Aggredita, ingiuriata e picchiata a calci e pugni per il solo fatto di essere lesbica. È accaduto il 15 gennaio a Potenza, tra le 23.30 e le 24.00, all’altezza della stazione di servizio situata nei pressi dell’Istituto Principe di Piemonte. A esserne vittima la 31enne Giulia Ventura, che così ne ha raccontato i particolari drammatici sul proprio profilo Facebook:
«Ero indecisa sul rendere pubblico o meno ciò che mi è accaduto, ma ho deciso di farlo perché non si ripeta mai più una cosa simile.
Era mercoledì sera, cammino a piedi, in questa meravigliosa città di Potenza, con le mie cuffiette blu nelle orecchie, sento qualcuno blaterare verso di me, non capendo cosa stesse accadendo, mi tolgo le cuffiette e vedo due ragazzini che, attraversando la strada e si mettono di fronte a me, intralciandomi il passaggio. Chiedo loro che problemi avessero e dopo due spintoni che mi hanno atterrata, ancora cosciente sento una frase: “Le persone come te devono morire, vuoi fare il maschio? E mo ti faccio vede come abbuscano i maschi“.
Non ho il tempo di rispondere che il primo pugno mi rompe il labbro, il secondo il naso, il terzo l’occhio. Mi alzo e cerco di difendermi con una testata che credo abbia rotto il naso al mio ammiratore, ma poi cado. Sento due calci, uno sulla costola e uno sulla spalla. Svengo.
Mi riprendo dopo qualche minuto in una pozza di sangue, metto la sciarpa in bocca, per via del troppo sangue che perdevo e vado a casa. Per non spaventare mia madre decido di andare in garage per sciacquarmi il viso, tumefatto. Alla mia vista davanti lo specchio, svengo nuovamente. Prendo le forze in mano e torno a casa, mi infilo nel letto con forti dolori ovunque. L’indomani il naso non cessava di perder sangue e decido di andare in ospedale, la denuncia parte d’ufficio.
Ora. Dopo tutto questo, ditemi, il mio orientamento sessuale è affare di politica? Sono forse una sovversiva che merita di essere ridotta così da due piccoli teppisti di probabile inclinazione fascista? Credevo di aver superato quella fase, quando già nel 2009 venivo aggredita in villa, ma mi sbagliavo.
Passa il tempo, ma non passano le schifezze dovute ad un’ignorante ineducazione. Sarà colpa dei ragazzini, si, ma anche i genitori dovrebbero pensare ad andare a cogliere broccoli e non a fare figli, se questi sono i risultati. Ciò che avete fatto a me non deve mai più essere fatto ad essere umano».
Dura condanna dell’accaduto e solidarietà alla vittima sono state espresse dal deputato del Pd Alessandro Zan, relatore della legge contro l’omotransfobia alla Camera, che non ha mancato di muovere un j’accuse al sindaco leghista di Potenza Mario Guarente per aver minimizzato e ridotto l’aggressione lesbofobica a fatto isolato.
«Il sindaco leghista di Potenza – così il parlamentare del Pd – invece di limitarsi a condannare una terribile aggressione nei confronti di una ragazza lesbica, ha dovuto precisare che si tratta di un fatto isolato. Forse che il sindaco ritiene che alcune aggressioni abbiamo meno importanza di altre? È evidente inoltre che non conosce la realtà intorno a sè o, peggio, non la vuole vedere.
L’escalation di violenza nei confronti delle persone Lgbt+ registrata negli ultimi tempi è innegabile. Chi parla di fatti isolati non è informato o è in malafede. Mi auguro che questi crimini aprano gli occhi di tutto il Parlamento sulla necessità di approvare subito la legge contro l’omotransfobia».
Sulla vicenda si è espresso oggi in mattinata anche il senatore Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, che in un post, pubblicato sulla pagina ufficiale della neo-formazione partitica renziana, ha fra l’altro dichiarato: « È vergognoso che in Italia, nel 2020, si debba assistere ancora ad episodi di violenza omofoba, vergognoso e inaccettabile. Non è più rinviabile l’approvazione di una legge nazionale che condanni con fermezza ogni forma di omofobia, bifobia e transfobia, proprio come quelle che Lega e FdI vorrebbero abrogare in Emilia Romagna e in Umbria dove sono già da tempo in vigore.
Il livello di civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di tutelare i diritti dei soggetti più fragili e di contrastare ogni forma di discriminazione. Su questo terreno qualcuno vorrebbe portarci indietro, ma il nostro dovere è puntare avanti, ad una società finalmente fondata sul rispetto e sulla solidarietà».
E di necessario impegno comune nel contastare le violenze da orientamento sessuale identità di genere ha parlato avvocata Morena Rapolla, presidente di Arcigay Basilicata, che ha anche espresso l’affettuosa vicinanza del comitato a Giulia: «Il lavoro di contrasto all’omotransfobia non può più ricadere unicamente sul lavoro volontario e gratuito dell’associazionismo locale: dopo quanto accaduto non si può più tappare il sole con un dito, occorre che anche le Istituzioni locali assumano un impegno reale e fattivo per superare le semplici dichiarazioni d’intenti che, per quanto positive, non trovano poi riscontro nella realtà con azioni vere e proprie, come campagne di contrasto al bullismo ed educazione socio-affettiva nelle scuole. Non si può pensare di sconfiggere i “mostri” che l’ignoranza e l’odio generano, se non si fa nulla per rendere più inclusivo il nostro tessuto sociale e culturale, ed in questo gli agenti socio-educativi come la scuola e le famiglie giocano un ruolo dirimente.
Agli autori dell’aggressione ai danni di Giulia, mi sento di dire che sono dei vigliacchi e dei delinquenti. Sono fiduciosa nelle indagini delle Forze dell’Ordine, ma voglio lanciare un appello a chi ha visto o sentito qualcosa quella sera ed ai genitori dei colpevoli, laddove si tratti di ragazzi minorenni: se avete in qualche modo, il sentore o la certezza che vostro figlio centri con quanto accaduto, fate un passo avanti, perchè vostro figlio ha bisogno di aiuto, è troppo grave pensare di poter colpire alla cieca; tanto odio svela un disordine emozionale e comportamentale grave che non può essere sottovalutato.”
Anche in Basilicata serve con urgenza una legge regionale contro l’omotransfobia, perché fenomeni come questi fanno male a Tutti i cittadini e le cittadine per bene, e la mia città ne è piena.
Giulia può contare sull’appoggio costante ed incondizionato di Arcigay Basilicata: continueremo a seguire questa brutta storia e continueremo a lavorare affinché la quotidianità dei nostri affetti non risulti più oggetto di scherno, vessazione, e violenza perchè nessuno si salva da solo».