In occasione dell’ormai prossima Giornata contro l’omo-lesbo-bitransfobia di domenica 17 maggio, abbiamo intervistato Valeria Roberti, formatrice e facilitatrice, coordinatrice del Centro Risorse LGBTI e collaboratrice nell’organizzazione del Bologna Pride.
I fatti di cronaca degli ultimi mesi lasciano pensare che l’omobitransfobia sia un fenomeno molto più esteso rispetto agli episodi di violenza visibili. Cosa emerge da questo studio?
Uno degli aspetti di cui voglio parlarvi in merito a Hate Crimes No More Italy è che nel 73% delle segnalazioni ricevute, quasi 4 su 5 le forme di violenza subite sono multiple: ingiurie e insulti, la tipologia di atto discriminatorio più segnalato, sono stati accompagnati da violenza fisica, psicologica, danni alla proprietà, tentato omicidio, e altro ancora. Ciò ci fa capire con chiarezza che c’è una forma di escalation che inizia da un insulto e che può facilmente trasformarsi in qualcosa di più grave. Inoltre, in base a ciò che le segnalazioni raccontano, chi agisce l’atto discriminatorio nella metà dei casi non è sol*: le “vittime” riconoscono nei loro aggressori dei gruppi organizzati, formali o informali, riconoscibili. Ancora più grave è aver ricevuto segnalazioni di violenze avvenute all’interno del gruppo familiare, in particolare dai genitori. Altro dato che mi sento di sottolineare è che l’ambiente scolastico è ancora oggi poco accogliente verso le persone LGBTQI+ e non le tutela adeguatamente quando gli episodi discriminatori hanno luogo.
Quale è stato secondo voi l’impatto dell’emergenza Covid-19 sulle persone Lgbti?
Credo che una delle conseguenze più evidenti dell’emergenza che stiamo ancora vivendo è l’aver messo un freno allo spirito di comunità proprio a causa del distanziamento sociale: non potersi incontrare nei luoghi di socializzazione, nelle sedi associative, nei bar e nei club ha sfilacciato la comunità nel suo spirito di appartenenza. Certo, molte realtà si sono attrezzate e hanno attivato momenti di socializzazione e confronto online e questo conferma l’attitudine di fondo di una comunità come la nostra: la capacità di cambiare e di adattarsi ai contesti, anche quelli più difficili, in cui si vive. Non si può negare però si avverta un filo di solitudine in sottofondo, che è in realtà una delle sensazioni che una gran parte delle persone LGBTQI+ vivono nella fase di scoperta di sé, quando si chiedono/ci chiediamo: sarò l’unica/o ad essere così?
Questo può portare a uno stato di ansia, di preoccupazione, di smarrimento che dovremo prenderci l’impegno di affrontare con determinazione, appena sarà possibile rivedersi e riprogettare le nostre attività come associazioni, come comunità.
Quali priorità indicheresti per il prossimo futuro per un’agenda Lgbti?
Abbiamo bisogno di certezze, di passi avanti chiari e determinati. Vedo nell’adozione di una legge contro l’omobilesbotransfobia un passaggio necessario e simbolico per affermare i diritti delle persone Lgbtqi+. Trovo indispensabile tutelare maggiormente le famiglie Lgbtqi+ e supportare tutte le persone non cis-gender nel percorso di affermazione di sé. Tutti temi che hanno a che fare sia con la legislazione ma anche con la società: ci serve supporto, ogni giorno, in ogni associazione, per ogni giovane che cerca lo spazio di socializzazione per non sentirsi sola/o e per sfuggire alla violenza psicologica che soffre in casa; per ogni genitore che deve confrontarsi con le istituzioni che non riconoscono il suo ruolo; per ogni persona che non si riconosce nel binarismo di genere per non sentirsi esclusa da ogni modulo, ogni spazio di espressione del sé; per ogni soggettività perché possa sentirsi libera e possa realizzarsi a pieno. Come? Finanziamenti, supporto pratico, protocolli d’intesa, collaborazioni, convenzioni, policy innovative, attività formative e monitoraggio della situazione reale… sono solo esempi, possono sembrare astratti ma sono invece molto concreti e fattibili. E servono approcci trasversali, innovativi, che mettano insieme sia le competenze delle associazioni che le possibilità delle istituzioni perché si possano vedere dei cambiamenti solidi e duraturi, che abbiano un ritorno su tutta la società.