Sport impacts all. Questo il titolo del primo Forum mondiale dello sport amatoriale, svoltosi, il 18 ottobre, presso il salone d’onore del Coni a Roma nell’ambito del 41° Congresso dello Csit (Confédération sportive internationale du travail) l’organizzazione che riunisce gli enti di promozione sportiva a livello mondiale.
Tra gli interventi quello del presidente Bruno Molea, già alla guida di Aics (Associazione italiana Cultura Sport) e riconfermato dal congresso presidente di Csit, della ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità Elena Bonetti, del deputato Simone Valente (M5s), componente della VII° Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera. A seguire Francesco Landi, componente del Cda di Sport e Salute, Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore, Francesco Ricci Bitti, presidente di Asoif ed ex presidente di Cio, Franco Chimenti, vice presidente del Coni. Testimonial d’eccezione l’ex atleta e ora dirigente sportiva Fiona May.
Fra i progetti targati Aics è stato presentato anche Outsport, con un intervento del coordinatore Rosario Coco. L’intervento ha illustrato un’approfondita indagine sulla condizione delle persone Lgbti nel mondo dello sport. Si tratta della prima ricerca di questo genere a livello europeo, coordinata da Aics in partnership con l’Università dello Sport di Colonia e altri partner da Scozia, Austria e Ungheria, nell’ambito del programma Erasmus+.
Il report prodotto ha messo in luce come la stragrande maggioranza dei partecipanti (5500 persone in totale, residenti nei 28 Paesi europei) percepisca l’omofobia come un problema nello sport. Anche per questo, in Italia il 41% delle persone Lgbti che pratica sport non fa coming out mentre il 16% degli atleti intervistati per Outsport ha vissuto sulla propria pelle almeno un’esperienza negativa legata al proprio orientamento sessuale o alla propria identità di genere
A sostegno di quanto illustrato nella presentazione di Outsport sul tema degli stereotipi di genere e sui legami con l’omotransfobia, hanno assunto particolare importanza le successive dichiarazioni di Fiona May: «Una ragazza che fa sport è ancora considerata in maniera negativa, l’ho sperimentato direttamente nella mia carriera. Una ragazza che fa boxe non è femminile, ad esempio.
Quando gareggiavo mi dicevano che ero molto “maschile”, ma questo non è vero, era solo il mio modo di essere in campo. Più che dire che ci vuole una “visione femminile” nello sport direi che ci vuole la visione di quelle donne che hanno vissuto lo sport con passione e competenza».