21 anni fa nasceva a Roma l’Osservatorio nazionale sull’identità di genere (Onig) su iniziativa di attiviste e attivisti, tra cui Marcella Di Folco, psicologi, chirurghi plastici, urandrologi ed endocrinologi. Fine dell’organizzazione sia la promozione del confronto e del dialogo con tutte le realtà interessate ai temi del transgenderismo sia la garanzia di una parità nell’accesso ai servizi per le persone trans.
Servizi che, relativi alla questione del transito di genere e direttamente correlati alle richieste di adeguamento medico e/o chirurgico dei caratteri sessuali, sono garantiti – con lapalissiane differenze – dal sistema sanitario tanto pubblico quanto privato.
Ora, in quanto parte del servizio pubblico, tutti i centri Onig sottostanno a protocolli e seguono regole richieste. Per tale ragione l’Osservatorio ha redatto, anni addietro, degli Standard sui programmi di adeguamento, che sono da «considerarsi raccomandazioni minime indispensabili».
Considerate però all’interno dello stesso Onig oramai superate anche perché la maggior parte dei clinici opta da tempo per il protocollo internazionale Wpath (World Professional Association for Transgender Health), tali linee guida, come annunciato ieri in un comunicato congiunto dalle vicepresidenti dell’Osservatorio, Porpora Marcasciano e Regina Satariano, saranno di fatto modificate nell’ambito del convegno annuale, che si terrà a Bari il 6 e il 7 dicembre.
Una risposta, dunque, alle critiche tout court che da parte di alcune soggettività trans vengono mosse all’Onig, nel giusto nome della depatologizzazione e autodeterminazione, soprattutto sui canali social. Critiche, delle quali Valentina Coletta, portavoce politica del Mit – Movimento Identità Trans, dava ieri una tale valutazione: «Se vogliamo parlare di opinioni sembra che ci sia un consenso quasi totale nella comunità e tra gli l* attivist* con cui sono in rete su depatologizzazione e tanti altri temi. Il punto è se vogliamo distruggere o costruire. Qui non è una questione di opinioni ma di atteggiamenti e i tuoi come di alcun* altr* sono tutto tranne che costruttivi.
Il protocollo Onig è vecchio e nelle pratica non è utilizzato dalla maggior parte dei clinici che optano per il Wpath. All’interno dell’Onig c’è un grosso dibattito in merito e si stanno orientando in senso contrario ai vecchi protocolli. Un atteggiamento distruttivo non aiuta il dialogo con medici e psicologi. Non aiuta a mantenere un servizio pubblico per la salute trans. Siamo tutt* consapevol* che alcune cose vanno cambiate ma non con la clava».
Poi nella tarda serata di ieri il comunicato congiunto di Porpora Marcasciano e Regina Satariano, che offre fra l’altro uno spaccato storico sulle genesi e l’evoluzione storica dell’Onig senza infingimenti o reticenze su limiti ed errori fatti nel tempo. Eccone il testo:
A proposito di protocolli Onig
A proposito di protocolli Onig e di tutte le polemiche (vere, meno vere o false), che imperversano sui social e nei luoghi associativi. Siccome di confusione a proposito ce n’è molta e autoalimentandosi essa genera mostri, come membri del direttivo Onig (Porpora e Regina) crediamo sia necessario e opportuno fare un po’ di chiarezza o quanto meno ricollocare il discorso in una sua logica di senso. Vista la complessità della questione, crediamo siano necessarie alcune premesse obbligatorie ed essenziali.
L’Onig (Osservatorio Nazionale Identità di Genere) nasce nel 1997 per mettere insieme i vari centri specialistici, all’epoca ancora pochi, nel tentativo di creare un sistema che uniformasse pratiche, servizi e interventi facendoli interagire e riportandoli nella logica dei diritti e del benessere trans che, nello statuto Onig, restano la base e l’obiettivo. Nel periodo, in cui nasce Onig, il nostro Paese era ancora quasi del tutto sprovvisto di riferimenti per le persone trans e, soprattutto, non prevedeva ancora un livello di garanzie come quello che abbiamo oggi.
Tutti i centri Onig fanno parte del servizio sanitario pubblico: motivo per cui essi devono sottostare a protocolli e seguire regole richieste. Del resto, come già succede ed è previsto per ogni tipologia/problematica a esso afferente.
Ci teniamo a sottolineare che esistono delle evidenti differenze tra servizio pubblico e servizio privato: la principale è relativa alla gratuità o prezzo calmierato del servizio pubblico rispetto ai costi, più o meno alti, di quello privato. Dovrebbe essere chiaro a tutte e tutti che garantire le questioni relative al transito di genere nel servizio pubblico (ed esserci riusciti) resta una grande vittoria, perché concretizza il diritto alla salute per tutte/i, garantendone l’accesso ai servizi.
Ciò detto, non ci esimiamo dal rilevare limiti e problemi del sistema sanitario pubblico non solamente per quello riguardante le questioni trans, come spesso emerge da alcune voci. Non c’è mai stata la pretesa di offrire servizi perfetti ma sicuramente perfettibili, una responsabilità questa che noi e i centri Onig avvertiamo come grossa responsabilità. Osservatorio sta a indicare proprio questo: uno sguardo attento non solo alla realta esterna ma, soprattutto, a quella interna affinché siano garantiti standard di qualità. Comunque, al di là di limiti e difetti, restiamo fermamente convinte che quelle storture debbano essere eliminate. Onig è composto da specialisti (medici, psicologi, endocrinologi, avvocati, sociologi e attiviste/i trans), che sono persone culturalmente, politicamente, umanamente a noi vicine e non famigerati dottor Mengele, come spesso vengono dipinti. Questo abbiamo modo di verificarlo nel lavoro comune e, soprattutto, nei rapporti umani che si realizzano.
I protocolli sotto accusa, come succede da sempre, vengono periodicamente rivisti e corretti. Le correzioni definitive avvengono, per statuto, ogni tre anni e, cioè, quando il direttivo viene rinnovato e l’assemblea dei soci si riunisce per deliberare. Quei protocolli, si sappia, difficilmente vengono applicati nell’Onig, poiché essi non piacciono a nessuno. Come associazioni trans non siamo qui a difenderli quanto piuttosto a trasformarli e il lavoro già fatto ne è la dimostrazione: pensiamo piuttosto che essi possano servire come scudo verso le varie committenze istituzionali e aziende Asl addette al controllo di regolamenti interni. L’attuale forma dei suddetti protocolli cambierà a dicembre quando si terrà il prossimo convegno annuale Onig, che sarà a Bari il 6 e 7 Dicembre, dove l’assemblea dei soci voterà le proposte.
Il Mit e il Consultorio Transgenere hanno creato un modello di servizio che in molti ci invidiano. Non è facile, tantomeno scontato, per noi associazioni gestire servizi pubblici con tutte le regole e i limiti che essi impongono. Ma ci abbiamo creduto e continueremo a crederci perché, nel solco scavato dal femminismo che portò la medicina nell’orizzontalità dei Consultori, crediamo, come associazioni, di poter articolare e gestire al meglio la sanità (di questo si tratta) per il benessere delle persone trans.
Veniamo entrambe da un percorso di vita antico e ricordiamo bene i danni prodotti dall’assenza totale di servizi in cui si viveva. Averli conquistati e resi disponibili è stata una grande sfida e, al contempo, una grande vittoria. Vista la regressiva realtà politica italiana, distruggere tali servizi (e lo si fa anche con la critica fine a se stessa) pone a tutti, nessuno escluso, la grandissima responsabilità di azzerare il percorso che, vista la spinta involutiva, potrebbe farci tornare al servizio privato, a cui accederebbero solo pochi privilegiati. Sperando di aver offerto alcune note di chiarimento e approfondimento, disposte sempre al confronto costruttivo, Porpora Marcasciano (Mit) e Regina Satariano (Consultorio Transgenere).