La Corte Costituzionale, riunitasi oggi in camera di consiglio, ha giudicato «inammissibile per difetti della motivazione dell’ordinanza di rimessione» la questione sollevata dal Tribunale di Pisa «sulla formazione di un atto di nascita in cui siano riconosciute due madri come genitrici di un bambino nato in Italia ma di nazionalità statunitense, acquisita dalla madre gestazionale. Le due donne risultano sposate in Wisconsin secondo la legge di quello Stato, che consente il matrimonio fra persone dello stesso sesso e le riconosce come genitrici in caso di figli».
A renderlo noto l’Ufficio Stampa della Consulta in un comunicato in cui si sottolinea che «il Tribunale ha riferito il proprio dubbio di costituzionalità a una norma interna che avrebbe impedito l’applicazione della legge straniera, rilevante nel caso concreto in ragione della nazionalità del minore, ma non ha individuato con chiarezza la disposizione contestata, né ha dato adeguato conto della sua affermata natura di ‘norma di applicazione necessaria’». Come notificato nel comunicato, la sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.
«Le sentenze – ha dichiarato Alexander Schuster, legale delle due mamme pisane – vanno commentate avendole davanti». Ma, come subito rilevato dallo stesso avvocato trentino, «la sentenza d’inammissibilità pare di fatto smentire la tesi del Tribunale di Pisa per cui vi sarebbe un ostacolo a formare un atto di nascita con due madri in Italia, consentendo così finalmente al bambino, oramai prossimo ai quattro anni, di avere due madri anche sulla carta.
È una sentenza, quindi, che speriamo di poter accogliere favorevolmente. Infatti, è noto che nessuna disposizione in Italia vieta di formare un atto di nascita con due madri nel caso di figlio nato da fecondazione assistita. Le regole per stabilire chi è genitore in caso di p.m.a., infatti, sono diverse da quelle di una procreazione tramite rapporto sessuale, situazione nella quale è del tutto ovvio che non vi potrà che essere un padre ed una madre. Diverse le regole, in Italia come all’estero, quando di un rapporto sessuale non c’è stata nemmeno l’ombra. Il minore, disse già la Corte costituzionale nel 1998, deve essere tutelato rispetto all’adulto che con le proprie azioni ne ha determinato la nascita. È il principio del consenso.
In assenza di divieto espresso, il Tribunale di Pisa ha cercato di evincere comunque il principio che un atto di nascita non possa che menzionare un padre e una madre. Affermò di averlo trovato nelle norme del Codice civile e in altre norme secondarie che parlano solo di madre e padre. La Corte, nel preannunciare che il tribunale, nonostante gli sforzi, “non ha individuato con chiarezza la disposizione contestata”, indicherebbe in realtà che un tale principio non può certo essere rinvenuto nelle norme del Codice civile che parlano di padre-madre».
Conseguentemente, ritiene Schuster, «se non si riviene un principio lì, nel Codice civile, non lo si può rinvenire, come è stato sostenuto in udienza, in nessun altro luogo dell’ordinamento giuridico. Se la Corte afferma di non cogliere dove starebbe un tale principio, è ovvio che esso non può costituire nemmeno un ostacolo, ostacolo che il Tribunale pisano aveva qualificato come «norma di applicazione necessaria».
Ulteriori e definitivi commenti potranno essere dati a sentenza depositata. Per questo motivo, conclude il noto avvocato, «auspico che tale sentenza faccia comunque chiarezza sulla validità dei tanti atti di nascita formati in innumerevoli comuni con due madri italiane. I bambini sono tutelati dando loro due genitori. Nelle famiglie arcobaleno il secondo genitore è la co-madre, non certo un donatore anonimo di sperma. È tempo di dirlo chiaramente e di dare tutela certa a questi bambini».