È iniziato ieri a Lagos, davanti all’Alta Corte Federale, il processo a 47 uomini accusati di sodomia. Crimine, che nella Repubblica federale della Nigeria è punito fino a 14 anni di carcere, mentre nei 12 Stati del Nord a maggioranza musulmana, dove vige la shari’a, con la morte per lapidazione per gli uomini musulmani coniugati o divorziati.
Gli imputati, che si sono dichiarati non colpevoli, sono stati arrestati, lo scorso anno, in un hotel a Lagos durante un raid della polizia. Sono accusati, secondo la polizia nigeriana, di aver partecipato a una «serata di iniziazione gay», in particolare «di aver commesso atti omosessuali e di aver incoraggiato gli uomini a incontrarsi per perpetrare atti contro natura».
Come spiegato all’Agence France Press dal loro legale, Me Chizelu Emejulu, «essi stavano partecipando a una festa di compleanno. Alcuni erano nella discoteca dell’hotel mentre altri si rilassavano nelle stanze quando furono arrestati. C’erano uomini e donne, ma la polizia ha lasciato andare le donne e ha trattenuto gli uomini in detenzione. La nostra linea di difesa è molto semplice: non stavano facendo nulla di illegale».
L’avvocato ha inoltre rilevato come la polizia nigeriana sia stata incapace di produrre il testimone, che doveva appoggiare l’accusa all’apertura del processo. Motivo per cui si è dovuta aggiornare l’udienza al 4 febbraio.
Oltre alle pene previste per i rapporti tra persone dello stesso sesso, in Nigeria, che è un Paese a maggioranza cristiana (di cui il 71,1% è protestante) sia pur per uno scarto minimo (49,3% di contro al 48,8% della popolazione che aderisce all’Islam sunnita), vige dal 13 gennaio 2014 una legge che proibisce non solo il matrimonio ma anche la «convivenza tra persone dello stesso sesso». Essa prevede, inoltre, una pena da 10 a 14 anni di carcere per ogni manifestazione pubblica di «relazioni romantiche tra persone dello stesso sesso».