Sono davvero poche le librerie Lgbt+ in Italia. Esse si contano sulle dita di una mano e l’Antigone di Milano è certamente una delle più note per l’intensa e costante attività culturale che svolge tra eventi, dibattiti e incontri con autori e attivisti. Nata nel giugno del 2016, dopo una lunga progettazione, per occupare il vuoto lasciato dalla fine delle esperienze delle diverse librerie Babele, Antigone si è subito proposta come contenitore di resistenze, pratiche e culture unite dal filo degli studi di genere, della cultura e della storia Lgbt+, queer e femminista.
Fin dal primo mese di attività, i creatori di Antigone ne hanno caratterizzato la vita attraverso gli eventi, minimo uno a settimana, e attraverso le collaborazioni esterne con associazioni, realtà, professionisti e attivisti/e per contribuire alla (ri)costruzione di una rete culturale e politica della comunità. In tempi di Coronavirus, a Milano come in altre parti d’Italia, i libri e la lettura sono diventati dei necessari punti di riferimento per tutte e tutti. Così, all’inizio della cosiddetta Fase 3, abbiamo deciso di raggiungere telefonicamente Mauro Muscio, anima della Libreria Antigone, per saperne di più su quella che è stata l’attività del suo spazio nel periodo dell’emergenza pandemica, solo momentaneamente superata.
Mauro, secondo te, la lettura e i libri possono essere una risorsa importante per contrastare e compensare dolore e smarrimento della società, al tempo del Covid-19? Qual è stato il rapporto tra voi e i vostri “lettori”, durante l’emergenza?
I libri hanno sempre assolto il compito di compensare anche lo smarrimento dei lettori e delle lettrici, e i processi di scelta di un libro e della lettura di questo contengono una miriade di elementi che legano il libro non solo al contesto culturale e sociale, ma anche alla fase della vita del singolo/della singola lettore/lettrice. L’immagine di copertina, il titolo, il sottotitolo, le poche righe di sinossi in quarta di copertina, ma ancora il consiglio di un amico, il titolo letto velocemente sulla costa di un libro riposto chissà dove a casa di un amico, di una compagna o di un parente; e ancora ricordi della scuola, positivi o negativi che siano, la fatica di leggere quel titolo di quel libro tenuto stretto in mano da un passeggero con cui condividiamo pochi minuti in metropolitana o qualche ora su un treno. Il bisogno di distrarsi soprattutto, di mettere in pausa il ritmo della vita, soprattutto quando le note raggiungono percezioni troppo intense. Se pensiamo agli ultimi due mesi, inoltre, a questi elementi se ne aggiunge uno, di importanza vitale, quello del tempo a disposizione, che non più è un tempo “libero” ritagliato, ma è un tempo che ci appartiene, che dalla rivoluzione industriale in poi non abbiamo più considerato parte necessaria della nostra identità, ma lo abbiamo vissuto, passivamente, come qualcosa in più. Lo stesso vale per l’arte, la musica, il teatro, che con la lettura sono divenuti altro rispetto al binomio lavoro/riposo, come se non fossero elementi determinanti della nostra vita. La quarantena forse ci ha ricordato che il tempo appartiene a noi, che il tempo di leggere, di guardare un film, di stare in silenzio sono preziosi e non dovrebbero essere barattati con altro. Ce ne siamo accort* tutt* noi, sia chi ha continuato a lavorare in smart working – quindi con un carico di lavoro quasi triplicato rispetto al solito – sia chi ha smesso di lavorare, perché ci siam res* conto di quanti libri accumulati su quel famoso comodino, mai letti per mancanza di tempo e di energie, e ci siam accort* che tra lavoro e tempo libero esiste un tempo in più, che non è quello delle vacanze, ma è il nostro tempo, della nostra vita.
Negli anni abbiamo costruito un bel rapporto con il quartiere e con i nostri clienti, e questo è stato dimostrato anche dalle numerose mail e chiamate ricevute in questo ultimo periodo; l’interesse reciproco è stato quello di sapere come stavamo a livello di salute e psicologicamente, e da parte loro c’è stato molto incoraggiamento e sostegno. Abbiamo lavorato più di quanto ci aspettavamo, evadendo ordini, consegnando i libri a domicilio, consigliando testi per ricerche e studi. Nel rispetto delle norme di distanziamento abbiamo sentito una forte vicinanza.
Qual è il futuro del libro e soprattutto delle librerie, nello scenario “globalizzato” e digitale” che è sempre più invasivo e presente nelle nostre vite? Antigone è una delle poche librerie Lgbt+ italiane, qual è la ricetta di questo meritatissimo “successo”?
Ho letto diverse considerazioni circa il futuro del libro, e quindi delle librerie, e ci sono diverse tesi al riguardo. Sinceramente credo che il vero problema sia la natura di questa economia, ultra liberista, che in nome della produzione, profitto e accumulazione distrugge ambiente, dignità umana e qualità della vita. Il più grosso colosso del mercato online è nato come piattaforma di vendita di libri e da lì è diventato il mostro che conosciamo, dando il via a quel pensiero per cui i libri altro non sono che oggetti da vendere, paragonabili a qualsiasi altro prodotto dell’industria. Il problema allora non è più legato al libro e alla lettura, che sappiamo essere mutevoli nelle forme da sempre, ma al mercato entro cui questi mutano. Le librerie e l’editoria negli anni ha subito durissimi colpi, molte librerie hanno chiuso, sia quelle storiche, sia quelle strutturate come supermercati del libro. Negli ultimi anni abbiamo visto però un fiorire di librerie indipendenti, di quartiere o specializzate, che hanno mostrato una tenuta inaspettate e che in parte, forse, indicano una strada sostenibile per il futuro. Questo riguarda anche noi, lo abbiamo vissuto negli ultimi quattro anni e ne abbiamo avuto conferma negli ultimi due mesi di quarantena; quello che Antigone riesce a dare, come tutte le librerie indipendenti e di quartiere, è una relazione umana tra librario e lettore, una relazione che dà e riceve per entrambi le parti, che mette sul piatto della relazione la qualità del libro, l’ascolto reciproco, la necessità di darsi delle risposte e creare delle domande e il prezzo di copertina. Questa catena di elementi non distruggerà sicuramente i colossi dell’economia, ma terrà vivo il libro, come lo intendiamo noi, e le librerie. Nel nostro caso specifico inoltre riusciamo a fare una giusta concorrenza sleale al mercato online perché siamo specializzati in un settore così settoriale che a volte non basta la sinossi di un libro o la biografia di un autore per comprendere fino in fondo un libro, e lo studio e la ricerca costante fanno sì che il nostro catalogo possa arricchirsi sempre più e rispondere a delle esigenze molto particolari, ancora non del tutto comprese dagli algoritmi.
Quali sono i tre libri Lgbt+ che consiglieresti ai nostri lettori per contrastare lo smarrimento che inevitabilmente seguirà al dramma del coronavirus? Quali sono gli autori Lgbt+ che bisognerebbe assolutamente leggere?
Non è facile rispondere a questa domanda, però se parto dalla mia esperienza, non posso che consigliare tra gli autori e le autrici Lgbt+ Porpora Marcasciano, Mario Mieli, Leslie Feinberg, Sandro Penna, Walter Siti, Foucault, Gabriela Mistral, Christopher Isherwood, Jean Genet, Virgina Woolf, Antonio Veneziani, Audre Lorde, Pasolini, Patricia Highsmith; sicuramente mi scordo di qualcuno e di qualcuna ma questi in particolare mi hanno dato molto, in termini umani, culturali e politici. Se devo selezionare tre consigli di lettura per oggi consiglio questi. Sicuramente Le Transizioni di Pajtim Statovci (Sellerio, 2020, 16,00 €, 263 pag.); dopo che numerosi clienti me lo hanno ordinato e dopo che il gruppo di lettura lgbt della libreria lo ha scelto come lettura ho capito che era necessario leggerlo perché stava raccontando qualcosa. Me ne sono innamorato, l’ho trovato un libro bellissimo, ben scritto e con delle descrizioni dei personaggi e delle vicende perfettamente riuscite. Non credo possa rispondere allo smarrimento, ma credo che possa raccontare una storia lontana da noi, che è capace di comunicare con l’io interiore, e ci abitua a comprendere come l’altro da noi non è un pezzo di carne e ossa, ma una complessità di eventi, ricordi, paure e desideri. Un altro testo che consiglio assolutamente è Ritorno a Reims di Didier Eribon (Bompiani, 2017, 18,00 €, 224 pag.); al di là dei numerosi spunti che l’autore dà circa la correlazione tra identità sessuale e stato sociale, c’è un elemento importante per l’autore, tanto caro anche ad altri, come a Busi per esempio, che è quello che lega lo studio e la lettura all’identità omosessuale, il riscatto sociale che lo studio e il sapere forniscono per uscire dalla marginalità sociale imposta e come questo si leghi al desiderio sessuale più intimo. Consiglio poi la prima raccolta di poesie di Giovanna Cristina Vivinetto, Dolore minimo (interlinea ed., 2018, 12,00 €, 139 pag.); l’autrice racconta la sua rinascita attraverso il complesso lavoro di messa in ordine dei pezzi della propria vita e identità, e lo fa con la forma poetica che sono convinto sia un linguaggio molto più vicino all’io che legge di quanto si possa pensare.
Bisognava perdonarlo questo mondo
per sfuggire al dolore della predestinazione,
perdonarlo di nuovo, e ancora.
Ancora una volta dimostrargli
tutto lo stupore della vita
anche quando pareva negata.
Da oggi è iniziata la cosiddetta Fase 3. Quali timori e quali aspettative per la ripresa?
Spero solamente che dopo la discesa non ci sia un’altra salita della curva, perché questa volta ci farebbe doppiamente male. L’aspettativa per noi è relativamente positiva, ed è confermata da quanto accaduto nelle ultime settimane; c’è più voglia di farsi un giro in libreria e di spendere qualche soldo per comprare dei libri, c’è voglia di scambiare due chiacchiere circa i libri letti con i librai e le libraie, c’è in generale, dal mio angolo di visuale, un’attitudine positiva verso il settore editoriale. Inoltre nei messi passati si sono costruire forme di solidarietà e mutuo aiuto tra librerie e editori indipendenti, ci siamo reinventati forme di presentazioni e distribuzioni, e questo ha mostrato nuove forme di lavoro e organizzazione molto interessanti, sotto il punto di vista economico e umano, e questo sono convinto proseguirà. In tutti i casi uscire dall’incubo della pandemia non corrisponderà, purtroppo, all’uscita dall’incubo reale della crisi economica che viviamo e che ci aspetterà. Nonostante sia probabilmente giusto pensare all’oggi, temo molto come ci chiederanno, un domani, di ripagare gli interessi del debito, perché lo sappiamo come questo ricadrà sulla popolazione e sul lavoro. Anni fa ci hanno chiesto di stringere la cinghia, e non uscivamo da una pandemia, non provo nemmeno a immaginare cosa diranno tra qualche mese e quale retorica useranno.