Se l’emergenza Covid-19 ha fatto rinviare l’incontro Le donne soggetto del femminismo con Julia Long e Sheila Jeffreys, previsto per il 1° marzo e cocurato da Arcilesbica Milano, lo stesso è avvenuto per la progettazione della 1° assemblea nazionale Lesbicx e per la presentazione torinese del libro Decolonialità e privilegio di Rachele Borghi (Meltemi 2020) a cura di Lesbicx Torino, nonché senz’altro per altri eventi di lesbiche sparsi nella penisola.
Dalle quarantene e dalle limitazioni o autolimitazioni ci sarà forse il tempo per meditazioni individuali e collettive. Quasi certamente, le elaborazioni del pensiero e dei sensi svolte nella laboriosa solitudine degli eremi non porteranno alla soluzione della frattura tra Arcilesbica e il resto del mondo lesbico, che ha dato prova, se non altro, in questi ultimi due anni, di una forte reattività rispetto alle politiche arcilesbiche di negazione totale della gpa e di alleanza con femministe transescludenti (si veda, ad esempio, la lettera, che, pubblicata su Il Manifesto, è stata firmata da un numero elevato di intellettuali e militanti di varia appartenenza e formazione ).
Le plurime realtà, che sono nate dopo la crisi della principale associazione lesbica del nostro paese dagli anni ‘90 al 2018, da Alfi a Lesbiche Bologna a Lesbicx a Differenza Lesbica Roma, hanno in comune un atteggiamento diverso rispetto alle suddette situazioni biopolitiche ma procedono in ordine sparso, senza un’eclatante serenità di rapporti tra loro, per usare un eufemismo. Si veda, ad esempio, il comunicato pubblico di Differenza Lesbica Roma su Lesbicx, dal titolo Contro i nuovi autoritarismi.
In ordine sparso, diffuso e pervasivo le lesbiche entrano dunque nell’#iorestoacasa e alcune lo fanno persino con sollievo, pensando che forse il non dialogo tra persone, tutto sommato concordanti, poteva essere evitato. Sono tra queste.
Partendo da me stessa, come la pratica lesbofemminista ci ha insegnato a fare, scosto la mascherina e mi metto le mani nei capelli.
Ripropongo qui l’idea, mai davvero praticata, che ho da due anni, spero non da sola: non serve omogeneità totale per elaborare un progetto comune sui temi che ci coinvolgono (dalle discriminazioni al lavoro, alle relazioni, alle famiglie, alla cultura). E lavorare a un incontro politico nazionale, appena la spinta implosiva del virus si sarà esaurita, potrebbe segnare un momento importante nella riemersione del nostro movimento. I traumi storici insegnano qualcosa? Forse sì. Tuttavia c’è un’altra cosa che so per certo: la frammentazione è debolezza. Per tutte.