Jean Sénac, scrittore algerino di lingua francese, fu assassinato ad Algeri nell’agosto 1973.Intellettuale raffinatissimo e grande amico di Albert Camus e di René Char, è stato poeta di altissima levatura, riconosciuto a livello internazionale, e ci ha lasciato un’opera letteraria considerevole, una parte della quale è rimasta addirittura inedita.
In Italia, nonostante l’importanza della sua produzione, Sénac è un poeta quasi sconosciuto e si deve all’impegno della casa editrice Oltre, se oggi possiamo leggere il romanzo Ritratto incompiuto del padre (edito nel 2017) e la raccolta poetica Per una terra possibile, pubblicata alla fine del 2019. Proprio Per una terra possibile permette di attraversare e comprendere al meglio la vita tormentata dell’intellettuale algerino, una vita al servizio della poesia, dell’emozione e della terra d’Algeria, appassionatamente amata.
Oltre ai testi poetici il volume riporta le prime due lettere che Jean Sénac scrisse ad Albert Camus e a René Char. Inoltre, le illustrazioni che impreziosiscono il volume sono disegni di Denis Martinez, pittore algerino e grande amico di Jean Sénac.
Tutti i testi di Sénac sono stati pubblicati da Ilaria Guidantoni, che ne redatto a fronte la traduzione come anche le Note per la lettura, l’Introduzione e le Note bio-bibliografiche.
Contattiamo telefonicamente la curatrice del volume, per saperne di più su quest’importante progetto di recupero dell’opera di Sénac, poeta da alcuni paragonato al nostro Pier Paolo Pasolini per la sua poetica, per la sua posizione asistematica e per la sua omosessualità.
Perché è importante, oggi, recuperare l’opera del poeta Jean Sénac? Che ruolo ha avuto, secondo lei, Sénac, nella cultura del XX° secolo?
Innanzi tutto per la storia di un uomo simbolo della lacerazione, condizione tipica novecentesca, consapevole della ricchezza delle differenze sulle quali ancor oggi il Mediterraneo discute; inoltre perché icona della condanna degli intellettuali che sono stati dalla parte degli ultimi, i cosiddetti ‘diversi’ e anarchici in senso non strettamente politico e della loro emarginazione per aspetti diversi da García Lorca, che considerava un maestro e un punto di riferimento e al quale scrive una lettera immaginaria un anno prima di morire pensando di fare la stessa fine, a Pier Paolo Pasolini, al quale lo uniscono molti aspetti non solo autobiografici. Sénac è al centro di una rete di relazioni con personaggi importanti che, fatta eccezione per Albert Camus, non sono così noti in Italia e ci raccontano un Mediterraneo delle arti in dialogo tra di loro, dimensione oggi molto allentata anche per la iper-specializzazione perfino di artisti e letterati. Il messaggio che ci ha lasciato di un Mediterraneo di fratellanza, un inno alla vita e alla sua sacralità, inclusivo, oltre le differenze e le convinzioni di ciascuno, ancora non ha inciso nella cultura e resta tutto da scoprire, di grande attualità. Infine la sua scrittura folgorante, colta, totalmente anarchica nella composizione, che deve una grande ispirazione alla poesia di René Char – poeta ormai quasi più letto neppure in Francia – basti pensare che anche la rima si alterna nella stessa composizione con versi liberi, un parlato colloquiale con citazioni bibliche che ‘si rovesciano’ in allusioni erotiche.
Con Oltre Edizioni avete deciso di tradurre l’opera di Sénac Per una terra possibile. Qual è l’importanza di questa raccolta?
È una miscellanea di raccolte diverse che offre pertanto un ampio spettro della poetica di Sénac, dalle poesie dedicate ad intellettuali quali Albert Camus, il pittore Sauveur Galliéro, Jean Dubuffet, lo scrittore Mohamed Dib, considerato il fondatore della letteratura moderna algerina, tanto per citarne alcuni. Questo aspetto consente di ricostruire i suoi rapporti con il mondo intellettuale dell’epoca tra Algeria, Francia e Unione sovietica dove fu ospitato come si usava allora in quanto l’Algeria era un ‘paese amico’ di area socialista. Inoltre il testo contiene la prima lettera a René Char e Albert Camus, che formano insieme al citato Galliéro, la triade delle amicizie esclusive del poeta, valore nel quale credeva sommamente e che ci offrono uno spaccato della vita quotidiana del poeta. Le composizioni poetiche sono variegate e toccano dall’amore, al sacro, al Mediterraneo, alla poesia impegnata – per Sénac la poesia era rivoluzione allo stato puro – al mondo della mitologia, anche in questo caso con suggestioni provenienti da culture diverse. Della raccolta originaria fanno parte anche una serie di testi vari, di carattere saggistico la cui traduzione abbiamo preferito rimandare in un secondo tempo per concentrarci sull’opera poetica di per sé impegnativa e meritevole di un’attenzione dedicata. A dire il vero una parte della produzione di Sénac, lasciata sotto forma di appunti, è stata pubblicata senza un’organizzazione critica accurata, quindi occorre concentrarsi sul testo del poeta prima che sui titoli.
Hamid Nacer Khodia, poeta e amico di Sénac, nel preambolo al volume esprime il suo disappunto per la non adeguata valorizzazione dell’opera di Sénac sia in Algeria sia in Francia. Crede che l’omosessualità di Sénac sia stato motivo portante della scarsa attenzione che gli è stata attribuita?
Sénac era un irregolare per quanto ne sappiamo e un ‘cristiano anarchico’, molto rispettoso a sua volta della diversità. Trasgressivo non aggressivo, pronto all’inclusività sia verso la religione sia verso la famiglia e non mi pare che potesse essere un soggetto disturbante, sotto questo profilo. La sua poesia è sempre sfumata al riguardo e alcuni versi d’amore sembrano rivolgersi ad una donna – alcuni sono in realtà indirizzati ad un amore immaginario – né d’altronde, per quanto emerge dagli scritti, si evince un comportamento di rivendicazione dei diritti. La sua posizione è dalla parte degli ‘umiliati e offesi’ comunque si presentino. Forse l’omosessualità è stata la scusa per colpire la sua visione politica della vita. Certo il suo stesso omicidio fu scomodo e all’indomani di quella circostanza nessuno ha voluto più sentir parlare di Sénac. Aver sfidato Camus, non lo ha messo nelle condizioni migliori per una promozione da parte francese, sebbene Gallimard abbia pubblicato il suo unico romanzo anti-romanzo autobiografico, nel 1989, nella Collection blanche, la sua collana più prestigiosa.
In cosa la poesia di Sénac può definirsi davvero rivoluzionaria?
Nella sua stessa concezione perché raramente vita privata e vita artistica arrivano ad essere così intrecciate. La vita di Sénac è un romanzo e Sénac non compone, vive nello scrivere se stesso. I suoi versi sono totalmente destrutturati rispetto ad ogni canone poetico, anche nel ritmo che costringe il lettore ad un’andatura zoppicante, talora fatta di rivelazioni improvvise e inconsuete. E’ difficile da descrivere ma la sua poesia non è di rottura nel senso tradizionale, anche se l’espressione pare un ossimoro, nel senso che non è ‘contro’ ma è totalmente altro, una sintesi che confonde, unendo all’interno di una stessa composizione stili e andamenti completamente diversi.
Che rapporto ebbe Jean Sénac con due grandi intellettuali del ‘900 come Albert Camus e René Char?
Considerava Albert Camus il suo maestro di vita, il padre che non aveva avuto, tanto che il primo prese a chiamarlo figlio e Sénac lo definì maître de l’absolu per dire la devozione e riconoscenza che aveva verso chi tra l’altro lo introdusse in Francia, negli ambienti intellettuali e in particolare nel Circolo degli Esistenzialisti; non solo, ma lo sostenne finanziariamente. Quest’amicizia simbiotica si spezzò però di fronte alla presa di posizione politica durante la Guerra d’indipendenza algerina, quando Sénac racconta Camus lo trattava da égorgeur, cioè tagliagole, ed egli ricambierà con un parricidio simbolico. Eppure tra i due ci sono tante affinità che si rintracciano bene nei rispettivi romanzi autobiografici, sebbene Camus resti sostanzialmente francese, con lo sguardo ad oriente, verso il Mediterraneo apollineo dei Greci, per quanto innamorato della sua Algeria, giornalista, filosofo con una grande passione per il teatro; Sénac è fondamentalmente un poeta, innamorato della vita nomade e nord-africano perché le sue origini spagnole, a dispetto del cognome che gli viene dato dal secondo marito della madre – che poi lo abbandonerà – lo riportano a un mondo di cultura arabo-mediterranea, molto lontano dall’ambiente parigino frequentato da Camus.
Con René Char c’è un’amicizia profonda, squisitamente intellettuale, di grande ammirazione da parte di Sénac che, ad esempio, mutuerà dal poeta francese l’uso del non-sense, del doppio senso, il forte ricorso all’iconopoiesi nella composizione. Un’affinità di grande sensibilità.
Il 30 agosto 1973 Sénac venne assassinato e all’omicidio fu dato poco risalto dai media del tempo. Esso risulta ancora irrisolto e il presunto omicida, tra l’altro, fu rilasciato qualche mese dopo il fatto di sangue. Quali sono – a suo parere – le vere ragioni di questo omicidio e quali quelle del silenzio che avvolse il crimine? È possibile ritenere Sénac una specie di Pasolini algerino?
Il paragone con Pasolini non è mio anche se è all’origine del mio interesse perché mi ha colpito un articolo intitolato Jean Sénac, il Pasolini d’Algeria sulla rivista di critica letteraria LivrEsQ, in un numero monografico del gennaio 2015, anniversario della morte di Camus (4 gennaio 1960). Studiando il personaggio il confronto con Pasolini, come ha scritto anche Diletta D’Ascia – critica cinematografica e sceneggiatrice – nel saggio all’interno della mia traduzione Jean Sénac. Ritratto incompiuto del padre (Oltre Edizioni, 2017) non è solo biografico, per altro con un parallelismo singolare, ma nella poetica e nel profilo intellettuale. Due uomini ricordati soprattutto come “personaggi” ma in realtà prima di tutto poeti. Due processi troppo veloci per essere credibili che hanno condannato in fretta un ‘ragazzo di vita’, per trovare un capro espiatorio e poi nessuno dei due realmente risolti. Sénac era scomodo anche per gli algerini, sentendosi egli stesso profondamente algerino perché lì era nato, cresciuto e vissuto per la maggior parte della sua vita. La sua sete di giustizia era l’espressione di una mente libera in un’Algeria che, all’indomani dell’indipendenza dalla Francia, faticava a “sopportare” questa libertà. La sua amata patria preferì schiacciarsi sotto l’ombra russa, nel segno del realismo sovietico invece che dalla parte di una poetica anarchica che guardasse l’autenticità dei ‘due popoli di bellezza’ come Sénac nominava arabi e berberi. La sua lirica Cittadini di bruttezza dove si avverte tutto lo sconforto del sogno infranto della rivoluzione non credo sia suonata come musica alle orecchie del governo. Ma l’affinità tra Sénac e Pasolini è ancora più profonda, dall’insofferenza al sistema che hanno pagato caro, alla poetica che mescola il dialetto, la lingua più umile, alla lingua aulica; e il loro Mediterraneo, non certo apollineo, dove il sole brucia, violenta, scopre anche le brutture. Sicuramente la commistione di sacro e profano, l’attrazione per il Cristo-Uomo, vicino agli ultimi al quale entrambi si paragonano, apre una ricerca dell’identità, del sé, del padre e della patria con molti punti di contatto.