Non si arrestano le polemiche in Tunisia dopo che il 24 aprile, primo giorno di Ramadan, l’associazione Shams – Pour la dépénalisation de l’homosexualité en Tunisie ha annunciato sulla propria pagina Facebook una «prima assoluta» nel Paese nordafricano «e nel mondo arabo. Il contratto di matrimonio tra un cittadino francese e un tunisino, sottoscritto in Francia, è stato riconosciuto in Tunisia ed annotato nell’atto di nascita del tunisino dal Comune del suo luogo di nascita».
Come specificato dalla stessa associazione soprattutto finalizzata all’abrogazione dell’art. 230 del Codice penale che commina la reclusione fino a tre anni per «l’atto omosessuale maschile (لواط) e femminile (مساحقة)», il coniuge francese ha 31 anni mentre quello tunisino – che ha anche ottenuto il visto per il ricongiungimento familiare – ne ha 26.
L’avvocato Mounir Batoour, co-fondatore e presidente dell’associazione, che vive a Marsiglia a seguito delle minacce di morte ricevute per la sua candidatura alle presidenziali del 15 settembre scorso, ha espresso per primo stupore e soddisfazione per un atto «che va nella giusta direzione di stabilire il principio del libero arbitrio dell’individuo e il principio di uguaglianza e non discriminazione».
La notizia del riconoscimento legale delle nozze ha sollevato, come accennato, molto rumore sui social e sui media. Il deputato Yosri Dali ha ieri annunciato su Facebook di aver presentato un’interrogazione scritta al ministro per gli Affari locali Lotfi Zitoun.
Quattro ore dopo ha dichiarato che, sulla base di risposte orali da parte del ministero e della sindaca della capitale Souad Abderrahim, si può «smentire che vi siano state nozze gay a Tunisi», accusando Shams di voler solo trascinare la Tunisia nel marcio.
Ma, poco dopo, Batoour in un lungo post, ribadendo l’importanza del riconoscimento legale in Tunisia delle nozze celebrate in Francia, ha dichiarato: «Questo avanzamento giuridico lascia presagire molti sviluppi in materia giurisprudenziale. Esso dimostra che la Tunisia non potrà resistere al corso naturale della storia nel mondo. Avrà anche conseguenze in termini di diritto: in caso di divorzio e liquidazione del regime della comunità dei beni, in caso di decesso o eredità.
Ancora una volta siamo solo all’inizio di un lungo percorso. In pari tempo, per rispondere alla valanga di reazioni sui social network, faccio notare ben volentieri che molte di queste persone sono musulmane. Non so se rispettano i precetti di questa o quella confessione e non mi interessa molto. Io non sono imām e Dio me ne guardi! Ma sono un avvocato e difensore dei diritti umani. Questo mi importa per la nostra vita comune e per la parità dei nostri diritti».