Marcello Mannu, proprietario dell’Enjoy a Sassari, non solo non ha espresso alcuna condanna e solidarietà a Simone Sanna e al suo compagno, vittime di insulti e minacce di morte da parte di un cliente del locale il 28 settembre. Ma è arrivato a colpevolizzarli e diffamarli.
«I fatti di sabato notte – così Simone Sanna a Gaynews – ci hanno profondamente turbati. Dopo una discussione tra noi avevamo chiarito e l’aggressione ci ha colto in una situazione di forte emozione personale. In quel momento ci siamo sentiti davvero soli non solo per l’aggressione ma perché nessuno ci ha sostenuto.
Ho provato una strana sensazione di impotenza e di paura sia in quel momento che nei giorni successivi quando leggevo le offese gratuite contro di me il mio compagno e il totale ribaltamento della colpa. Tutto questo è davvero frustrante!».
A parlare apertamente di colpevolizzazione e diffamazione nei riguardi della coppia il Movimento omosessuale sardo (Mos), che, in un duro comunicato odierno, ha ricordato come il j’accuse iniziale del proprietario del locale era stato così motivato sui social: «”Dovevano stare attenti”. Risposta che ha scatenato l’ironia, ma anche la rabbia, del web e che ha spinto Marcello Mannu, proprietario della discoteca, a rincarare la dose con una serie di post diffamanti e a mistificare totalmente la realtà dei fatti.
Il bacio, avvenuto in un angolo appartato della sala fumatori, è quindi diventato un “comportamento spinto”, uno “strusciarsi spudoratamente” e, addirittura “sesso in pista”, che avrebbe provocato la reazione di altri clienti e dei buttafuori che li avrebbero poi mandati via. Niente di più falso e sarebbe bastato chiedere alle e ai propri dipendenti, ai buttafuori, alla sorella o al compagno, da lui indicato come co-gestore, informati di tutto subito dopo l’aggressione».
Secondo il Mos, che riteneva oramai superata «l’equazione “provocazione=aggressione”, tanto utilizzata negli episodi di violenza di genere e nei crimini di odio», si è dovuto assistere come, nel caso della «colpevolizzazione delle donne nei casi di violenza di genere, ree di indossare abiti troppo osè o avere atteggiamenti provocanti», a una giustificazione dell’«aggressione con la “provocazione” del bacio gay. Un’inversione della colpa condivisa purtroppo anche da molte persone omosessuali che, forse, non sono ancora riuscite a superare il terribile scoglio dell’omofobia interiorizzata».
Facendo poi riferimento a un articolo della Nuova Sardegna del 1° ottobre, il Mos ha specificato come la «dicitura “friendly”, attribuita agli esercizi commerciali, non si riferisce infatti all’orientamento sessuale delle/dei proprietari ma alla convinzione, con conseguente impegno pratico, che l’omofobia così come qualsiasi atto discriminatorio, sia da evitare e, nel caso, censurare, con supporto alle vittime ed allontanamento degli eventuali aggressori. Essere sé stessi/e, vestirsi sexy, scambiarsi baci o abbracci non possono mai, in nessun caso, essere considerati causa di odio o violenza ma semplicemente il diritto alla libera espressione di sé. Garantire questo diritto, nel 2019, dovrebbe essere caratteristica di qualsiasi locale pubblico e privato».
Motivo per cui, l’associazione ha lanciato «un appello a tutte e tutti gli esercenti del territorio di dichiarare la propria disponibilità alla tutela, sempre, della dignità e dell’incolumità di tutte e tutti i loro clienti, a prescindere dal sesso, orientamento sessuale, identità di genere, appartenenza religiosa o provenienza geografica.
Speriamo che la rete di realtà friendly si espanda per tutta la provincia e sia in grado di accogliere le migliaia di manifestanti che il prossimo Luglio parteciperanno al Sardegna Pride che si svolgerà nel nostro territorio».