Una vicenda dalle mille sfaccettature quella di Ruggero Freddi, ricercatore e da poco ex-docente universitario, che ha fatto a lungo discutere dentro e fuori i circuiti Lgbt+. Dopo una carriere da pornoattore gay sotto lo pseudonimo di Carlo Masi, Ruggero ha deciso di dedicarsi alla carriera accademica, forte di 3 lauree e un dottorato con il massimo dei voti.
Come denunciato dallo stesso Freddi, la Sapienza lo avrebbe tuttavia allontanato dopo aver scoperto il suo passato, senza riconoscergli il lavoro già svolto. Intanto, pochi giorni fa, è uscito il nuovo libro di Walter Siti, La natura è innocente. Due vite quasi vere (Rizzoli), che narra due storie particolari, tra cui la sua.
Partiamo dalla fine: cosa è successo esattamente in Sapienza? Quando hai iniziato a collaborare con l’Ateneo il tuo passato era già noto nell’ambiente?
In Sapienza mi è stato chiesto di tenere in codocenza il corso di Analisi 1 per Ingegneria gestionale. Per via dei soliti ritardi, nonostante le mie richieste, abbiamo posticipato la firma del contratto a “quanto prima”. Quella di firmare i contratti a lavoro già iniziato non è certo una novità in Sapienza, quindi non mi sono preoccupato. La mia parte constava di 100 ore da svolgere in circa due mesi, ma dopo avere già svolto 60 ore sono stato sostituito da un altro docente. Ho protestato e chiesto di incontrare la direttrice del dipartimento di afferenza, la professoressa Tiziana Catarci, per avere una spiegazione ufficiale di cosa fosse successo. Purtroppo non solo la professoressa Catarci non mi ha ricevuto ma non sono neanche stato pagato per le ore svolte, nonostante aver protestato a tutti i livelli della scala gerarchica dell’ateneo fino ad arrivare al rettore Eugenio Gaudio.
Il mio passato era ben noto a moltissimi nell’ateneo, anche per via della grande esposizione mediatica che il mio “caso” ha avuto. Nonostante questo non è detto che chiunque, professoressa Catarci compresa, collegassero immediatamente il mio nome al mio passato, anche perché quella era la prima volta che collaboravo con quel dipartimento.
Spesso si pensa che l’omofobia sia solo violenza, ma è anche discriminazione e pregiudizio. È giusto parlare di omofobia nel tuo caso o c’è dell’altro?
Non avendo incontrato la professoressa Catarci non conosco le ragioni della sua decisione quindi non potrei dire se si tratta di omofobia, certo che il fatto stesso di non essere neanche ricevuto dopo una così palese violazione dei miei diritti di lavoratore mi dà da pensare. A questa domanda credo sia corretto rispondere “non ne sono sicuro”, ma il fatto che tutto questo sia successo proprio a me è un buon indizio.
Come è nato Carlo Masi?
Come spesso nascono le cose belle, da un brodo primordiale. Un ragazzo affamato di successo, una condizione perfetta che è venuta a crearsi nella sua vita e un’opportunità che si è presentata nel migliore dei momenti. Per essere più precisi io mi ero appena laureato in ingegneria informatica e avevo un lavoro che non mi soddisfaceva affatto, avevo un profilo su un sito per gay culturisti, mi hanno visto e mi hanno chiesto se volevo provare. All’inizio ho accettato di girare una scena soft ma un contratto di esclusiva mi ha poi convinto ad accettare altre scene, questa volta hard.
Gli studi e la carriera da pornoattore: hai mai avuto problemi a conciliarli?
Sono avvenuti in coordinate spazio temporali molto distanti tra loro. Tanto il porno quanto lo studio soddisfano due bisogni essenziali della mia personalità. Il porno per me rappresentava la notorietà e lo studio curava la mia fame di conoscenza. Ma entrambi sono stati fondamentali per accrescere la mia autostima e per riscattarmi dalla mia infanzia negata.
Cosa è mancato nella tua infanzia?
Crescendo e addomesticandomi, quel tanto che la mia natura mi permette, ho imparato a dire che la mia famiglia era modesta ma la verità è che era povera e completamente sfaldata. I miei genitori hanno divorziato quando avevo tre anni: mio padre beveva (ha smesso di bere circa 15 anni fa) e mia madre dovendo lavorare per poter vivere era completamente assente. Quando avevo nove anni, casa mia era sempre sporca, a meno che non la pulissi io, e si consumava un pasto caldo ogni due o tre settimane. Spesso mia madre uscendo la mattina mi lasciava i soldi sul tavolo per comprarmi un panino e io dovevo provvedere anche a disciplinarmi e andare a scuola senza nessun adulto che me lo imponesse. Quando avevo 15 anni mio padre fu condannato per spaccio di droga, per un quantitativo significativo di hashish e una mia sorella acquisita morì di overdose. In seguito a queste vicende, la situazione economica si complicò e io sviluppai una sorta di armatura che mi rendeva indifferente alle vicende della mia famiglia. Ovviamente il mio essere povero, introverso e “strano” mi ha portato ad essere emarginato e bullizzato, soprattutto nell’ambito scolastico, e questo mi fece soffrire molto di più di quanto non ammetto normalmente.
A che età hai fatto coming out?
Per la mia generazione sono stato piuttosto precoce, il mio coming out avvenne quando avevo 17 anni. È stato per me un passo difficilissimo, ma sono troppo lucido e troppo poco ipocrita per celare in me una realtà tanto ovvia. Devo ammettere che il mio coming out è stato il punto di svolta della mia vita e da quel momento tutto è iniziato a migliorare. I rapporti con i miei compagni di scuola ad esempio: una volta svelato l’arcano, non traevano più nessun piacere a prendermi in giro e quindi optarono per un più moderno atteggiamento di inclusione. I miei rapporti con la famiglia se non altro si semplificarono perché non avevo più questioni irrisolte con me stesso, ero finalmente padrone della mia vita e percepivo che le regole del gioco erano chiare.,
Ti riconosci nella rappresentazione che Walter Siti dò di te nel suo libro?
Quasi in tutto. L’onta maggiore che Walter ha lasciato sulla mia “fedina” è che ha scritto che simpatizzo per il Movimento 5 Stelle, quando non è mai stato così: forse avrà frainteso o mi sarò spiegato male in qualche mia intervista. Per il resto, direi che il libro di Walter mi farà risparmiare molti soldi di psicoanalisi, in quanto per moltissime cose mi ha capito meglio di quanto non abbia fatto io stesso. Forse il più grande fraintendimento c’è stato circa il mio essere nobile. Walter ha pensato che il fatto che l’aristocrazia romana mi abbia girato le spalle fosse da me interpretato come una perdita di riconoscimento all’interno di quella comunità. Mentre, in realtà, io sono e resto, in qualità di marito del principe Del Drago, un principe consorte e questo non mi può essere tolto.
Cosa pensi dell’accostamento di due storie così diverse come la tua e quella di Filippo Addamo?
Era funzionale al libro e non era certo un giudizio morale su me o su Filippo, eravamo gli ingredienti perfetti per una miscela esplosiva. Non dimentichiamoci che questo libro in realtà è una tripla biografia. Infatti, sono le storie di Filippo e di Ruggero che assieme raccontano l’interiorità di Walter Siti. Walter ha raggiunto un risultato eccezionale con questa sua opera che oltre ad essere un bellissimo romanzo rappresenta anche un riuscitissimo esperimento letterario.
Quale filo-conduttore avrebbe individuato secondo te l’autore e quale invece scorgerebbe Ruggero Freddi?
Sai, quando ho cominciato a lavorare con Walter avevo un impellente necessità di raccontarmi in quanto avevo appena passato uno degli anni più difficili della mia vita e non avevo assolutamente idea di quello che ne sarebbe venuto fuori. La Rizzoli mi propose anche di affiancarmi un ghost writer e, se avessi accettato, avrei potuto avere in quattro mesi un libro che celebrava me e la mia vita tralasciando tutti i dettagli che non volevo approfondire. Ma sfortunatamente io sono una persona ambiziosa e così ho preferito aspettare per oltre tre anni e non avere il minimo controllo su cosa venisse scritto su di me per il sublime piacere di essere parte di una vera opera letteraria, degna di passare alla storia. Io ho letto il libro solo dopo la sua pubblicazione. Io e Walter facemmo un accordo quando iniziammo a lavorare assieme: io sarei stato per lui limpido, genuino e onesto e lui mi avrebbe consegnato un’opera di indubbio valore. Oggi posso dire che entrambi abbiamo mantenuto la nostra promessa.
Carlo Masi, invece, si riconosce nel libro?
Forse anche più che Ruggero, ma Carlo è fatto di celluloide, è nato per essere raccontato. Tutto su Carlo è documentato e registrato, Carlo si vive all’esterno del suo corpo quindi è facile da interpretare perché è quello che vedi. Ruggero, vivendosi all’interno di sé, ha fatto molta più fatica a uscire fuori, è servito un grandissimo lavoro di introspezione.
Dall’inizio dell’era degli smarthphone la pornografia è ha portata di tutti, ovunque, a qualsiasi età. Come giudichi l’immaginario sulla pornografia in Italia?
In Italia la pornografia esiste solo a livello amatoriale. La stessa Lukas Kazan, unico nome del porno italiano, si fatica a chiamarla compagnia: ha più l’assetto di un gruppo di amici che si divertono assieme con la telecamera.
In Europa e nel mondo?
Premetto che sono anni che non ho più contatti con il mondo dell’intrattenimento per adulti ma trovo che la pornografia, soprattutto quella gay, che un tempo si faceva promotrice di pratiche sane di sesso sicuro oggi abbia perso quello smalto. Ma questo, credo, sia principalmente dovuto alla drammatica crisi economica che il settore ha attraversato.
Le linee guida dell’Oms sull’educazione sessuale in Europa, completamente ignorate in Italia, prevedono l’apprendimento a scuola della differenza tra sesso reale e sesso rappresentato nella pornografia. Secondo te è possibile una narrativa diversa dai soliti tabù? come la immagini?
Sfortunatamente la scuola in Italia è un campo minato e nessuno si avventurerebbe in un percorso tanto pericoloso per la propria carriera. Non credo che nelle scuole Italiane attualmente ci sia posto per simili tematiche.
Fuori dai denti: come spieghiamo “Giuseppe Conte” in cima alle ricerche di porn hub dopo i provvedimenti sul Coronavirus?
Ah, ah, ah. Accidenti, stiamo messi proprio male. Io ho una cotta per Luigi Marattin. Esteticamente è più attraente ma quello che mi piace di lui è che è sempre preparato, conosce molto bene il suo mestiere e si basa con lucidità esclusivamente sui fatti. Ogni volta che lo vedo o che leggo le sue dichiarazioni penso a quanto potrei imparare da una persona così ed ammetto che da studente ero sempre un po’ innamorato dei miei professori.
Secondo te quali azioni vanno messe in campo per far sì che al più presto anche un Carlo Masi possa insegnare negli atenei senza scandalo alcuno?
Questo non sarà mai possibile, il mondo non mi perdonerà mai di essere nato diverso, originale e libero. Questo è inammissibile. Il mondo può accettare la parabola del reietto o dell’emarginato, quella del pentito o del fallito. La mia storia non può essere accettata e neanche tollerata. Io sono un ingranaggio rotto, gioco con regole diverse e ho conseguenze diverse. Io sono pronto a pagare le conseguenze di tutte le scelte che ho preso ma ciò non significa che non mi difenderò, ho più lo spirito del carnefice che quello della vittima.