Sentenza storica della Corte interamericana dei diritti umani, che ha ritenuto il Perù responsabile della detenzione arbitraria e dello stupro di una donna transgender. Si tratta, infatti, della prima volta in cui la Corte Idh si è pronuciata su una denuncia di tortura nei riguardi di una componente della comunità Lgbt+.
Con sentenza emessa il 12 marzo ma resa nota solo il 6 aprile, essa ha ordinato al Governo peruviano di risarcire i danni, sia pur non quantificati, ad Azul Rojas Marín, che, arrestata dalla polizia nel 2008 e posta sotto custodia, era stata spogliata, colpita e violentata con un manganello.
Rojas Marín aveva presentato una denuncia penale contro la polizia, ma il caso era stato archiviato dai pubblici ministeri. Gruppi per i diritti umani hanno allora fatto ricorso alla Corte interamericana: in quanto organo giudiziario con competenza su 23 Stati americani, che hanno ratificato la Convenzione americana per i diritti umani del 1969, essa giudica relativi casi di violazioni in America Latina e può ordinare ai governi di indagare sui crimini e risarcire le vittime.
Nonostante l’accettazione crescente nella società peruviana le persone Lgbti+ affrontano ostacoli legali e pregiudizi sociali. Lo studio El prejuicio no conosce fronteras. Homicidios de lesbianas, gay, bisexuales, trans en países de América Latina y el Caribe 2014 – 2019, relativo a 9 Paesi della vasta area sud e centro-americana, ha messo in luce come il Perù sia al quarto posto (dopo Colombia, Messico e Honduras) per omicidi di persone Lgbti+: 57 in tutto nel quinquennio analizzato.
La sentenza della Corte interamericana arriva inoltre in un periodo in cui le persone transgender peruviane sono fortemente critiche nei riguardi delle ultime misure adottate dal Governo che, per frenare l’epidemia di Covid-19, ha imposto il blocco di genere, ordinando che uomini e donne possano uscire di casa solo in giorni separati e alterni.
Per quanto il decreto del 2 aprile abbia vietato «qualsiasi tipo di discriminazione» e invitato a rispettare «l’identità di genere», i gruppi per i diritti umani ritengono che la norma esponga le persone trans a domande umilianti e molestie da parte della polizia.