In una Hong Kong, interessata da mesi da massicce manifestazioni di protesta contro il disegno di legge sull’estradizione di persone accusate di reati gravi nella Cina Continentale, il Tribunale di 1° grado ha oggi confermato il divieto di matrimonio e di qualsiasi forma di partenariato civile tra persone dello stesso sesso.
La Corte si è espressa a seguito del ricorso che una donna lesbica, identificata come MK, aveva presentato contro la normativa vigente, perché in violazione dei diritti costituzionali sanciti nella Legge fondamentale di Hong Kong.
I magistrati hanno sentenziato che il governo non è tenuto a fornire un quadro giuridico alternativo, come le unioni civili, sì da offrire alle coppie di persone dello stesso sesso diritti e benefici identici a quelli di coppie eterosessuali.
Pur riconoscendo che esistono opinioni diverse e contrastanti nella società, la Corte ha ribadito di non essere stata condizionata da alcuna di esse, né di valore morale né di valore religioso, ma di aver adottato un rigoroso approccio giuridico alla materia.
I rapporti tra persone dello stesso sesso sono stati depenalizzati nel 1991 a Hong Kong, ex colonia britannica tornata sotto la sovranità cinese, quale regione amministrativa speciale, nel 1997. La capitale ospita annualmente il Pride ed è interessata da una vivace comunità Lgbti. Eppure, attivisti e attiviste esprimono preoccupazione per la sempre più diffusa discriminazione.
A giugno, la Corte suprema di Hong Kong si è pronunciata a favore di un funzionario gay, che aveva fatto ricorso per il riconoscimento di benefici coniugali e fiscali a favore del consorte, sposato all’estero.