Piange il citofono. Forse la battuta più bella sulle elezioni in Emilia-Romagna, dove non solo la Lega è stata fermata e non solo Bologna, sede storica della collettività Lgbti, ha contribuito per due terzi alla vittoria di Bonaccini. Ma dove si conferma per noi il dato importante dell’elezione o rielezione di candidati e candidate friendly, che ci hanno aiutato nell’approvazione della legge regionale contro le discriminazioni, e di nuove/i elette/i amiche e amici da sempre del nostro movimento.
Con quello che è successo a Bologna e in Emilia spero si chiuda per sempre la diatriba a sinistra (cosa ne pensano a destra poco importa) sui provvedimenti a favore della collettività Lgbti, che farebbero perdere voti quando invece è vero esattamente il contrario, come anche dichiarato in mattinata da Virginio Merola.
E proprio per questo è bene fare subito il massimo sforzo per rilanciare la battaglia in quelle sei regioni che andranno al voto in maggio a partire dalla Puglia. Si può quindi dire che alla sconfitta della destra fascio-leghista abbiano anche contribuito militanti Lgbt.
D’altra parte l’aggressione ai nostri diritti è stata diretta e senza remore: la promessa di cancellare la legge nel caso avesse vinto lo schieramento salviniano, lo stesso programma di Lucia Borgonzoni che parlava di “sostituzione” della nostra legge con una generica contro tutte le discriminazioni ovvero contro nessuna, la vergognosa campagna su Bibbiano, dove si è tirato in ballo persino una coppia lesbica per l’affidamento temporaneo. Per non parlare, poi, di un presunto complotto Lgbti nei servizi sociali.
Una campagna sporca, molto sporca, con una destra spregiudicata, disposta a dire balle sesquipedali a scopi propagandistici. A inventarsi azioni come quella delle molestie al citofono del trucido Salvini a un 17enne incensurato del Pilastro, un bel quartiere bolognese, che fa fatica a liberarsi della storica immagine negativa.
A Bibbiano e al Pilastro il centrosinistra stravince, facendo risaltare la sconfitta della destra fascio-leghista, che finalmente interrompe quella specie di invincibilità elettorale a cui purtroppo qualcuno si stava abituando con rassegnazione. Qui vince la sinistra dei diritti e delle libertà, che ha avuto il coraggio, con le Sardine, di riprendersi le piazze e riportare le persone al voto (il dato finale è sopra il 70%).
Con Vincenzo Branà e Cathy La Torre avevamo lanciato, qualche settimana fa, un appello per il voto a sinistra chiedendo di premiare coloro che avevano condotto la battaglia per la legge regionale. Poi ci si era sparsi in tuta la regione per sostenerli. E, alla fine, infatti, sono stati rieletti mentre, come dicevo, sono entrati in Consiglio regionale nuove leve e amici, amiche di sempre, con cui sarà più agevole lavorare, fin da subito, per la realizzazione del dettato legislativo contro l’omotrasfobia.
Sì perché questa regione, ma pochi se lo ricordano, fu la prima a usare il termine “famiglie” in una delibera sul welfare nei lontani anni ’80, provocando un sit-in di Comunione e Liberazione, capeggiato dall’allora giovane e non ancora indagato Formigoni. E fu la prima a riconoscere la possibilità alle coppie omosessuali conviventi in stato di bisogno ad entrare nelle graduatorie delle Case popolari, al punto che nel 1992 ci fu un dibattito sulle “case ai gay” che tenne banco sulla stampa nazionale e in tv per diverse settimane. È ancora reperibile su YouTube uno spezzone di trasmissione, dove il comitato centrale dell’Msi mi urla: Frocio, frocio.
Ma l’Emilia-Romagna ha molti altri primati: prima per qualità della sanità, per tasso di sviluppo, per i livelli di esportazione, per ricerca tecnologica scientifica, per benessere e qualità della vita, per occupazione, soprattutto quella femminile. Non a caso i fascio-leghisti hanno fatto di tutto per trasformare un’elezione regionale in questione nazionale, evitando accuratamente di parlare del buon governo emiliano-romagnolo e cercando di sovrapporre regione a paese, con la promessa addirittura, in caso di vittoria, di “citofonare” a Conte per sloggiarlo da Palazzo Chigi.
La posta in gioco era diventata la sopravvivenza stessa della legislatura: la spallata in Emilia-Romagna doveva portarci dritto dritto alle elezioni politiche e garantire il trionfo del fascio-leghismo, della politica urlata, ridotta a meri slogan razzisti, all’uso spregiudicato di fake news, alla rilegittimazione dell’estrema destra nazifascista.
Sarà un caso, eppure la notizia della vittoria del centrosinistra arriva allo scoccare della mezzanotte del 27 gennaio, giorno della memoria, quando nel 1945 i militari dell’Armata rossa entrano nel campo di sterminio di Auschwitz. Mi piace poter dire che con la sconfitta di Salvini c’è anche la sconfitta delle mummie fasciste che hanno tentato di rialzare la testa. (En passant: a Bologna, mercoledì 29 (ore 19:00), presso la Libreria Igor con Giovanni Dall’Orto presenteremo la nuova edizione de I triangoli rosa).
L’Emilia Romagna ha salvato l’Italia? Forse sì, di sicuro ci ha ridato speranza e ha dimostrato che una sinistra intelligente, che sa parlare a tutti e tutte, può essere vincente e che il nostro destino non è quello di rivedere i fascisti al potere sotto forma di populismo. Ma soprattutto queste elezioni dimostrano che la collettività Lgbti può avere un ruolo e un peso anche elettorali, se è capace di fare le scelte giuste. E in Emilia-Romagna ne siamo stati capaci.