Quella di giovedì 26 settembre è la data fissata dalla casa editrice Lantana per il lancio di Amore, sesso e altri emoticon, il nuovo libro del regista e scrittore Mariano Lamberti.
Dopo il successo di Una coppia perfetta, romanzo che scandagliava le dinamiche relazionali delle persone omosessuali nell’era di Grindr, Lamberti torna a investigare l’universo delle chat con umorismo e acume, lasciando emergere, tra un sorriso e l’altro, la cifra più umana e autentica dei suoi personaggi, prototipi variamente declinati della società contemporanea.
I personaggi, superata ogni distinzione di orientamento, ruoli e di genere, si rivelano esclusivamente attraverso i loro dialoghi e utilizzano tutto il repertorio linguistico proprio delle chat e dei social: simboli grafici, emoticon, abbreviazioni e gif.
Nella prefazione, Antonello Dose introduce la nuova avventura narrativa di Lamberti, ricordandoci che «le storie dei racconti di Mariano, sono un disincantato e divertente esempio di come tutti fatichiamo un po’ a stare dietro alle nuove categorie dell’arcobaleno gender».
Nel giorno della sua uscita in libreria, contattiamo telefonicamente Mariano per saperne di più sulla sua nuova “creatura” narrativa.
Mariano dal 26 settembre sarà in libreria il tuo nuovo romanzo Amore, sesso e altri emoticon. Ci racconti come nasce l’idea di questo libro? Possiamo definirlo una sorta di sequel “tematico” di una Una coppia perfetta?
Una coppia perfetta partiva dal senso di solitudine e disperazione che afferrava alla gola i due inconsapevoli protagonisti del romanzo, questa nuova creatura nasce da un’esigenza opposta: rendere lieve un tema così complesso (e poco compreso ancora), come quello dell’identità virtuale. Anche se questo libro è un parente scanzonato del precedente, il tema delle app qui è ampiamente diversificato: non c’è più solo Grindr ma sono 12 app per incontri per 12 racconti, con tutte le declinazioni possibili del caso: omo, bi, lesbo, trans, queer e via compilando tutte le lettere dell’alfabeto gender.
Il romanzo, che si compone di più tessere narrative in forma di dialogo, offre al lettore una variegata casistica relazionale. I personaggi delle tue storie sono spinti a incontrarsi dal desiderio, dalla curiosità o dalla solitudine?
Io credo che questi non luoghi, dove ci s’incontra seppur virtualmente (un tempo si chiamavano stanze, evocazioni linciane, ricordate lo spazio rosso di Twin Peaks?), siano qualcosa che gli psicologi e gli artisti debbano ancor esplorare senza pregiudizi; c’è un disegno primordiale d’intimità ma anche un desiderio di crudeltà, un anelito di luce ma anche un bisogno di ombra per esprimere appieno la propria an-affettività, insomma un ritratto molto fedele e specifico della complessità umana. Io nel mio libro l’affronto in maniera divertente e grottesca, ma al di là delle apparenze trapela un’inquietante profilo di alienazione. Ovviamente la chat esaspera ciò che è già presente nell’animo umano.
Le chat sono le vere protagoniste del tuo libro. Secondo te, la centralità di questi strumenti nella realtà relazionale dell’era digitale riguarda quasi esclusivamente la comunità Lgbt o tutte e tutti a prescindere da genere e orientamento?
Credo che (anche) in questo caso (come il solito) la comunità Lgbtqi abbia fatto da inconsapevole volano esplorativo dell’animo umano: negli anni ’70 la sessualità gay liberata era un modello di edonismo quasi da invidiare. Oggi Grindr, l’antesignano di queste chat per incontri, ha indicato la strada per un’agognata esplorazione dei propri tabù, come dico nel precedente romanzo un modo per espugnare l’ultima roccaforte della morale vittoriana. Le chat eterosessuali vorrebbero andare in quella direzione, affrancarsi da un’identità culturale spesso pesante, come può essere per esempio per una donna single, quarantenne, affermata nel lavoro, che magari è spinta solo da un desiderio d’incontro fisico, senza bisogno di sovrastrutturarlo con dinamiche relazionali e affettive, perché no, ci può essere anche questo nel desiderio d’incontro di una donna.
Inoltre, l’uso delle chat è un fattore positivo, capace di emancipare anche i più timidi e schivi, o è il segno evidente di un’incomunicabilità diffusa?
Le chat riflettono l’ambivalenza e l’ambiguità di tutti i media: da una parte credo sia uno strumento molto utile, pensa solo all’isolamento culturale e sociale che subivano i giovani gay nella terrificante provincia italiana, e che ora grazie a queste applicazioni hanno la possibilità di creare reti di relazioni impensabili fino a poco tempo fa; nel contempo questa identità può essere quanto di più fittizio si possa immaginare, creando irreparabili scompensi tra quello che dici di essere e quello che realmente sei: come succede nei miei racconti le persone si creano quasi un percorso esistenziale all’interno della chat, creando vite e identità parallele.
Le chat sono luoghi virtuali di liberazione e autenticità o sono gabbie che mortificano personalità e sentimenti?
Ripeto: a volte l’esigenza può essere quella di esprimere il proprio eros e questo, se è un’istanza liberatoria può essere utile. Senz’altro, se non sei consapevole del processo che stai mettendo in atto, diventa un mostruoso caso di autoreferenzialità. Non a caso questi luoghisono spesso caratterizzati da grande paura e insicurezza mascherate da aggressività ed egocentrismo.
Nel tuo libro riprendi in maniera puntuale le consuetudini espressive proprie di chi frequenta le chat. Questi “nuovi codici espressivi” che influenza hanno sulla lingua?
Trovo molto affascinante il linguaggio delle chat con l’uso della faccina e delle parole abbreviate: pensa la celebre TVB, il Ti voglio bene dei timidi, oppure l’uso degli esclamativi e dei punti interrogativi per approvare o disapprovare o le faccette che riassumono uno stato d’animo quasi inarrivabile solo con le parole. Il mio libro è pieno di queste suggestioni linguistiche che io trovo onestamente molto creative, anche se forse, distruttive della bella linguadegli scrittori.
Infine, una società che s’incontra sulle chat, è ancora capace di amare in maniera sana e autentica?
La parola amare si può declinare in tanti modi e in tante situazioni ma credo banalmente che l’amore sia fatto di presenza e accudimento, della capacità di resistere alla tendenza naturale dell’essere umano a isolarsi. Come dice saggiamente Antonello Dose nella prefazione al libro «le chat sono semplicemente un media, un altro mezzo, che noi riempiamo con la nostra vita, le nostre aspettative, i nostri luoghi comuni e tabù, e come tali, non vanno criminalizzate». Come ha scritto un saggio giapponese: «Non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente».