Il 27 febbraio era stato calendarizzato al 30 marzo l’inizio, in Aula della Camera, della discussione del progetto di legge in materia di contrasto alla violenza o alle discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. Ma col progressivo diffondersi dei contagi da Covid-19 il 7 marzo il Collegio dei Questori disponeva l’apertura della Camera un solo giorno a settimana, il mercoledì, con altre serie di limitazioni all’attività parlamentare.
All’indomani del nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri, che ha disposto nuove misure per un graduale programma di riaperture, abbiamo deciso di fare il punto della situazione col relatore della legge, il deputato dem Alessandro Zan.
On. Zan, siamo prossimi alla fase 2. Questo significherà anche un riavvio dell’iter della legge contro l’omotransfobia?
Su questo punto è necessario fare chiarezza. Tutti i lavori parlamentari nelle varie commissioni sono bloccati da inizio marzo: il Parlamento in queste settimane opera solo limitatamente ai provvedimenti che concernono l’emergenza Covid-19. Fase 2 e ripresa dell’ordinaria attività parlamentare con ogni probabilità non coincideranno, perché Camera e Senato saranno ancora impegnati a discutere, emendare e convertire in legge i vari decreti del governo sul Covid. E la proposta di legge contro l’omotransfobia, seguendo un iter di discussione e approvazione ordinario, dovrà attendere la “riapertura” completa del Parlamento. A oggi è difficile stabilire questa data. Si dovranno valutare vari fattori: andamento dei contagi in primis, da cui dipenderà la libertà di movimento e la ripresa dei collegamenti. Sono però certo che non appena ve ne saranno le condizioni i presidenti di Camera e Senato, di concerto con i presidenti dei gruppi parlamentari, daranno il via libera ai lavori.
Il testo sarebbe dovuto arrivare in Aula il 30 marzo. Ma devono ancora essere portate a termine le audizioni in Commissione Giustizia…
Come ho appena detto, non è possibile ora fare valutazioni temporali. Stiamo affrontando un’emergenza epocale di dimensioni globali. Posso però assicurare che il lavoro svolto sul ddl fino all’alba della pandemia è stato davvero ottimo: la sintonia della maggioranza in Commissione Giustizia alla Camera sull’obiettivo era altissima e lo scambio continuo anche con i senatori aveva accelerato di molto i lavori. Senza l’emergenza Covid-19 sono convinto che avremmo potuto approvare il testo alla Camera entro aprile e, prima della pausa estiva, portare a casa definitivamente la legge con il voto anche al Senato, o comunque entro la prima parte dell’autunno. Però sono certo che alla ripresa dei lavori la maggioranza saprà rimettere al centro dell’agenda anche questa proposta di legge: lavorerò senza sosta in tal senso. Il Covid-19 ha fermato miliardi di persone in tutto il mondo, ma non l’omotransfobia che continua ad essere una emergenza.
Nei giorni scorsi il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, ha ricevuto insulti omofobi. Secondo lei di cosa è indice tutto ciò?
Per prima cosa esprimo solidarietà al sindaco Francesco Italia, che, oltre agli insulti, ha ricevuto vere e proprie minacce. Ci dobbiamo però sempre ricordare che questo fatto è emerso perché si tratta di un primo cittadino, un rappresentante delle istituzioni che giustamente ha denunciato gli autori del video di insulti. Ma ricevere queste violenze, spesso anche aggressioni fisiche, è la quotidianità in Italia per molte persone Lgbt+. Questo capitava prima del Covid, capita anche oggi e continuerà a capitare domani. Per questo dobbiamo intervenire tempestivamente approvando la proposta di legge. Lo Stato deve dare un segnale forte alla comunità Lgbt+, deve far capire che è dalla sua parte: la legge contro l’omotransfobia è un passo fondamentale, perché si fornirebbe alle vittime un ulteriore strumento per denunciare violenze e discriminazioni e alla magistratura uno per perseguire con più forza e precisione questi crimini d’odio.
L’isolamento per il Covid-19 ha sollevato la questione di donne e persone Lgbti eventuali vittime di violenza domestica. Potrà, a suo parere, una legge contro l’omotransfobia incidere sul cambiamento degli ambienti familiari?
Sono assolutamente certo di questo. In primo luogo perché, come ho detto, lo Stato si schiererebbe finalmente dalla parte delle vittime dell’omotransfobia (come oggi è, ad esempio, per il razzismo), dando un segnale forte e deciso anche alle famiglie che non accettano i propri figli e parenti per chi sono e per chi amano. Le leggi fanno cultura, creano una nuova sensibilità collettiva. Finalmente si riconoscerebbe il colpevole di un atto omofobo per ciò che è: un criminale. In secondo luogo perché stavamo lavorando all’inserimento nella proposta di legge anche del finanziamento di case rifugio per vittime dell’omotransfobia. Perché chi scappa da situazioni pericolose nell’ambiente domestico deve poter trovare realtà che forniscono assistenza e aiuto. E in questo lo Stato deve assolutamente fare la sua parte.
Onorevole Zan, le scorse ore sono state caratterizzate da una vivace polemica sull’ok del Dpcm Fase 2 alle visite ai congiunti e sul rischio di un’accezione discriminatoria sottesa a un tale termine. Che cosa ne pensa?
Ritengo giustissime le reazioni della comunità Lgbt+ e non al riguardo. Io stesso, in tarda mattinata, sono intervenuto con una nota in cui ho ricordato che «un governo, e quindi uno Stato, in nessun caso può stabilire quali siano le priorità affettive dei cittadini, non può e non deve esistere alcuna gerarchia degli affetti stabilità per decreto. La pluralità dei legami che creano “congiunti” va ben al di là dell’effetto di un atto giuridico o di un legame di sangue. Coppie che non convivono o famiglie arcobaleno ancora non riconosciute, solo per fare due esempi».
Ma fortunatamente Palazzo Chigi è intervenuto tempestivamente nel pomeriggio, come auspicato, pomeriggio con una chiarificazione che ha fugato il rischio di quanto sarebbe stata una discriminazione affettiva intollerabile».