A poco meno di due mesi dall’edizione torinese di Lesbicx (6-8 dicembre 2019) appare in tutta chiarezza l’enorme potenzialità e valore di un progetto, che inizia a progressivamente concretarsi nella tessitura di una rete nazionale. Un iter, che richiederà tempo, impegno, riflessione, ma che, in ogni caso, non porterà alla costituzione di un’associazione nel senso canonico del termine.
Sarà invece, come recita il comunicato finale, una realtà «leggera e solida», basata su «rapporti di fiducia» tali da rendere possibile, quando necessario, che ogni Lesbicx «possa prendere pubblica parola».
L’edificazione, dunque, di una casa comune, fondata non sulla sabbia di slogan vaniloquenti ma sulla roccia della volontà di una soggettività lesbica autorevole, che prima ancora di parlare alle altre interroga sé stessa e interroga la complessità del presente nella ferma volontà di assumere in sé tutte le soggettività considerate fino a ieri marginali.
Aspetti tutti che, presenti in nuce sin dall’edizione bolognese, hanno trovato una maggiore esplicitazione a Torino soprattutto nel tavolo politico e in quello dedicato agli Sconfinamenti.
Dal primo, come evidenziato nello specifico report, è emersa la necessità «di ascolto, di costruire o ricostruire una fiducia tra noi; necessario lavorare sulla comunicazione, sia interna che esterna; fare percorsi di autoformazione rispetto ai temi emersi dai panel e sul linguaggio. Lesbicx 2 è la conferma di Lesbicx 1, di quello che ci ha portato a questo percorso: la voglia di ritrovarci ancora e di continuare a lavorare insieme per diventare una rete leggera ma solida in grado di rappresentare il mondo lesbico intersezionale e plurivoco».
Non si sono taciute le criticità a partire dall’«organizzazione e metodo di lavoro, ancora da delineare. Nessuna vuole costruire strutture pesanti o apparati. Da qui, è stata condivisa una certezza: nessuna vuole che Lesbicx diventi un’associazione, c’è chiarezza su cosa non vogliamo essere». Sul dal farsi, invece, in un prossimo futuro, l’edizione di «Lesbicx 3, possibilmente nel Sud», la messa in cantiere della 1° «Dyke March nazionale a Roma, il giorno antecedente il Pride romano» e la «proposta di presentarci alla prossima assemblea nazionale di Non Una di meno, chiedendo loro uno spazio per parlare della nascita e dell’esperienza di Lesbicx».
Numerosi i punti di riflessione emersi nel tavolo Sconfinamenti, soprattutto «l’importanza di un intervento culturale sulla questione binaria per non intraprendere per forza un percorso di transizione e la questione neuroqueer, ossia l’incrocio incarnato tra neurodiversità e persone queer». Oltre a trattare della «figura dell’assistente sessuale» in «risposta a un bisogno condiviso di rapporti sessuali ed affettivi», sono stati affrontati i temi cruciali dei «linguaggi diversi, dell’uso eccessivo di termini anglosassoni per definirci e di ageismo. Sull’identità di genere si è osservato che la distinzione tra cis e trans può essere insoddisfacente, un dispositivo da decostruire. Il gruppo ha usato il femminile inclusivo anche per chi si identifica al maschile o in modo non binario».
Una ricchezza straordinaria di idee e tentativi di risposta, dunque, quella messa in campo da Lesbicx2 grazie, soprattutto, al lavoro sinergico – pur nella differenza delle peculiarità specifiche di ognuna – delle quattro organizzatrici Carla Catena, Paola Guazzo, Elisa Manici e Roberta Padovano.
Giustamente un superbo Enrico Gullo ha potuto scrivere sul numero 51 de La Falla: «Nei tavoli si rielaborano ancora i temi discussi, in ascolto e in cospirazione. Tenersi insieme, continuare: altro che non aver famiglia, i soggetti queer costruiscono relazioni e s/famiglie continuamente, tessono – quando non sono impegnat_ a litigare per l’egemonia sulle briciole – le trame di un altro mondo possibile.
Non è più tempo di tentativi maldestri di ripensamento di sé a partire da barricate su una specifica pratica – molto poco lesbica – come la gestazione per altri, ma di marciare compatte al fianco e in confronto col movimento Lgbtqia+ e con quello femminista, tenendo in mente il quadro globale dell’egemonia delle estreme destre. “Non dividiamo la classe, cazzo!”, si impone dal tavolo ZTL. Questa riemersione imprevista sarà all’altezza della sfida?».