Cresce in tutta Europa la mobilitazione per il 27enne egiziano Patrick George Zaki, studente del master Gemma (Studi di Genere e delle Donne) presso l’Università di Bologna e attivista per i diritti umani e delle persone Lgbti, arrestato il 7 febbraio all’aeroporto de Il Cairo e detenuto a Mansura.
Sabato si svolgeranno due manifestazioni: una a Berlino a Hermannplatz, l’altra a Milano davanti al Consolato egiziano. L’altro ieri studenti e docenti hanno protestato a Granada contro la detenzione e le torture subite da Patrick davanti alla sede dell’ateneo che coordina, a livello europeo, il master Gemma.
Si è tenuta, invece, ieri sera una nuova manifestazione in piazza del Nettuno a Bologna, che, organizzata da Amnesty International, tiene dietro a quella che ha avuto luogo domenica 9. E, intanto, è stata annunciata per la settimana prossima – ma con data da fissare – un corteo organizzato dal Consiglio studentesco dell’Alma Mater Studiorum, cui parteciperanno anche il rettore Francesco Ubertini e il sindaco Virginio Merola con gonfalone comunale.
Il caso Zaki è stato inoltre affrontato oggi nell’intervento che, a fine seduta a Montecitorio, ha tenuto Andrea De Maria, deputato del Pd e membro dell’Ufficio di presidenza della Camera. Il parlamentare, che ha ricordato come da parte del gruppo del Partito Democratico sia stata presentata un’interrogazione parlamentare, ha dichiarato: «Un cittadino torturato e privato della libertà per le sue idee e forse per le sue scelte di vita. Chiediamo al governo italiano il massimo impegno per la libertà e l’incolumità di Zaki. Per promuovere e difendere i diritti umani, coerentemente ai principi della nostra Carta Costituzionale».
Ha quindi concluso: «L’Egitto è un grande Paese, ha storiche relazioni con l’Italia, ha un ruolo molto importante nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Per questo, dobbiamo sapere che solo se vi si affermeranno stato di diritto e rispetto dei diritti umani, si garantiranno davvero pace e stabilità».
La detenzione di Patrick e la richiesta di rilascio immediato sono state oggetto diretto del precedente question time, nel corso del quale il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha risposto all’interrogazione presentata, l’11 febbraio, da Gennaro Migliore (Iv) e cofirmata dagli omologhi di partito Massimo Ungaro, Silvia Fregolent e Camillo D’Alessandro.
Sulla base degli elementi forniti dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, impossibilitato a partecipare, D’Incà ha dichiarato che il Governo dell’Italia, attraverso l’ambasciata al Cairo, segue con «la massima attenzione il caso». Il ministro ha quindi aggiunto: «La scomparsa e detenzione di Zaki hanno suscitato in tutti noi grande emozione, evocando, con una serie di prime analogie, la dolorosa e tragica vicenda di Giulio Regeni. La nostra ambasciata ha provveduto immediatamente a sollevare la questione Zaki con il gruppo di coordinamento informale delle ambasciate occidentali dedicato ai diritti umani, richiamando l’attenzione dei Paesi partner sul caso e sull’importanza e l’urgenza di una azione su più livelli.
Abbiamo inoltre chiesto di inserire il caso di Zaki all’interno del meccanismo di monitoraggio processuale coordinato dalla delegazione dell’Unione Europea, che consentirà ai nostri funzionari (e a quelli delle ambasciate Ue) di presenziare alle udienze pubbliche, seguire l’evoluzione del processo e fornire una garanzia terza rispetto all’iter legale».
D’Incà ha infine dichiarato: «Secondo quanto dichiarato alla nostra ambasciata, ieri, dall’Ong Egyptian Initiative for Personal Rights, che sta seguendo la vicenda di Zaki con i suoi legali, egli si troverebbe in stato di detenzione presso la stazione di polizia di Mansura e le sue condizioni psicofisiche sarebbero in questo momento buone, compatibilmente con la detenzione carceraria.
Il Governo, ribadendo il forte impegno a seguire con la massima attenzione le questioni inerenti la tutela dei diritti umani, continuerà, in questa ottica, a dare priorità al caso Zaki, anche con riferimento alle sue condizioni detentive e all’esigenza di assicurare un iter processuale rapido, in vista di un auspicabile pronto rilascio».
Nella sua replica Gennaro Migliore ha concluso in maniera tranchant: «Io chiedo che il nostro Paese faccia di più, anche relativamente alle sue opzioni diplomatiche, che stia in un tavolo europeo a chiedere che con l’Egitto si faccia finalmente chiarezza sul fatto che non si può essere presi in giro, non si possono violare i diritti umani e non accetteremo più le loro bugie».