novità principale è la maturità politica e la solidità che Omphalos ha guadagnato in questi 27 anni. L’associazione è cresciuta a tal punto che oggi conta oltre 1200 socie e soci, tanti gruppi e servizi che toccano ambiti e tematiche che coinvolgono la nostra comunità, dalla salute allo sport, dalla scuola alla cultura, dalle attività ricreative a quelle formative. Omphalos è diventata un luogo fisico e politico di elaborazione avanzata che è riuscita nel tempo a produrre documenti e interventi anche complessi su tematiche come la gestazione per altri o le tematiche femministe e transfemministe. La sfida per i prossimi tre anni sarà mettere a sistema e rafforzare le azioni positive che siamo riuscite a creare, sviluppare nuovi servizi e continuare a interrogarci e a elaborare politiche positive per la nostra comunità e per la nostra rivoluzione.
Nei mesi scorsi la condanna del senatore Pillon ha avuto una forte risonanza nazionale. Quale il significato di una tale vicenda per le altre realtà Lgbt presenti sul territorio nazionale?
La lotta all’omo-trans-bifobia e ai discorsi d’incitamento all’odio non passa certo attraverso denunce e querele: il lavoro principale rimane sul campo culturale, dell’educazione e dell’informazione. Dobbiamo però tirare una riga al di là della quale non siamo disposti a tollerare e le situazioni che la oltrepassano vanno stigmatizzate e sanzionate anche ricorrendo alle autorità giudiziarie. Quello che è successo con il senatore Pillon è proprio questo: il limite era stato ampiamente superato e Omphalos non ci ha pensato due volte a denunciare chi infangava sistematicamente il lavoro di tanti volontari e volontarie in un ambito importante quanto delicato come quello della scuola. Contro chi utilizza la “macchina del fango” come arma politica per screditare il lavoro dei propri avversari non si può dialogare, bisogna rispondere in maniera forte e decisa utilizzando gli strumenti che la giustizia ci mette a disposizione.
Autonomia è una parola che è a lungo risuonata in questo Congresso. Alla luce di una tale prospettiva ci puoi dire che cosa vi ha portato a uscire da Arcigay?
È una decisione sofferta che viene però da molto lontano. Sosteniamo da anni che Arcigay vada profondamente ripensata e riformata. Il tempo delle associazioni nazionali generaliste e pesanti che controllano i loro territori e che pretendono di avere il primato di rappresentanza nel movimento Lgbti italiano non è più attuale, se mai lo sia stato. Il movimento è sempre più plurale e non si può non tenerne conto e ripensare gli strumenti di partecipazione e discussione. Arcigay ha un patrimonio di risorse e competenze grandissimo che risiede nelle sue associazioni territoriali: questo patrimonio va messo al servizio del movimento in un’ottica di servizio e di collaborazione, ripensando e allargando gli strumenti di partecipazione e isolando i vari padroncini abituati a gestire le associazioni come proprietà personali. L’abbiamo detto al congresso nazionale di Arcigay a Ferrara nel 2012, lo abbiamo ribadito al congresso di Napoli nel 2015 e ancora al congresso di Torino del 2018. Non ci si può certo rimproverare di non averci provato. Il risultato di questi otto anni di appelli e di richieste di cambiamento? Una serie di porte sbattute in faccia. Evidentemente non c’è la volontà politica di farlo e dopo ott anni direi che è giunto il momento per noi di impiegare energie e risorse altrove. Impiegarle nella (ri)costruzione di un movimento plurale, aperto, che sappia confrontarsi e discutere nel rispetto delle differenze di tutte le soggettività che lo compongono. Vorrei però spazzare il campo da ogni fraintendimento. La nostra decisione non rappresenta alcuna scissione, non siamo interessati a create un’altra associazione nazionale e non significa che Arcigay diventerà nostra avversaria. Il nostro è un passo di lato e come alleati continueremo a lottare insieme ad Arcigay e alle tante altre associazioni che compongono il movimento per i diritti e gli ideali comuni della nostra comunità.
La politica di Omphalos in materia di diritti è da sempre impegnata a porre in risalto ogni azione che contrasti ogni forma di fascismo e deriva autoritaria in nome della Resistenza. Cosa significa oggi per Omphalos un tale valore?
La nostra storia, da Stonewall ad oggi, è fatta di Resistenza. La resistenza di una comunità che vuole liberarsi, che lotta contro violenza e discriminazione, che ambisce a riappropriarsi delle strade, delle piazze, delle città, ma anche dei propri corpi e delle proprie differenze. L’abbiamo scritto nel nostro manifesto politico in occasione del Perugia Pride di quest’anno: resistiamo per dar voce a quella coscienza civile e sociale che ci porta a reclamare un paese e una società libere, laiche, consapevoli e rispettose di ogni narrazione e soggettività esistente. La resistenza è una parte fondamentale di ogni rivoluzione e quella che abbiamo iniziato a Stonewall cinquant’anni fa, anche se spesso ce lo scordiamo, era e rimane una favolosa rivoluzione che ora sta a noi saper portare avanti.