Fino a giovedì 31 ottobre, all’Off/Off Theatre di Roma, saranno in scena due grandi attori, Riccardo Castagnari e Gianni De Feo, nei panni delle immortali dive dello star system hollywoodiano: Bette Davis e Joan Crawford.
Lo spettacolo in prima nazionale, tra i primi della stagione 2019/20 dello spazio di via Giulia, diretto da Silvano Spada e particolarmente attento alla scena Lgbt internazionale, è Che fine hanno fatto Bette Davis e Joan Crawford? di Jean Marboeuf, per la regia di Fabrizio Bancale.
Nella pièce i due interpreti danno voce, corpo e anima all’immaginario rapporto epistolare tra le due dive prima, durante e dopo le riprese del clamoroso film Che fine fa fatto Baby Jane? del 1962.
Per saperne di più su quest’intrigante operazione, contattiamo Gianni De Feo tra una replica e l’altra della messinscena.
Che significato ha, per te, portare in scena due icone come Bette Davis e Joan Crawford?
È ovvio che portare in scena due icone del calibro di Bette Davis e Joan Crawford ci espone a dei rischi da non sottovalutare. Penso però che la creatività di un interprete non debba fermarsi davanti alle pauredi facili identificazioni. Personalmente, cerco di conservare un mio stile teatrale indossando gli abiti del personaggio con la consapevolezza di esserne al servizio ma allo stesso tempo di adattarli al mio gusto. È la cifra personale che ci distingue. La professionalità, il mestiere e il coraggio fanno il resto.
Questo spettacolo, oltre a recuperare le biografie di due grandi star di Hollywood, può anche essere letto come un affresco scenico di un tempo glorioso ormai tramontato?
Apparentemente quello che emerge, almeno nella prima parte dello spettacolo, è il classico meccanismo divistico e crudele tipico tra stars di altri tempi. Ci si accorge tuttavia, man mano che il dialogo si accende, che lo stato emotivo muta fino a trasformarsi in una malinconica sensazione di solitudine. L’odio non nasce mai dai contrasti ma dal dolore. Questo sentimento rende contemporaneo o almeno universale e senza Tempo lo stato d’animo di tutti.
Davis e Crawford sono state due dive. Cosa è oggi il divismo? Esiste ancora? E, se esiste, è simile a quello delle grandi attrici degli anni 50/60 o si manifesta in maniera diversa?
Certamente sì! Esistono ed esisteranno probabilmente sempre atteggiamenti divistici. Ma potranno mai essere paragonati a quelli di una società così lontana dalla nostra epoca? Non scherziamo. Sarebbe anacronistico un netto distacco dalla realtà attuale. No, dive come la Davis e la Crawford oggi rischierebbero il ridicolo. La migliore forma di divismo oggi? Meglio alleggerire le maschere e aprire gli occhi alla realtà che ci circonda.
Qual è l’aspetto caratteriale che ti piace di più e quello che ti piace di meno della Davis, cioè la diva che porti scena?
Interpretare questo ruolo è stata una delle mie più forti esperienze teatrali. Sembrerebbe strano, ma posso affermare con certezza di aver avuto un impatto quasi traumatico con questo personaggio. Inizialmente ruvido, sfacciato, sboccato, senza peli sulla lingua, estroverso ed estroso. Ma ne ho subito apprezzato il coraggio di essere se stessi, fino in fondo. La determinazione nel saper rischiare. L’assenza totale di ipocrisia. Bette urla a chi vuole cercare di moderarne il temperamento. Bisogna avere il coraggio di farsi detestare! Forse quello che amo di meno in lei è l’estremo egoismo. Ma anche questo in fondo cela una profonda fragilità. Tutto è effimero, e questo la Davis lo sa bene. Diventiamo leggende, poi inevitabilmente arriva l’oblio.