Tra le innumerevoli persone, che hanno seguito Sanremo 2020 e si sono appassionate a commentarlo sui social, non è stato da meno il senatore leghista Simone Pillon. La cui valutazione è stata interamente condotta, come prevedibile, sugli “aspetti Lgbt+friendly” del tradizionale festival della canzone italiana.
Non poteva d’altra parte essere altrimenti per il braccio destro di Massimo Gandolfini, che con l’inseparabile papillon e il sembiante a metà tra Tomás de Torquemada ed Enzo Miccio, si è imposto all’attenzione generale, nella corrente legislatura, per le dichiarazioni ossessive sulle persone Lgbti.
«Dunque ricapitoliamo – così nel post pubblicato ieri sulla sua pagina Fb –: Benigni ci spiega che un libro della Bibbia esalterebbe (a suo dire) l’amore omoerotico; Fiorello si dà una pomiciatina con Tiziano Ferro per fare la pace dopo il litigio (devo ricordarmi di non litigare mai con nessuno dei due), Lauro si presenta in nude look e nel gran finale si dà una pomiciata col suo barbuto chitarrista… Dimenticato niente?
Dopo questa indigestione arcobaleno, per l’anno prossimo dovremo introdurre al festival le quote azzurro-rosa, così, tanto per evitare discriminazioni».
Immediata la reazione della rete tra ironia e divertite bacchettature. Anche perché, come più di una persona ha ricordato al senatore leghista, Boss Doms, presentato come «barbuto chitarrista» di Achille Lauro, «non ha un pelo in faccia».