Approfittando della crescente apertura della magistratura cinese alle questioni Lgbti, una donna trans ha fatto causa al suo ex datore di lavoro per discriminazione.
Subito dopo essersi sottoposta all’estero a un intervento di riattribuzione chirurgica del sesso nel corso dell’anno, la 30enne, di cui si conosce lo pseudonimo Mrs. Ma, era stata licenziata dalla compagnia, presso cui lavorava, con la motivazione ufficiale di ripetuti ritardi. Col ricorso, presentato sulla base dell’interpretazione di una recente sentenza della Suprema Corte Popolare circa la parità di diritti sul lavoro, è adesso la prima persona cinese, appartenente alla comunità Lgbti, ad aver fatto un passo del genere.
Lo scorso anno la più alta Corte del Paese aveva stabilito che “le controversie relative alla parità dei diritti sul lavoro” sono da considerarsi motivo di ricorso in tribunale.
Il processo si è tenuto la scorsa settimana ad Hangzhou con Mrs. Ma che ha chiesto pubbliche spese e danni simbolici. Il verdetto è atteso per i prossimi mesi: in caso di vittoria ciò faciliterebbe i procedimenti avviati da esponenti delle minoranze Lgbti, che si considerano discriminate. Il caso ha suscitato e continua a suscitare grande interesse in Cina tanto sui media nazionali quanto sui social.
Il numero delle persone transgender nell’immensa Repubblica popolare non è noto, anche perché la pressione sociale ne ha spinto tante al nascondimento. Secondo un sondaggio condotto dal Centro Lgbt di Pechino nel 2017, il tasso di disoccupazione tra le persone transgender è tre volte superiore alla media nazionale. Molte di esse sono state vittime di abusi fisici e psicologici da parte di genitori o colleghi.
Negli ultimi anni, però, è cresciuto il senso di militanza delle persone transgender e il loro impegno attivistico per l’abbattimento delle numerose discriminazioni verso la collettività Lgbti.