È isteria in Indonesia dopo l’ennesima condanna all’ergastolo dello stupratore seriale Reynhard Sinaga. La notizia del 36enne studente universitario fuori corso, nativo di Depok e residente nel Regno Unito, che ha abusato a Manchester, dal 2015 al 2017, di almeno 190 uomini, è rimbalzata su tutti i media del popoloso Paese del Sud-est asiatico. Provocando sdegno in un Paese dove i rapporti tra persone dello stesso sesso, pur essendo legali – a eccezione della provincia di Aceh e delle città di Pariaman e di Palembang (ma, in quest’ultimo caso, solo per i cittadini musulmani), dove vige la shari’a –, sono considerati un tabù ma anche reazioni verso la comunità Lgbti.
In particolare, a Depok, città natale di Sinaga sull’isola di Giava, il sindaco Mohammad Idris è arrivato a ordinare, il 10 gennaio, incursioni a sorpresa nelle abitazioni di persone Lgbt+ , per «prevenire la diffusione di tali comportamenti. L’aumento degli sforzi di prevenzione è quello di rafforzare la resilienza delle famiglie e in particolare di proteggere i bambini».
Nell’affermare che i comportamenti delle persone Lgbt+ sono condannati in Indonesia sia dalla società sia dagli insegnamenti religiosi (si tratta del più popoloso Paese nel mondo a maggioranza musulmana), il sindaco ha specificato di aver ordinato i raid in modo che fatti, come quelli commessi da Sinaga, «non accadano nella città di Depok». Ha inoltre dichiarato che sarebbe stato istituito un centro di riabilitazione per assistere le vittime della violenza delle persone Lgbt+.
Ma ieri è arrivata la condanna da parte della Commissione nazionale per i diritti umani, che ha messo in guardia contro il rischio di atteggiamenti persecutori verso le persone Lgbt+.