Il 27enne gay Aneste Mweru, rifugiato ugandese, è stato trovato impiccato a un albero davanti agli uffici dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) nel lussuoso sobborgo di Westlands a nord-ovest di Nairobi. A scoprirne il cadavere ieri mattina, intorno alle 10:20, alcuni passanti. Come spiegato alla Reuters da Mbazira Moses, componente di Refugee Flag Kenya, Aneste era depresso per mancanza di soldi e si era recato presso l’Unhcr per chiedere aiuto.
La morte del giovane, che secondo il portavoce della polizia Charles Owino sembra essere stata per suicidio, ha messo ancora una volta in luce lo stato di precarietà ed estrema vulnerabilità in cui versano le persone richiedenti asilo e rifugiate Lgbti in Kenya.
Nello Stato dell’Africa orientale a maggioranza cristiana – dove i rapporti sessuali tra maschi sono punibili fino a 14 anni di reclusione anche se la legge è raramente applicata – possono essere necessari più di cinque anni per ottenere lo status di rifugiato, durante i quali i soggetti richiedenti asilo non possono lavorare. Quelli Lgbti+ provengono soprattutto dall’Uganda.
In Kenya si fa inoltre sempre più critica, a seguito della diffusione del Covid-19, la situazione per le 200 persone Lgbti+ rifugiate nel campo di Kakuma, per aiutare le quali All Out ha avviato nelle scorse settimane una raccolta fondi.
In una nota Fathiaa Abdalla, rappresentante di Unhcr Kenya, ha dichiarato che l’organizzazione, «profondamente scioccata e rattristata dalla tragica morte e dall’apparente suicidio», è «regolarmente in contatto con la comunità dei rifugiati e le autorità competenti per garantire che venga fornito tutto il supporto richiesto».
Ma non sono mancate critiche all’Alto Commissariato per lentezza negli interventi, insensibilità e incapacità del personale da parte di Refugee Flag Kenya e Stichting Uganda Gay On Move.