Il 3 ottobre la Corte d’appello di Parigi ha condannato Jean-Marie Le Pen per due casi di insulti pubblici contro le persone omosessuali, tra cui quello riservato al poliziotto ucciso nell’attentato agli Champs-Elysées nel 2017.
Il 91enne co-fondatore del Front National (il cui attuale nome è Rassemblement National) è stato rispettivamente condannato all’ammenda di 40 euro quotidiani per 30 giorni. Ossia, in tutto a 2.400 euro, che potrebbero trasformarsi in reclusione in caso di mancata corresponsione. Pena dunque maggiorata di 1.600 euro rispetto a quella che gli era stata irrogata, in 1° grado, il 28 novembre 2018.
Ma a differenza della precedente sentenza, a seguito della quale Le Pen era stato condannato per tre casi d’insulti omofobi, la Corte d’Appello ha ritenuto che il politico di estrema destra non avesse ecceduto i limiti del diritto all’umorismo col dire: «Le persone omosessuali sono come il sale nella zuppa: se non c’è abbastanza è un po’ insipido, se c’è troppo è imbevibile».
Confermata invece la condanna per aver correlato, nel marzo 2016, l’omosessualità alla pedofilia. Egli dovrà versare, a titolo d’indennità civile, 4.000 euro all’associazione Mousse (oltre ai 2.000 di spese legali), che combatte le discriminazioni omotransfobica e sessista. La somma sarà devoluta in parte all’ente Ardhis, impegnata nell’aiuto alle persone rifugiate Lgbt . Rivolgendosi ironicamente a Le Pen, il direttivo di Mousse ha dichiarato: «Grazie, monsieur Le Pen, per i soldi che dovrete versarci. Serviranno ad accogliere in Francia gli stranieri Lgbt perseguitati nei loro Paesi».
Confermata anche la condanna per aver criticato, nell’aprile 2017, dopo l’attentato agli Champs-Elysées, il pubblico atto di omaggio a Xavier Jugelé da parte del consorte Etienne Cardilès, costituitosi poi parte civile. Le Pen dovrà versargli, a titolo di risarcimento civile, 5.000 euro più i 2.000 euro per le spese legali.