Un’iniziativa, nata tra il distanziamento sociale per il Covid-19, che mostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la dinamicità e capacità di reinventarsi da parte di Lesbicx anche in tempi di emergenza sanitaria.
E punto focale di un realtà che, dopo l’edizione torinese, va sempre più concretandosi nella tessitura di una rete nazionale lesbica inclusiva, dialogica e intersenzionale, continua a essere la cultura. Cultura che, come ricordava Angelo Tasca nel 1929 su L’Ordine Nuovo, «non è possedere un magazzeno ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri».
In una tale ottica problematica di coscienza di sé e del tutto da parte di «chi sente la relazione con tutti gli altri esseri», per usare le parole del cofondatore del Pci, è da valutarsi, a mio modesto avviso, l’iniziativa Covo (di Lesbicx) 20, restate fuori. Non-call per espressioni di sé che, organizzato in collaborazione con l’associazione torinese Maurice Glbtq, è finalizzata alla pubblicazione di un libro e alla condivisione di materiale fotografico e audiovisivo su una piattaforma adeguata.
Un appello a scrivere poesie, saggi brevi, disegni, foto, racconti, generi letterari o a realizzare foto, video, file audio. Insomma, «quel che volete su quel che volete – così il comunicato –. Libertà di composizione e ricomposizione». Fosse anche «scrivere emponderiante» o «pennarellare un viva la figa», come anche «Viva il cazxo», purché sia «problematico. La problematicità è poesia”».
Un appello rivolto in primo luogo alle lesbiche – ma aperta anche «per i nostri e le nostre alleate o alleatx» – con un preambolo chiaro: «Restate fuori, fuori dagli schemi delle casette espressive a cui un sistema necroforo prova a consegnarci fin dalla nascita. Le lesbiche sono schiave fuggitive, diceva Wittig, e con questa non-call per espressioni di sé vi proponiamo di cominciare a fuggire producendo i tasselli di un’opera collettiva. Non subire il Covid-19, ma slanciarsi verso politiche creative. Non solo un soggetto killjoy, è l’ora di un soggetto joy.
Questa non è una call. Questa non è nemmeno una mappatura. Qui non si cartografa più. Si esprime solo lo spazio tra noi, sia esso ravvicinato o distante, senza parole che non siano nuove. Non saranno mappate nemmeno le vecchie, ognuna dia quel che sente».
Termine ultimo per l’invio del materiale a lesbicxt@gmail.com il 14 luglio, che, come ricorda il comunicato ufficiale, è «la presa della Bastiglia, una data che ci piace molto. A settembre faremo uscire il libro, gli altri contributi visivi o audio li pubblicheremo su una piattaforma adeguata».
Ora, volendo parafrasare l’incipit di The Edwardians di Vita Sackville-West (“Among the many problems which beset the novelist, not the least weighty is the choice of the moment at which to begin his novel”), è vero che per chi scrive la scelta del momento in cui iniziare non è meno grave. Ma Non-call per espressioni di sé offre davvero tanti spunti per lasciarsi ispirare e dare il via a questa avventura, tenendo ben a mente che, come dichiarava Toni Cade Bambara, «scrivere, esprimere un punto di vista, tenere in vita un’idea, è prezioso. Un modo assolutamente legittimo di partecipare alla lotta. L’intento di chi scrive deve essere rendere la rivoluzione irresistibile».
A ricordare espressamente a Gaynews queste parole della scrittice afro-americana Carla Catena, Paola Guazzo, Elisa Manici e Roberta Padovano, le quattro organizzatrici di Lesbicx Torino e ideatrici della presente iniziativa, che hanno spiegato: «Scrivere, tracciare segni, creare in libertà di composizione e scomposizione. “Non si può pensare al capitalismo, alla società e alla tristezza attuale solo in termini di scontro senza un’effettiva forma di resistenza immediatamente associata all’idea della creazione del nuovo, qui e ora”. Resistere è creare, come scrivevamo Florence Aubenas e Miguel Benasayag».