Non si placa la polemica in Brasile per l’annuncio fatto, il 6 marzo, da Rede Globo e Globoplay sulla realizzazione di una fiction dedicata alla vita di Marielle Franco, uccisa il 14 marzo 2018 insieme col suo autista Anderson Pedro Gomes.
Nessuna questione è stata invece sollevata sulla serie documentale in sei episodi Marielle – O Documentário, che, realizzata dal giornalista Caio Cavechini, sarà disponibile su Globoplay (servizio di streaming di Tv Globo) da stasera, vigilia del 2° anniversario dell’omicidio dell’attivista e consigliera comunale di Rio de Janeiro.
Omicidio, di cui, a tutt’oggi, solo due ex agenti di polizia sono stati accusati, mentre il processo non è mai cominciato e il mandante del doppio omicidio non è stato individuato. Diversi indizi conducono al Battaglione Operazioni Speciali di Polizia e collegano uno dei figli del presidente del Brasile, il senatore Flavio Bolsonaro, già sospettato di corruzione, al caso.
A far infuriare l’opinione pubblica, familiari di Marielle Franco ed esponenti del mondo artistico afro-brasiliano la scelta di affidare il progetto della fiction (di cui si ignorano la data d’uscita e il cast) alla sceneggiatrice femminista Antonia Pellegrino, allo sceneggiatore George Moura e al regista José Padilha. Ossia a tre persone bianche in pieno contrasto con quella che è stata la vita di Marielle (donna, nera, lesbica, femminista, nativa del Complexo da Maré [l’enorme favela di Rio de Janeiro comprendente 16 baraccopoli]) e il suo operato da consigliera del Psol volto alla tutela e all’inclusione sociale di tutte le minoranze.
Ma a indignare non è solo il mancato coinvolgimento di persone nere come principali responsabili della produzione ma anche la scelta di Padilha come regista che è politicamente posizionato a destra. Nota la sua serie O Mecanismo, che difende la controversa Operação Lava Jato e l’allora giudice nonché attuale ministro Sérgio Moro.
Ciò ha spinto la regista e sceneggiatrice Renata Martins a lanciare, il 7 marzo, un manifesto di condanna e ripudio della serie tv, giudicata disgustosa, razzista e inopportuna, al quale hanno aderito, a tutt’oggi, 306 intellettuali e componenti dell’universo artistico brasiliano.
«Nel suo ultimo discorso pubblico – ricorda il Manifesto – Marielle ha parlato del municipio di Rio: Prima ti buttano fuori dalla porta, poi si scusano e infine offrono un minuscolo risarcimento, che non ripara nulla. Questo è il modus operandi del suprematismo bianco. Si appropriano come se tutto appartenesse a loro: i nostri corpi, la nostra soggettività, la nostra storia. Tutto ciò è un disastro, è violento e razzista».
Durissima anche Anielle Franco, sorella di Marielle.
Tanto no caso da ficção quanto do doc, fomos procuradas pelas equipes. As ideias já chegaram prontas e aconteceriam independente do nosso aval. Na série ficcional, desde o 1º momento cobramos a necessidade do protagonismo de profissionais negras(os) e permaneceremos insistindo.
+— Anielle Franco (@anielle_franco) March 8, 2020
Mas iremos além: a nossa ideia é nos estruturarmos para que possamos conseguir contar essa história da maneira como achamos que deve ser contada, através do olhar, por exemplo, de diretoras e cineastas negras, faveladas e periféricas do Brasil. +
— Anielle Franco (@anielle_franco) March 8, 2020
A inasprire maggiormente gli animi ci ha pensato Antonia Pellegrino, che, in un’intervista rilasciata domenica 8 a Uol, ha spiegato di aver chiamato Padilha perché vuole che la serie raggiunga il maggior numero di persone possibile. Ha quindi detto di aver anche considerato la scelta di una regista o di un regista nero, per poi aggiungere che in Brasile «non abbiamo uno Spike Lee o Ana DuVernay».
A seguito dell’ondata di proteste sui social Antonia Pellegrino si è poi scusata sul suo profilo Instagram per le parole infelici, domandando «perdono alle persone che si sono sentite offese dalla mia dichiarazione» e riconoscendo che «anche le persone impegnate nella lotta contro il sessismo e il razzismo commettono errori».
A scusarsi sono stati anche i vertici di Globo, assicurando di aver preso atto «delle critiche con il massimo rispetto» e che «la partecipazione di persone nere a un ruolo di primo piano è sempre stata una premessa di questo lavoro».