La nuova collana editoriale Libera Mente di Robin – Biblioteca del Vascello ha l’ambizione di raccogliere testi, di qualsiasi genere, legati alle tematiche Lgbt. Ed è proprio in questa collana che, ad inizio 2020, è stato pubblicato Leonardo andrebbe al Pride?, il nuovo lavoro di Stefano Paolo Giussani.
Giornalista e documentarista di cui abbiamo apprezzato lavori di narrativa come Il ring degli angeli e L’ultima onda del lago, Giussani ci offre stavolta un progetto agile e ben documentato in cui recupera la figura del grande genio del Rinascimento italiano proiettandolo, appunto, nella dimensione libera ed emancipata del Pride.
Un interrogativo, quello relativo all’ipotetica partecipazione di Leonardo al Pride, che funge da provocazione per riflettere, invece, sulla libera creatività e sulla polimorfa personalità del grande artista italiano, una personalità talmente insofferente ai vincoli e agli schemi che, come giustamente nota Luca Paladini nella postfazione, si sarebbe trovata indubbiamente a suo agio nelle colorate fantasmagorie dei nostri Pride.
Come è noto, gli studiosi hanno spesso discusso intorno al probabile orientamento omosessuale di Leonardo, intorno ai suoi amori con giovani quali il Salai o Francesco Melzi, intorno alle tracce lasciate nelle opere d’arte e negli scritti. Ma Giussani, che comunque correda l’opera di documenti che avallerebbero l’omosessualità leonardesca, va oltre e prova a restituirci la grande contemporaneità del genio rinascimentale, la sua umanità e la sua visione di una natura fluida e multiforme.
Il libro si avvale, inoltre, di un’interessante prefazione di Giuliano Pisapia.
Ma per saperne di più su Leonardo andrebbe al Pride?, raggiungiamo telefonicamente Stefano Paolo Giussani.
Stefano, come è nata l’idea di scrivere questo libro?
L’idea nasce dalla constatazione che chi ha scritto o parlato di Leonardo ha detto tutto tranne la parte che mi interessava. Anche nel documentario Leonardo Cinquecento che ho scritto per la Magnitudo Film non ho potuto toccare la parte che mi interessava, per quanto il produttore Francesco Invernizzi avesse espresso il desiderio di raccontare quanto Leonardo fosse contemporaneo a noi nell’approccio alla tecnica, alla scienza e all’arte. Ecco, con questa angolazione originale, a me è venuto di aggiungere come Leonardo sarebbe contemporaneo oggi perfino nel campo affettivo. Lo considero un atto dovuto nei suoi confronti. L’atto mancante nel film. Ancora meglio, lo definirei un’ipotesi di sceneggiatura per un nuovo documentario. Peraltro, immaginandolo così, lo avrei volentieri proposto al compianto Max Croci, a cui peraltro il libro è dedicato. Avrebbe sicuramente aggiunto quella nota pop a Leonardo che farebbe impallidire ogni influencer d’acqua dolce.
Perché possiamo ritenere solo apparentemente provocatorio l’interrogativo relativo alla possibile partecipazione di Leonardo al Pride?
Leonardo era curioso per ogni elemento originale che potesse ammirare. Un Pride è una concentrazione di originalità senza paragoni. Coniugando le due affermazioni, direi che non solo è molto probabile che ci sarebbe andato, ma anche che avrebbe progettato il più fico dei carri. Lo immagino anche a prendersi appunti e fare un sacco di foto, con lo smartphone protetto da una cover favolosa e di valore inestimabile perché fatta da lui, ovviamente.
Si è spesso discusso intono alla presunta omosessualità di Leonardo. Che idea ti sei fatto di questa circostanza, durante il tuo lavoro di approfondimento propedeutico alla redazione di questo volume?
Sull’omosessualità, credo che solo il diretto interessato potrebbe rispondere. E non sono affatto sicuro che risponderebbe in modo diretto. Di sicuro possiamo affermare che fosse una persona con il culto della diversità e la curiosità per ogni elemento che lo circondava.
Di lui racconto le abitudini, le attitudini, il modo di vestire, le opere che furono nascoste al pubblico perché giudicate troppo sfrontate, le relazioni con la famiglia biologica e con quella affettiva che si costruì. Sono tutti elementi che mi hanno aiutato a tratteggiare una figura non solo geniale ma capace di affascinare e porsi domande in direzione di una certa fluidità sessuale.
C’è qualche documento o qualche personaggio che – a tuo parere – “certificano” in maniera abbastanza verificabile un suo diverso orientamento sessuale?
Potranno raccontare un sacco di cose su Leonardo, ma l’unico elemento certo che associa il suo nome a una pulsione sessuale definita è l’atto di accusa ancora conservato negli archivi della città di Firenze. Lo riporto integralmente, inquadrato in una scena di fiction che possiamo immaginare avvenuta attorno al tavolo di chi doveva confutare la veridicità della denuncia. Il verdetto è indubbiamente propendente per l’omosessualità. Sull’altra sponda, hanno cercato di dimostrare suoi rapporti con prostitute o figure femminili che avrebbero intrattenuto relazioni con lui. Tutto è possibile, ma citando fonti e riportando fatti, punto per la improbabilità di un Leonardo eterosessuale. Ci rimane l’ipotesi che il Maestro potesse essere disinteressato al sesso. Anche qui, però, intervengono le più recenti scoperte: i disegni venuti alla luce che rivelano un certo erotismo. Non è Leonardo che strizza l’occhio a YouPorn, ma ci hanno fantasticato in molti. Attenendomi ai documenti, ne ho fatto l’oggetto d’indagine dell’ultimo capitolo.
Leonardo come iniziatore di un processo di emancipazione e liberazione che riguarda l’intera società e passa attraverso Stonewall: questa l’idea espressa da Giuliano Pisapia nella prefazione. Credi sia un’interpretazione persuasiva del genio di Leonardo?
Giuliano Pisapia è uno che di tutela dei diritti se ne intende e ne ha fatto una propria bandiera. Da avvocato ha probabilmente ravvisato degli elementi che affermano emancipazione e libertà di espressione, valori non negoziabili oggi ma che sono frutto di secoli di battaglie.
Personalmente non so se possiamo definire Leonardo un iniziatore, sicuramente fu un promotore e uno che non ebbe timore a mettere tutto per iscritto e disegnato. Non essendo storico dell’arte, non posso entrare nel merito del commento degli studi di natura o di anatomia. DI certo, quelli che lo hanno studiato – e non sono in pochi – evidenziano il valore di una figura che abbandona il codice binario maschio-femmina per propendere in direzione di una fluidità di genere. Fluidità, si badi bene, che lui considera naturale e non artificiale. Alla faccia di chi oggi, a cinque secoli di distanza, nega che sia naturale l’esistenza di individui che non si riconoscono nei modelli canonici stile “io sono Giorgia”.
Nel libro emerge, talora, una velata critica agli studiosi di Leonardo. Quali difficoltà o ostilità hai incontrato nel relazionarti a loro?
Un documentarista non fornisce risposte, ma le cerca negli esperti ponendo le domande giuste. Non ho avuto nessuna difficoltà e non posso formulare nessuna critica di merito agli studiosi. Da uomo della strada pieno di curiosità per una delle figure più importanti dell’umanità, mi ha stupito come i critici si spacchino su certi temi e come in passato sia successo che si siano attaccati tra di loro per le attribuzioni o per certe interpretazioni relative alle opere. Posso comprendere comunque che trovarsi d’accordo su migliaia di pagine di codici e pochissime opere certe, non sia un obiettivo semplice. Da Massimo Cacciari con le sue implicazioni filosofiche sulla mente di Leonardo ad Antonio Natali che è l’unico uomo al mondo ad avere supervisionato tre restauri su altrettante opere del Maestro, tutti mi hanno insegnato qualcosa. Andrea Baldinotti ha coniato l’espressione di “fallito di gande successo”. L’apprezzo molto, coraggiosa oltre che particolarmente azzeccata.
Quali problematiche hai dovuto affrontare durante il lavoro di raccolta e organizzazione documentaria?
Ho sempre comunque cercato di riferirmi a storici autorevoli che usano criteri scientifici di analisi. Vengo da una scuola documentaria che non cerca il sensazionalismo facile. Ho ritenuto corretto citare anche quelli che vedono in Leonardo una specie di Gandalf incorniciato da un’aurea di mistero. In cinque secoli, vi garantisco che se ne sono sentite di cotte e di crude, però ho sempre tenuto presente l’affermazione di Claudio Giorgione in merito all’Uomo Vitruviano, il disegno più famoso: in molti hanno cercato l’espressione di significati occulti, ma in realtà non è altro che un ottimo disegno a modello di proporzioni riferibili all’architetto romano Vitruvio. Leonardo è scienza, non Harry Potter. Fu un instancabile osservatore e raccoglitore di spunti, senza misteri perché ha sempre scritto tutto, vederci dell’occulto è una mancanza di rispetto. La problematica è stata semmai cosa scegliere tra le migliaia di pagine e disegni lasciati.