«Non muore un poeta perché non muore la poesia. E Dario Bellezza appartiene a quella genìa che sa di essere posseduta da una necessità, come destino e scelta, che rende diversi ed eletti nel rumore del mondo.
Penso a lui come all’autore di poesie e di prose che si spingevano oltre il dicibile per una estensione della voce sgombra da pudori e accesa da passioni indomabili. Penso a lui come all’amico di anni e di intese, alle sue aspre allegrie, ai suoi difficili affetti. Ne sento, in ogni accento e cadenza, l’amore contrastante e contrastato per la vita.
So che dai suoi libri continua ad inquietarci, a travolgerci e ad avvolgerci, la sua voce insieme tenera e stridula, fiduciosa e disperata. Ed è la voce della poesia che si svela a se stessa rivelandosi».
Con queste parole il poeta e saggista Elio Pecora, direttore del quadrimestrale internazionale Poeti e Poesia, ricorda a Gaynews il poeta Dario Bellezza, di cui oggi ricorre il 24° anniversario della morte.
Infatti, il 31 marzo 1996, si spegneva a Roma l’amico e collaboratore di Pier Paolo Pasolini, che lo stesso intellettuale friulano, nel 1971, in occasione della pubblicazione del volume Invettive e licenze, definì «il miglior poeta della nuova generazione».
Vincitore del Premio Viareggio nel 1976 con la raccolta di poesie Morte segreta, Bellezza, che fu influenzato dal modello poetico di Sandro Penna, affrontò spesso, nelle sua produzione poetica, i temi legati al proprio vissuto e alla propria condizione di omosessuale inquieto, restituendo l’immagine di un poeta maledetto del XX° secolo alla ricerca ossessiva di un “bellissimo assassino” tra gli ultimi e tra i rinnegati. Per Garzanti, nel 1977, curò l’edizione dell’opera competa di Arthur Rimbaud.
Importante il suo sostegno ad Anna Maria Ortese, per cui ottenne che fosse applicata la legge Bacchelli, e a Goliarda Sapienza.