La Procura di Varsavia-Praga ha accusato di limitazione dei diritti dei lavoratori per motivi religiosi il responsabile delle risorse umane della rete polacca di negozi Ikea per aver licenziato un dipendente che aveva definito l’omosessualità «un abominio”.
Il caso sollevò un enorme polverone nel luglio dello scorso anno, quando l’uomo, che lavorava in un negozio Ikea di Cracovia, fu messo alla porta per aver criticato sul sito web dell’azienda le politiche inclusive della stessa verso le persone Lgbti sul sito con la citazione di Levitico 20, 13: «Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro». Il licenziamento scattò dopo che il dipendente si era rifiutato di rimuovere i suoi commenti. A difendere l’uomo il potente Istituto di cultura legale Ordo Iuris, legato al gruppo internazionale ultraconservatore Agenda Europe.
Ikea, che aveva ribadito la giustezza del licenziamento ritenendo l’utilizzo della pericope veterotestamentaria offensiva e discriminatoria, era stata duramente attaccata dalla Conferenza episcopale polacca, congratulandosi invece con l’impiegato per «il coraggio con cui ha difeso la sua fede».
Durissimo all’epoca anche il ministro della Giustizia Zbigniew Tadeusz Ziobro, che aveva rilevato come il caso fosse un esempio dell’uso della «violenza legale ed economica contro coloro che non condividono i valori degli attivisti omosessuali».
Se condannato, il responsabile delle risorse umane che ha licenziato l’uomo rischia fino a due anni di carcere. Ikea sta anche affrontando una causa civile da parte del dipendente per licenziamento illecito.