Il 27 dicembre si è celebrata a Catania, presso la Sala dei matrimoni del Palazzo dei Minoriti, gremita di oltre 150 invitati, l’unione civile tra gli attori Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi.
Conosciutisi giovanissimi alla scuola del Teatro Stabile di Catania, Giuseppe e Massimo stanno insieme da 18 anni e da sette convivono. Ieri sono giunti a questo passo con maturità e consapevolezza dopo aver superato i pregiudizi, anche delle rispettive famiglie, poi col tempo dissoltisi.
La loro, però, non è soltanto una liaison sentimentale di lunga durata ma anche un legame professionale che li ha resi indiscutibili animatori e promotori della scena culturale e artistica siciliana. Dieci anni fa, infatti, hanno dato vita alla compagnia teatrale Buio in Sala, che li vede da allora uniti nella vita e sulle scene con decine di spettacoli, spesso rappresentati nelle scuole.
La passione per l’educazione e l’amore per il teatro, il musical e la recitazione li ha portati anche a trasformare questa esperienza nella più importante scuola attoriale cittadina, con oltre 200 allieve e allievi. Scuola, «che – ha detto Massimo ringraziandoli duarante le promesse – in tutte le circostanze dimostrano di essere quei figli che non abbiamo avuto, regalandoci attimi di orgoglio e di disperata apprensione».
Tanti, d’altra parte, gli attori e le attrici della scena siciliana e nazionale presenti all’unione civile. Tra gli altri Gula Jelo, Margherita Mignemi, Luigi Tabita e la “governante di Montalbano”, Ketty Governali.
Particolarmente significative le parole con cui Giuseppe ha spiegato pubblicamente che cosa l’abbia portato a unirsi civilmente dopo tanti anni: «Perché? Questa è la domanda breve, diretta, che alcune persone mi hanno rivolto quando ho detto che mi sarei sposato. Perché? Questa è la domanda che io stesso mi sono fatto un centinaio di volte. E poi si continuava con: È proprio necessario? Ma non ti basta così come siete? Ne senti prorprio il bisogno? È stato davvero difficile trovare risposte risolutive che non cominciassero con una esitazione e anche un po’ di imbarazzo. Beh io…, Ecco noi…, In effetti…
Ma oggi provo a dare una risposta: uno per il passato, due per il futuro, tre per il presente. Uno, per il passato, per la memoria di tutti quelli che hanno vissuto e sono morti senza avere il privilegio della libertà di essere come si vuole, di amare chi si vuole. Come se dovesse essere una concessione. Per riscattare quel triste passato oggi per me è necessario sposarmi. Due, per il futuro, per quella parte di mondo in cui si è ancora emarginati, torturati e uccisi solo perché si vuole amare liberamente, e anche per quella parte del nostro mondo dove ancora le persone dello stesso sesso che scelgono di stare insieme non si sentono a loro agio per il peso dell’imbarazzo e della paura, degli altri. Per loro e per il futuro dei nostri fratelli, amici, nipoti, oggi per me è necessario sposarmi. Per il presente, per il mio presente, per me, perché quest’anno sono ben 18 anni che vivo con una persona, un uomo con cui condivido praticamente tutto, la casa, il lavoro, la macchina, il letto, la vita».
Parole che gettano luce sulla necessità di riaffermare il senso civile e rivendicativo di quella che sarebbe altrimenti la semplice scelta privata di due persone che si amano e decidono di garantire così il proprio rapporto. A dimostrarlo, in generale, il basso numero di coming out che si registrano in Italia anche nel privilegiato mondo dello spettacolo rispetto ad altri Paesi.
E allora, ribaltando il nome della loro compagnia, che sia luce in sala, perché la visibilità, quella che ha guidato da sempre le scelte e la vita privata e professionale di Giuseppe e Massimo, è ancora oggi il più potente motore di cambiamento della società che abbiamo. Non scordiamocelo mai.