Con una comunicazione rivolta a soci e socie Arco ha annunciato che prolungherà la validità della carta associativa per tutta la durata del lockdown. Un’azione che si aggiunge ai vari provvedimenti presi sin dall’inizio di marzo da parte della nota rete di club gay-friendly in Italia, che annovera attualmente oltre 60 realtà territoriali.
Arco è stata inaugurata nel 2018 a partire da precedenti esperienze associative e coinvolge una rete di circoli ricreativi ora indipendente, ma che sin dalla seconda metà degli anni ’80 ha costituito la base associativa e di risorse dell’Arcigay delle origini e del movimento Lgbti per più di 20 anni. Abbiamo rivolto alcune domande al presidente Roberto Dartenuc.
Arco si è attivata prima del decreto di lockdown dello scorso 9 marzo. Cosa vi ha spinto a intervenire?
Ci siamo interrogati fin da subito, quando ancora nessuno avrebbe immaginato dove siamo oggi, sull’impatto che questa patologia avrebbe avuto sui nostri circoli non solo sul piano della frequentazione, ma sul tipo di messaggio che eravamo chiamati a dare con chiarezza nei confronti dei nostri associati e della cittadinanza tutta. Mi riferisco al dovere di fare ognuno la propria parte, rinunciando alle nostre libertà e alle consuete abitudini per tutelare la salute di tutti/e, con particolare riguardo anche alla preoccupazione per difendere la salute, oltre che dei nostri soci e socie, dei nostri operatori in ogni club.
Quanti sono attualmente i vostri soci? Quanto pesa la chiusura dei circoli Arco sulla vita sociale delle persone Lgbti?
Attualmente le persone, che negli anni si sono iscritte nei nostri circoli, sono oltre 300.000. Di queste circa 100.000 ogni anno frequentano regolarmente i nostri circoli, in tutto il Paese. Come potete quindi immaginare, la chiusura dei nostri circoli ha un impatto enorme sul tessuto sociale e delle relazioni all’interno della collettività Lgbti. Ribadisco, è stata proprio la consapevolezza della grandezza della nostra comunità che, dietro, ha famiglie, compagni e compagne, figli, genitori, fratelli, a spingerci, ancor prima degli ordini delle Autorità, a chiudere la rete dei nostri circoli sull’intero territorio nazionale.
Da dove la decisione di “prolungare” la validità della carta Arco?
Ci sembra giusto valorizzare il rapporto di fiducia con la nostra base associativa e ribadire che essere soci e socie Arco significa prima di tutto far parte integrante dei nostri club e sentirsi sostenitori dei servizi e delle opportunità che si creano per le persone Lgbti. Tutto questo al momento non è possibile, per cui calcoleremo un periodo a partire dal 1 marzo fino al giorno in cui saremo in grado di riprendere le attività ed estenderemo – prima della riapertura – la validità di tutte le carte attive al momento del lockdown per il numero di giorni corrispondente. Vorrei anche ricordare che in questi giorni rimane attivo per ogni informazione la nostra linea Whatsapp Parla con ARCO al 3403664437, dalla quale è possibile anche essere indirizzati ai servizi di supporto psicologico offerti dalle altre associazioni Lgbti.
Pensi che i gestori delle chat di incontri si stiano comportando in maniera altrettanto responsabile?
No, per niente. Spiace doverlo dire. Fino a questo momento (le cose ovviamente cambiano di ora in ora) alcuni social, particolarmente popolari nella nostra comunità, non hanno intrapreso nessuna azione proattiva chiara e incisiva per invitare le persone a rimanere a casa ed evitare incontri con persone fuori dal proprio ambito familiare. Anzi, alcune piattaforme continuano a pubblicare, senza alcun controllo preventivo, annunci che palesemente invitano a violare regole imposte dalle Autorità. Nessun intervento di apertura delle proprie features a pagamento per agevolare il tempo trascorso chiusi in casa, spesso da soli nel caso di persone della nostra comunità. Altri ancora, sollecitati dai loro stessi utenti, hanno comunicato a tutti, con atteggiamento pilatesco, che non ne sapevano nulla di Covid e di seguire le indicazioni delle proprie autorità.
La natura di Arco basata sulla membership, la cosiddetta “tessera” è stata spesso criticata. Credi possa essere una marcia in più per un rilancio futuro?
Conosco bene le critiche sulla questione “tessera”. Io oggi preferisco chiamarla carta associativa. La tessera era partita, ancora negli anni ’80 come necessità imposta dalla legge (nel nostro Paese è ancora così) per potere avere dei luoghi di incontro sicuri e protetti, in un contesto che vedeva, ancora più di oggi, aggressioni e violenze quotidiane nei confronti delle persone omosessuali.
Nello stesso periodo registravamo atteggiamenti denigratori e sfottenti, quando non di violenza privata vera e propria, anche da parte di quelle forze di Polizia che avrebbero dovuto proteggerci.
Oggi sicuramente la situazione è cambiata in meglio. La carta associativa rimane sempre uno strumento di sicurezza, ma oggi ha anche permesso di offrire e finanziare servizi importanti alla collettività Lgbti, in primo luogo per la salute, penso ad esempio al progetto nazionale We Test, il test rapido Hiv in collaborazione con le più importanti associazioni Lgbti del nostro Paese.
Bisogna comunque guardare avanti. Per questo motivo, quando questo momento triste, orribile per chi ha perso propri cari, sarà finito, ci saranno grosse novità che renderanno la nostra carta uno strumento per accedere a nuove opportunità anche al di la dei nostri confini nazionali. Ora più che mai, a dispetto dei soliti disfattisti, la dimensione del successo di tutti noi risiede infatti nella nostra Europa, unita, tutta, insieme.