È dal 22 maggio nelle librerie Chiesa e omosessualità. Un’inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco (San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi] 2020, pp. 208), che raccoglie le interviste condotte da Luciano Moia sul rapporto tra Chiesa e omosessualità e pubblicate dal novembre 2018 al settembre 2019 su Noi famiglia & vita.
Caporedattore da oltre 20 anni del mensile de L’Avvenire dedicato alla famiglia (il cui titolo era precedentemente Noi genitori & figli), il giornalista è autore di una ventina di saggi soprattutto incentrati sui temi della morale familiare e sessuale.
La novità e l’importanza del volume, al di là di quelle che sono le posizioni dei singoli esperti intervistati (12 in tutto tra teologi e teologhe, studiosi di scienze umane e operatori pastorali più la testimonianza finale di Gianni Geraci, presidente del gruppo di cristiani omosessuali Il Guado), sta nella sinossi completa di quella che è stata l’accennata iniziativa editoriale de L’Avvenire e, soprattutto, nelle parti completamente nuove dell’introduzione di Marco Tarquinio (direttore de L’Avvenire), nell’antologia (quasi) completa degli interventi di Papa Francesco su Chiesa, omosessualità e persone Lgbti, nella prefazione-intervista del cardinale Matteo Maria Zuppi (arcivescovo metropolita di Bologna), nella postfazione del gesuita Giuseppe Piva.
Di particolare rilievo sono indubbiamente le parole del cardinale Zuppi, che, oltre ad aver prefato nel 2017 Un ponte da costruire: Una relazione tra Chiesa e persone Lgbti (edizione italiana di Building a bridge. How the Catholic Church and the Lgbt community can enter into a relationship of respect, compassion, and sensitivity) del gesuita e consultore del Dicastero vaticano per la Comunicazione James Martin, ebbe a dire, il 16 giugno 2016, in occasione del 115° anniversario della Fiom: «La lotta contro l’omofobia e la lotta contro la violenza alle donne ci troveranno vicini. La lotta contro qualunque ingiustizia è nel profondo di chi ha a cuore il bene della propria categoria, ma anche il bene comune».
Nella sua prefazione-intervista il porporato ha sviluppato una riflessione relativa alla posizione della Chiesa e ai conseguenti atteggiamenti pastorali da avere verso le persone Lgbti. Una riflessione, la sua, che è dunque principalmente da leggere come appello rivolto alle credenti e ai credenti cattolici.
Tra le osservazioni avanzate da Zuppi sono da segnalare i seguenti passaggi: «Non dobbiamo quindi relativizzare la legge, ma renderla relativa alla persona concreta, con le sue specificità. La pienezza della volontà di Dio per una persona non è la stessa per altre. Ciò che è veramente disatteso dalle nostre comunità, in fondo, è l’ascolto profondo della persona nelle sue situazioni di vita; non guardiamo la persona come la guarda Dio, in modo unico, e per questo non siamo capaci di accompagnare le persone a trovare la propria e originale pienezza di relazione con Lui. Quando nelle nostre comunità cominceremo davvero a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali – e tutti gli altri – cominceranno a sentirsi, naturalmente, parte della comunità ecclesiale, in cammino» (p. 10).
Il presule, che si è detto inoltre contrario a una pastorale specifica per le persone Lgbti perché «c’è bisogno di uno specifico sguardo sulle persone; su ogni persona prima delle categorie. Dobbiamo fare attenzione a non definire le persone a partire da una loro caratteristica – per quanto profondamente legata alla loro identità – ma dobbiamo guardare la persona in quanto tale» (pp. 10-11), ha quindi concluso: «La dottrina della Chiesa distingue tra orientamento e atti; ciò che non possiamo “accogliere” è il peccato espresso da un atto. L’orientamento sessuale – che nessuno “sceglie” – non è necessariamente un atto. Inoltre, esso non è separabile dall’identità della persona; accogliendo la persona non possiamo prescindere dal suo orientamento. Ma anche nel caso in cui una persona conduca uno stile di vita contrario alla legge di Dio, non dovremmo accoglierla? Cosa vuol dire accogliere? Vuol dire forse giustificare? Se Gesù avesse avuto questo criterio, prima di entrare nella casa di Zaccheo avrebbe preteso la sua conversione. Prima di accompagnare la Samaritana all’adorazione di Dio in Spirito e Verità le avrebbe chiesto di regolarizzare la sua situazione matrimoniale… Gesù si è comportato così?». (pp. 11-12).
Interessante poi l’ampia introduzione dell’autore, uno dei cui punti di rilievo è da individuare nel seguente passaggio: «C’è quindi, soprattutto, l’urgenza di andare in profondità nella grande e complessa questione dell’omosessualità. C’è inoltre l’esigenza di sgomberare il campo da ogni confusione a proposito del rapporto tra pedofilia, efebofilia e, appunto omosessualità. Realtà che hanno talvolta punti di contatto ma anche, è bene dirlo subito con chiarezza, enormi ed esplicite differenze» (p. 17). Le interviste raccolte da Moia sono quelle rilasciate da Maurizio Faggioni, Stefano Guarinelli, Pier Davide Guenzi, Paolo Rigliano, Víctor de Luna, Damiano Migliorini, Giovanni Salonia, Cristina Simonelli, Maurizio Chiodi, Lucia Vantini, Roberta Rosin, Aristide Fumagalli. Tra queste sono da menzionare, ma per motivi contrapposti, quelle a Cristina Simonelli e Víctor de Luna.
Presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente di teologia patristica, Simonelli, che definisce una miniera i portali di Gionata e Agedo (cfr. p. 113), così si esprime circa coloro che nella Chiesa hanno una posizione di intransigente chiusura verso le persone Lgbti. «La forma di rifiuto totale, invece, da una parte – così la teologa fiorentina – sta su un livello ormai improponibile sulla dimensione “contro natura” della omosessualità, non più presente nei documenti del Magistero, dall’altra si sposta su un aspetto ancora molto discusso, che è quello che afferma l’accoglienza delle persone, negando però la legittimità della loro vita affettiva e sensuale. Questa seconda posizione tuttavia è, a mio parere, contraddittoria: ritengo dovrebbe avere almeno la forma della questio disputata» (pp. 115-116).
Legionario di Cristo e coordinatore nazionale di Courage Italia, padre de Luna sembra invece eludere costantemente le domande come quella sulla visione patologizzante dell’omosessualità, di cui l’organizzazione fondata nel 1980 dal defunto cardinale Terence Cook è sostenitrice e portavoce. Non a caso i collegamenti e le reciproche collaborazioni tra Courage e Joseph Nicolosi ed Elizabeth Moberly, massimi teorici della teoria riparativa, sono ben noti. D’altra parte lo stesso de Luna, sia pur con circonlocuzioni e distinguo, mette in luce le finalità “curative” sottese all’”apostolato” di Courage, come quando afferma: «Le persone che frequentano Courage si rendono facilmente conto, per esperienza diretta, che ci sono tantissimi fattori che influenzano l’orientamento sessuale e che lo rendono suscettibile anche di un possibile cambiamento nel futuro, cioè che i condizionamenti famigliari e le scelte libere condizionano in modo decisivo lo sviluppo di una tendenza verso una direzione o verso un’altra» (p. 90).